31 agosto 1888: la prima vittima dello Squartatore

31 agosto 2013 | 16:22
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31 agosto 1888: la prima vittima dello Squartatore

Oggi, nella Londra di ventiquattro anni fa, spirava la quarantaduenne Mary Ann Nichols, la prima vittima di Jack lo squartatore. Il nome delle donne, ancora, non dovrebbe mai essere macchiato, sporcato, destituito. Ecco perché un articolo dedicato ad una prostituta, perché la memoria collettiva non si dimentichi di lei, di una delle prime donne uccise dalla più efferata misoginia.

Il quartiere di White Chapel, nell’East End di Londra, era il luogo d’azione preferito dello Squartatore. Egli sceglieva le sue vittime esclusivamente tra le prostitute, senza distinzione di ceto, volto, aspetto o abbigliamento.

Al killer non interessava aggredire sessualmente: nessuna delle sue vittime ha infatti subìto violenza. Però, ed è questo il dettaglio più raccapricciante e orrendo, tutte le vittime venivano private degli organi interni tramite dei tagli dalla precisione chirurgica.

Il modus operandi era sempre lo stesso: Jack sorprendeva le malcapitate in un angolo buio e le soffocava; poi procedeva all’asportazione degli organi.

Dopo appena otto giorni dal primo omicidio, Jack agì di nuovo l’8 settembre. Si trattava della prostituta quarantaseienne Annie Chapman; accanto al corpo straziato della donna, privata questa volta, addirittura del cuore e degli intestini, viene trovato un frammento di carta su cui compare per la primissima volta la scritta Jack The Ripper (Jack lo Squartatore). Alcuni testimoni affermarono di aver visto un uomo di bassa statura munito di valigetta agitarsi intorno al corpo di Annie.

Cominciò da allora a stendersi il lungo velo di mistero attorno all’identità del killer. Londra penetrò nel terrore e le donne, le vittime silenziose, divennero un bersaglio sicuro.

Iniziò la ricerca incessante dell’assasino, si pensò ad un medico, ad un macellaio, poi persino ad un dipendente di un obitorio.
Si ricorda che il killer incominciò a mandare lettere a Scotland Yard, come quella accompagnata da un rene conservato in alcol. Per svelare l’identità dello squartatore, si arrivò a fotografare addirittura la retina di uno dei cadaveri nella speranza che avesse conservato l’immagine dell’assassino. Ma sono solo gli omicidi il punto fermo di questa brutta storia.

Il 30 settembre è la volta di Elizabeth Stride e Catherine Eddowes. Il delitto più efferato, però, è sicuramente l’ultimo. La povera Mary Jane Kelly venne ritrovata l‘8 novembre nella sua stanza da letto terribilmente mutilata e privata di quasi tutti gli organi interni. Lo stesso medico legale accorso sul luogo dell’assassinio rese noto che la donna sembrò essere stata attaccata da una muta di leoni inferociti, una metafora quasi plastica.

Dopo quest’ultimo assassinio, Jack scomparve nel nulla: le indagini tacquero e la vera identità del feroce omicida non verrà mai più svelata. Ancora una volta più peso al seviziatore che al seviziato: colui il quale avrebbe voluto tenere stretta ancora per un po’ la propria identità.

Il dottor Bond, collaboratore della polizia, durante le prime indagini, tracciò un suo identikit, rappresentandolo come un misogino privo di impulsi sessuali violenti. Ipotizzò che l’uomo, dall’apparenza innocua, potesse essere stato affetto da Satiriasi: una sorta di devianza sessuale caratterizzata da quella che oggi verrebbe definita devianza o promiscuità.

Ancora oggi, fra i femminicidi più efferati, le stragi di donne più nere e le vittime più abbandonate, la storia di Jack lancia un sasso nel vuoto.

Cinque prostitute persero la vita nel silenzio del ricordo. Oggi accendiamo la memoria della prima di loro, una specie di progenitrice delle donne vittime dei tempi presenti. La morale è una sola: la vera leggenda non è il mistero di un nome vuoto di lineamenti, ma i volti spenti e le carni mutilate di donne oggi purtroppo dimenticate.

di Raffaella De Nicola