
«L’ordinanza ‘Affama Randagi’ è una scelta inutile ed inefficace, oltre che crudele, che rischia di incattivire gli animali.
Affamare i cani randagi del centro storico implica che quegli stessi animali si spostino alla ricerca di cibo, aumentando così il rischio di ritrovarli in posti meno frequentati della città e quindi più pericolosi.
I cani incattiviti e affamati attaccano le persone e, soprattutto, attaccano gli animali a guinzaglio che le persone portano in passeggiata». Non ha dubbi l’ex assessore all’ambiente del comune dell’Aquila David Filieri nel bocciare l’ordinanza emanata dal primo cittadino, avendo valutato e scartato a suo tempo questo tipo di intervento quando, già sei anni fa, in giunta si era occupato per un anno proprio di randagismo.
«Questo stesso intervento era stato proposto alla giunta Cialente 6 anni fa. Dopo aver sentito la Asl e le associzioni animaliste l’avevo valutato e respinto».
L’allora assessore David Filieri aveva affrontato e sviscerato il problema dei ‘vacanti’ insieme agli esperti del settore ritenendo il provvedimento inefficace oltre che spietato.
«Anche prima del terremoto il problema del randagismo era molto grande, per cercare di risolverlo nel marzo del 2008 firmammo un protocolo d’intesa con la Asl per l’aumento delle sterilizzazioni delle femmine e formammo, grazie al servizio veterinario della Asl, 8 agenti di polizia municipale specializzati nell’antirandagismo».
L’amministrazione Tempesta su proposta dell’assessore Corrado Ruggeri aveva approvato un regolamento con cui si istituiva l’adozione di cani randagi che diventavano così dei cani di quartiere, identificati con un apposito micro cip.
«L’unica soluzione efficace al randagismo è accelerare le sterilizzazioni delle femmine. E’ un processo che richiede tempo e denaro ma in un cratere martoriato dal sisma in cui hanno trovato spazio e denaro associazioni di ogni ordine e grado, una progettualità consapevole e lungimirante avrebbe sicuramente assicurato il reperimento delle risorse per dare finalmente il via al protocollo con la Asl».
In questi quattro anni il problema avrebbe avuto il tempo e lo spazio per essere ridimensionato. Ma nella nostra città si sa che i problemi si affrontano quando diventano emergenze e i processi non si gestiscono, vanno da sè così come li porta il vento.