
di Fulgo Graziosi
Cerimonia di apertura, a Navelli, dell’atteso Festival dei “Borghi più belli d’Italia”. Dopo il taglio del nastro, il sindaco di Navelli, Paola Di Iorio, è stata costretta ad abbandonare la cerimonia per ragioni di maternità. Il sindaco ha infatti dato al mondo un nuovo cittadino di Navelli da circa venti giorni.
L’assessore Paolo Federico ha assunto, pertanto, il ruolo di cerimoniere ufficiale della manifestazione.
Dopo i saluti del presidente regionale dei Borghi più Belli, ha preso la parola Antonio Centi, che, nella veste di presidente dell’Anci regionale, ha tracciato per sommi capi la storia dell’associazione dei Borghi Italiani. Centi ha voluto sottolineare che i nostri Borghi non erano sconosciuti negli anni passati: non facevano parte dei prodotti vendibili sotto il profilo turistico. Secondo Centi il modello di efficienza, di organizzazione e di sintonia andrebbe esportato in tutti i Comuni abruzzesi: «Certamente non tutti i Comuni avranno la fortuna e la possibilità di essere associati al Club dei Borghi d’Italia – ha spiegato – Va detto, comunque che il movimento dei flussi turistici generato dai Borghi abruzzesi porterà linfa economica vitale per tutto il territorio regionale».
L’assessore provinciale Guido Quintino Liris ha elogiato il lavoro effettuato dai tre Borghi dell’aquilano coinvolti dell’iniziativa – Navelli, Santo Stefano di Sessanio e Castel del Monte – e portato il saluto del presidente Antonio Del Corvo, impegnato in doveri istituzionali. Liris ha voluto precisare che la Provincia dell’Aquila ha fatto in modo di approvare in tempo utile i piani di ricostruzione dei tre Comuni, in modo da consentire agli stessi di programmare il progetto di rinascita e di sviluppo in tempi brevi.
Il professor D’Ercole, nell’ambito del convegno di apertura del Festival dal titolo “[i]I borghi alle falde del Gran Sasso d’Italia, archeologia, storia e valorizzazione culturale[/i]”, ha illustrato una lunga serie di ricerche archeologiche effettuate proprio nella Piana di Navelli e nella zona di Castel del Monte, ricostruendo una fascia temporale compresa tra il Periodo neolitico e i nostri giorni.
«Le nostre origini – ha spiegato – vengono poste in evidenza attraverso uno spaccato scientifico di tutto riguardo. Nel periodo del rame esistevano delle comunità che vivevano sulle rive del laghetto di Santo Stefano. Sono stati diversi reperti che, opportunamente analizzati, hanno confermato la presenza dell’uomo. Già tra il XIII e XI secolo avanti Cristo gli abitanti del territorio hanno abbandonato la coltivazione dei cereali per dedicarsi esclusivamente all’allevamento degli animali: attività molto più redditizia, in quanto genera ricchezza per la produzione della lana, del latte, dei prodotti caseari e della carne. Per la prima volta gli abitanti di questi territori hanno iniziato a praticare la transumanza verticale: attività che richiese l’allargamento dei territori, allora ristretti alle adiacenze degli insediamenti. Per cui le greggi venivano portate in montagna nella stagione estiva e riportate a fondo valle nel periodo invernale. La tecnica, spacciata per innovazione in questi ultimi anni, pone, in effetti, le radici in periodi ben più lontani. Come si può rilevare non abbiamo inventato nulla di nuovo».
I lavori eseguiti dall’Anas per l’ammodernamento e la messa in sicurezza della strada statale 17, come spiegato dal docente, hanno portato alla luce una serie di tombe a camera che hanno dato luogo a una vasta necropoli. Bisogna rilevare un effetto positivo dei lavori stradali: sono stati sempre utili. «In passato le strade costituivano il segno del progresso, perché la cultura e il progresso viaggiavano sulle strade. Oggi questi lavori contribuiscono a restituire al mondo testimonianze storiche e archeologiche di notevole importanza, attraverso le quali possiamo risalire fedelmente alle nostre origini, cosa che non sarebbe stata possibile se non fossero stati eseguiti. I reperti, preziosi e di pregevole fattura, attualmente sono conservati nei musei nazionali».
Anche il professor D’Ercole, come i tre sindaci dei Borghi abruzzesi, ha voluto concludere che i notevoli lavori archeologici possono essere valorizzati e opportunamente protetti per poter offrire anche occasioni di lavoro per i giovani.
«L’archeologia costituisce la valorizzazione dei beni costituenti il patrimonio storico e culturale – ha aggiunto il docente dell’Università degli studi dell’Aquila Fabio Redi – Il nostro Abruzzo detiene la maggior parte dei Borghi più Belli d’Italia, ma, forse, gli stessi abruzzesi ignorano questi dati. I centri storici dei borghi di Castel del Monte, Navelli e Santo Stefano andrebbero opportunamente valorizzati e potrebbero costituire idoneo materiale pubblicitario da immettere negli affollati flussi turistici nazionali e internazionali, al fine di attrarre sul territorio presenze in grado di lasciare ricchezza mediante l’acquisto di prodotti tipici, la frequentazione dei ristoranti e soggiorni di media e lunga durata».
«Anche le espressioni scientifiche – ha aggiunto Redi – sono orientate a utilizzare opportunamente le emergenze archeologiche, storiche, artistiche e culturali per generare posti di lavoro e occasioni occupazionali per i giovani. Da quello che abbiamo potuto rilevare le istituzioni preposte alla materia, in stretta collaborazione con le Università abruzzesi, hanno svolto una notevole mole di lavoro per portare alla luce preziosi reperti appartenuti ai nostri avi. Peccato che l’enorme carenza di risorse economiche abbia causato una battuta d’arresto ai lavori di ricerca».
Il professore auspica che il nostro Paese posa uscire dalla crisi che lo attanaglia nel più breve tempo possibile, in maniera che si possano riprendere i lavori per recuperare ulteriori tesori. Sta agli uomini politici, agli amministratori regionali e locali, a tutti coloro che credono nella ricerca scientifica trovare ogni possibile fonte finanziaria per poter andare avanti nella ricerca, nel recupero e nella valorizzazione dei nostri tesori ancora sepolti.
Il sindaco di Penne, nel portare il saluto del suo Borgo, ha voluto evidenziare i legami correnti tra il territorio aquilano e quello di Penne, attraverso l’azione dei popolo dei Vestini, presenti nel tempo anche nell’Aquilano. Esistono infatti molteplici testimonianze storiche e archeologiche rinvenute nei due territori.
Il sindaco di Penne ha spiegato di vedere nel turismo l’unico motore al quale possano agganciarsi i Borghi più belli per tentare un rilancio socioeconomico dei territori comunali e, conseguentemente, di quello regionale, mediante il potenziamento delle attività agricole e dell’allevamento zootecnico.
Paolo Federico, in occasione dell’inaugurazione del Festival, è tornato sul progetto della costituzione di un vasto parco archeologico, lanciato, tra l’altro, dal nostro giornale in tempi non sospetti. Franco Marini ha ricordato il progetto avviato con l’allora ministro dei Beni culturali Rutelli, ritenendo che si possa riprendere il discorso, anche se il nostro Paese naviga ancora in acque incerte e tempestose.
I paesi che gravitano sulla dorsale appenninica sono stati sempre trascurati nel tempo, perciò hanno risentito più degli altri della mancanza di posti di lavoro, per cui si è determinato un fenomeno demografico a favore dei centri abitati più forti e verso i Paesi Europei e d’oltre oceano, dove le persone hanno contribuito fattivamente con il loro lavoro ad elevare il livello di ricchezza dei Paesi che li hanno ospitati. Con l’industrializzazione il territorio delle aree interne venne trascurato fortemente. La cultura della industrializzazione ha creato notevoli danni ai territori montani anche a causa di una carente cultura della politica di sviluppo. Occorre riportare alla centralità delle attenzioni il territorio e, in particolare, il territorio montano per la qualità della vita, della conservazione del territorio, del recupero dei valori archeologiche e della valorizzazione di tutti i prodotti legati alla cultura.
L’Abruzzo potrebbe rappresentare l’avanguardia del turismo culturale quale volano capace di mettere in movimento tutte le potenzialità esistenti sul territorio. E’ necessario che la Regione e il Governo prendano in serio esame la realizzazione e l’ammodernamento delle infrastrutture stradali, poiché il turismo ha bisogno di strade efficienti e moderne per consentire la mobilità.