Sindaco incartato sugli ‘incartamenti’

11 settembre 2013 | 11:10
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Sindaco incartato sugli ‘incartamenti’

Signore,

ero sicura che il Sindaco si sarebbe “incartato” sugli “incartamenti”. La riprova è stata immediata. Ha incontrato la mia collega editrice a Castel del Monte e l’ha pregata di non pubblicare i miei “lamenti”. Per la verità, lo ha detto in maniera perentoria, come una specie di preavviso di licenziamento. Alla faccia del “compagno” proletario. Non si è accorto, ancora una volta, che ha fatto lo stesso errore del suo predecessore Mussolini che volle zittire la stampa per non far conoscere le brutture della sua amministrazione. Così il Massimo comunale vorrebbe che tutti parlassero solo bene di lui e dei “compagni” di merenda, ponendo all’indice tutti coloro che usano la critica e la satira per giudicare e far giudicare certi comportamenti non sempre lineari, chiari e sinceri. Come potete vedere, Signore, gli uomini cambiano colore, non certamente la sostanza. Avrebbe potuto risparmiarsi di parlare alla “nuora perché suocera intenda”, perché ero quasi innanzi a lui, all’interno del teatro comunale di Castel del Monte, collocata nella nona fila di poltrone. Accanto a me sedeva il mio povero figlio medico, ancora disoccupato. Avrebbe dovuto notare la mia presenza dal momento che, fisicamente, non sono proprio da buttar via. Avrebbe dovuto accorgersi che non ho mai distolto lo sguardo dal suo viso per poterne cogliere ogni piccola variazione, anche per cogliere i momenti di sincerità e quelli delle disinvolte affermazioni, spesso gratuite, meglio definibili come “bugie”. Ho sorriso sornionamente per tutta la durata del suo intervento. Non ho sorriso solamente all’inizio, quando ha portato il saluto della città dell’Aquila. Ammesso che non abbia voluto accorgersi della mia presenza, ma quella di mio figlio è inconfondibile. È alto quasi due metri, con un paio di spalle più che evidenti, con quel classico colorito pallido del viso, tipico dei professionisti in medicina e con due occhi azzurri che, quando ti guardano con insistenza, ti mettono in seria difficoltà. Forse il Massimo ha deliberatamente evitato lo sguardo del mio ragazzo e, perciò, non si è accorto della mia presenza. Se ci fossimo incontrati, sarebbe nato un bel dialogo a cui avremmo potuto dare un bel titolo accattivante, come la testata di una vecchia rivista che sfogliavamo da giovinette: “Le confessioni di Liala”. In questa circostanza, sicuramente, avrebbe gradito lo pseudonimo di “Liala”. Pseudonimo che ad altri non vorrebbe consentire, tacciandoli di mancanza di coraggio. Inoltre, i giornali che non parlano bene del Sindaco sono solamente carta straccia. Non parliamo poi del popolo, perché se i cittadini, in maggioranza, dovessero protestare come hanno fatto, verrebbero definiti “mafiosi”. Lo ha detto. Lo ha scritto. Lo ha anche confermato. Oggi, come Berlusconi, sarebbe capace di dire che non ha mai pronunciato quelle parole e quei termini. E, anche questa, sarebbe l’ennesima bugia. Cosa mi consiglieresti di fare?

[i]Mia cara devota,

innanzitutto ti consiglierei di non lamentarti troppo, perché se per un semplice argomento occupi tutto questo spazio, ti dovrei rispondere a rate. Daremmo luogo a una bella telenovela. Sarebbe interessante, ma non posso perdere tempo appresso ai voli pindarici del “Massimo” comunale. Ti risponderò citando degli appropriati aneddoti utilizzabili per tutti quelli che non amano confrontarsi pubblicamente sulle colonne dello stesso giornale, confutandone le affermazioni e, se del caso, esibendo la documentazione uguale e contraria a quella che ha provocato e provocherà tanto risentimento. Comunque, non ti preoccupare se ha aggredito verbalmente la tua editrice e se ha esercitato il suo potere per farti licenziare. Non rappresenta una minaccia e non riesce ad esercitare il potere neppure all’interno della sua amministrazione, immagina un po’ se lo può ascoltare la tua editrice. Ma, piuttosto, hai capito perché si è rivolta alla tua datrice di lavoro? Ancora non ci sei arrivata? Allora te le spiego brevemente e cerca di capire e far capire bene a chi non vuole intendere. “Quando non si può battere l’asino, si batte il basto”. Per sfogo, per rabbia, per impotenza si colpiscono cose o persone più vicine, facilmente raggiungibili, simili o collegate, a quelle che si vorrebbero punire e non si può. Quando non si può colpire il colpevole si condanna l’innocente. Lo ha detto anche Petronio nel Satyricon, 45.8, “Qui asinum non potest stratum caedit”, “chi non può picchiare l’asino picchia il basto”. Mi vorrei fermare qui, per il momento, perché una più vasta spiegazione potrebbe originare pesanti crisi di coscienza[/i].

Signore mio,

una cosa mi premerebbe che il Sindaco, in tutta franchezza, dicesse agli aquilani la reale data nella quale è venuto a conoscenza della inaccessibilità della Basilica di Collemaggio?

[i]Mia cara,

forse non ci siamo ben capiti! La tua aspettativa, o meglio quella dei cittadini aquilani, rappresenta una vera utopia. Anche se il Massimo dicesse la verità, qualunque essa sia, non sarebbe mai creduto. Oltretutto, sarebbe una pessima autodenuncia, perché farebbe individuare la vera tendenza del soggetto in esame. Infatti, non dimenticare mai che “Si scopre prima un bugiardo d’un gobbo”. La velocità con cui un bugiardo si contraddice lo rende immediatamente individuabile. Un monostico di Menandro (841 j) suona, più o meno, così: “nessun bugiardo rimane nascosto per molto tempo”, mentre, già un frammento di Sofocle (fr. 62 R.) dichiara che: “nessuna menzogna giunge alla vecchiaia”, anticipando di molti secoli un adagio medievale “Mendacium nullum senescit”, nessuna bugia invecchia. Potrei continuare con “le bugie hanno le gambe corte”, ma preferisco fermarmi qui, perché penso di essere stato abbastanza chiaro[/i].

Signore,

consentitemi per oggi di chiedervi un ultimo chiarimento. La Massima autorità cittadina mi rimprovera di usare la satira e il sarcasmo. Dice di non capire bene i contenuti delle osservazioni e non condivide l’ironia. Cosa mi consigliate di rispondere a queste osservazioni?

[i]Carissima,

puoi dire, al “Massimo”, una sola cosa e precisarla molto bene, perché non si dia luogo a false interpretazioni o ad opinioni di parte, positive o negative che siano. Anzi, ti consiglierei di dare una seria risposta sottoforma di domanda con punto d’interrogazione. Lo sa, o lo potrebbe sapere, il Massimo quanta sofferenza deve sopportare l’estensore dell’opinione per cercare di dire al popolo la verità, addolcendo la indigeribile pillola con l’uso dell’ironia, del sarcasmo, della satira? Se non lo dovesse capire, diglielo chiaramente: è una insopportabile sofferenza che non si vorrebbe augurare a nessuno. Se non dovesse essere d’accordo, digli pure che fornisse a noi tutte chiare e inconfutabili spiegazioni. Poi, senza che tu me lo chieda ancora, ritorna alla casa del Padre quando vuoi. Potrai disporre di un accogliente ambiente lontana dai falsi e bugiardi. Non te lo prometto ma, forse, riuscirai a trovare una sistemazione per il tuo figliolo medico. E così sia.[/i]