Scuola: le speranze dei precari storici

31 agosto 2013 | 00:08
Share0
Scuola: le speranze dei precari storici

di Antonella Calcagni

È in ritardo, arriva trafelato nella sede dell’Itis “Amedeo d’Aosta” (sede delle operazioni di immissioni in ruolo dove entri “precario” ed esci prof), con moglie e i suoi tre figli al seguito, molto piccoli di cui uno in passeggino. Il prof ha troppa fretta per fermarsi a parlare con noi e dirci il suo nome.

Del resto non è importante, perché lui è un’icona, è il simbolo di tutti quei precari storici che, dopo decenni di vita alla giornata, hanno sfidato il destino costruendo coraggiosamente una famiglia, per avere solo ora la meritata ricompensa, con l’anelato ruolo. Un traguardo che per molti prof in attesa di firmare la nomina sembra quasi irreale. Qualcuno non lo ha mai raggiunto andando in pensione da precario. Non si tratta certo di uno stipendio d’oro, solo 1.300 euro al mese, ma “a tempo indeterminato”.

Parole che suonano come una melodia nelle orecchie dei precari. Molti di loro hanno superato il concorso a cattedra espletato nell’inverno scorso, costretti studiare di notte, ogni santo week end. Solo in pochi ce l’hanno fatta. Le nomine vengono effettuate per la metà dalla graduatoria permanente, per il 50% dal nuovo concorso oppure dalle graduatorie del concorso del 2009 nel caso in cui le liste definitive del nuovo concorso non siano state ancora pubblicate. Il sindacalista Cgil Pino Belmonte spiega il rebus dei posti dispari che il ministero destina al nuovo concorso lasciando a bocca asciutta i prof delle graduatorie ad esaurimento.

Un provvedimento che ha scatenato valanghe di diffide, come conferma la responsabile dell’ambito territoriale dell’Aquila (Ufficio III). La speranza tuttavia è l’ultima a morire alla luce del piano di immissioni in ruolo triennale annunciato dal ministro Carrozza che prevede 44 mila immissioni in totale. Barbara Ventricini (aquilana), come molti dei suoi colleghi ha studiato con rabbia, ma anche con orgoglio per un concorso che ha trovato inutile. «Ho studiato giorno e notte – dice – ancora non ci credo. Per tutti questi anni ho insegnato nell’alto Sangro, superai anche il concorso del 99 e poi fui scavalcata dai Sissini, ora eccomi qua». Dal 2 settembre la sua sede sarà a Pratola Peligna.

Ora tocca a Mario Di Ilio di 52 anni, proveniente dalla provincia di Chieti, ma originario di Toronto. Lui, madrelingua inglese, ha cominciato il suo precariato nel lontano 1996, ora ce l’ha fatta superando il concorso per la cattedra di lingua e civiltà Inglese con il massimo del voti. Nel frattempo ha ingannato l’attesa del ruolo pubblicando testi scolastici.

«Mi sono sentito imbarazzato – ha svelato – perché mi è sembrata una lotta tra poveri. Spero che l’attuale governo restituisca dignità agli insegnanti». C’è stato anche chi per superare il concorso ha deciso di creare un gruppo di lavoro. È accaduto ad un gruppo di ex amici di università che si sono ritrovati insieme sui libri. «Abbiamo fatto i salti mortali – spiega Anna Di Nizio (Pescara) – è stato massacrante unire lo studio agli impegni scolastici», «C’è stata molta solidarietà fra di noi – spiega Angelo Marchione – anche se alcuni di noi non ce l’hanno fatta».

Anche Simona Santoro, precaria da 10 anni ribadisce che «il governo non avrebbe dovuto bandire un altro concorso. Avrebbe invece dovuto prima esaurire le graduatorie del precedente concorso».

Sara Ricci, guarda preoccupata la lista delle disponibilità. Come in una tirata partita a scacchi con le dita incrociate aspetta le prossime mosse. L’obiettivo è non andare a Castel di Sangro. Impensabile svegliarsi tutte le mattina alle 6, percorrere il tragitto l’aquila Castello di quasi due ore e poi mettersi in cattedra. Una realtà che è ancora pane quotidiano, per tanti troppi prof precari che da un ventennio sono inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Ogni giorno rischiano la vita lasciando quasi metà del loro stipendio sulla strada. Eppure non farebbero mai un altro lavoro. Amano troppo i loro ragazzi.