
L’arte contemporanea torna nel centro storico aquilano. Domenica 25 agosto alle ore 18 all’oratorio di San Giuseppe dei Minimi in via Roio – il gioiello barocco riconsegnato alla città l’8 luglio scorso – e al Palazzetto dei Nobili alle ore 19.30 – altro edificio restaurato e riaperto il 7 dicembre dello scorso anno dopo il sisma del 2009 – sarà inaugurata la mostra Opus Fragile di Piotr Hanzelewicz a cura di Antonella Muzi e organizzata dall’Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo, editore del trimestrale MU6. L’esposizione si inserisce nell’ambito della 719esima edizione della Perdonanza Celestiniana e si chiude il 2 settembre.
{{*ExtraImg_157399_ArtImgRight_300x222_}}Le opere in mostra costituiscono una trama complessa di riferimenti alla storia remota e a quella più attuale della città – ancora senza forma – alle vicende personali dell’artista e a quelle dei visitatori. Nucleo concettuale di Opus Fragile è la riflessione su quel processo – tanto individuale quanto collettivo, tanto privato quanto sociale – con il quale si tenta di dare ordine al disordine.
{{*ExtraImg_157400_ArtImgLeft_300x216_}}L’artista, in una conversazione con il curatore della mostra pubblicata sull’ultimo numero della rivista MU6, sostiene che «le costruzioni (o talvolta costrizioni) imposte dall’uomo sono cultura. È l’immagine del colonnato della Basilica di Collemaggio imbragato, imbrigliato, tenuto, a dispetto della fisica, da una serie di cinture gialle. La cultura impone di ordinare un disordine. Anche questo è Opus». Lo sforzo di riconfigurare l’ordine, a seguito di un evento che lo ha alterato, è un processo proprio della vita di ciascuno: un meccanismo di controllo – sia che esso affiori alla coscienza sia che venga attivato inconsapevolmente – mediante il quale attribuire senso a eventi che sembrano non possederlo più dopo la rottura di un equilibrio che si credeva immutabile.
Elemento catalizzatore della mostra è l’incisione Melancolia I di Albrecht Dürer, realizzata dall’artista tedesco nel 1514 e assurta, nel tempo, a emblema del processo alchemico attraverso cui si sviluppa l’ambizione dell’uomo alla conoscenza e all’evoluzione, riproponendo l’atto creativo proprio dei processi di crescita e di sviluppo della natura. Il poliedro irregolare, il quadrato magico e la misteriosa figura femminile al centro dell’incisione di Dürer sono rielaborati da Hanzelewicz che li usa come elementi di un lessico personale che suscita occasioni di riflessione sul rapporto tra natura e cultura e sulla tensione esistente tra questi poli.
Una mostra che combina, come sempre accade nel lavoro di Hanzelewicz, il rigore concettuale alla componente ludica e che coinvolge attivamente il visitatore, chiamandolo a scoprire paradossi e a interpretare corto circuiti e ambiguità. Il rapporto che si crea tra le opere e il pubblico è oggetto di un’attenta riflessione da parte di Hanzelewicz che da due anni a questa parte ha avviato un progetto di ricerca che lo vede presente fisicamente nelle sedi delle sue mostre: l’artista infatti “fa gli onori di casa” e accoglie il pubblico, interagendo con i visitatori e negoziando significati e possibili interpretazioni.
{{*ExtraImg_157401_ArtImgRight_300x217_}}La mostra è concepita come un percorso unico, tra installazioni e lavori [i]site specific[/i], che si snoda nella città in due sedi espositive: il Palazzetto dei Nobili e l’Oratorio di San Giuseppe dei Minimi, entrambe danneggiati dal sisma e recentemente restituiti alla città. Due luoghi distanti fisicamente e diversi tra loro per caratteristiche estetiche e funzionali, che richiedono al pubblico di interagire con le opere ma anche – e soprattutto – con la città: il percorso più breve che collega i due spazi della mostra è compreso nella zona rossa, di qui la richiesta rivolta al pubblico a “servirsi” della città. L’intento dell’artista e del curatore è quello di costruire una mostra che sia un percorso espositivo in senso stretto ma che si apra a una dimensione cittadina e collettiva: i visitatori sono chiamati a interagire con le opere e ad “agire” la mostra nello spazio fisico della città.
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