
Ormai «ho perso il conto. Mi hanno aggredito ai Parioli, spedito in villa tre proiettili, mi hanno bloccato mentre salivo in auto lungo la mulattiera sterrata. Poi l’elicottero, me l’hanno bruciato alle otto di sera un anno fa. Sono otto attentati» dal «febbraio 2012, quando iniziai a collaborare con la procura di Roma». Lo rivela in una intervista a [i]Repubblica[/i] Francesco Piscicelli, l’imprenditore della “cricca” della Ferratella (la Protezione civile, la ricostruzione dell’Aquila) ora pentito e collaborante, spiegando che «prima e dopo i miei interrogatori è sempre successo qualcosa: un agguato, un incendio, un messaggio».
L’ultimo «martedì sera, sono entrati nella mia villa, poi hanno sparato un colpo. Pochi giorni prima mi hanno fatto trovare un pacco con dentro polvere bianca che sembrava cocaina», per «farmi capire che, se vogliono, domani mettono cocaina vera e mi fanno arrestare di nuovo. Sono messaggi intimidatori» che arrivano da «qualcuno del mazzo a cui ho dato fastidio, qualcuno che può permettersi l’uso di professionisti del ricatto».
«Ho iniziato a collaborare – racconta – perché dal giorno alla notte mi sono ritrovato solo, incarcerato, impoverito. Dal giorno della pubblicazione di quella intercettazione in cui si dice che rido per il terremoto dell’Aquila, ma in realtà ride mio cognato, tutto è precipitato. E allora ho deciso di raccontare com’era il sistema d’affari della Protezione civile, il G8, i 150 anni».
Nell’inchiesta sulla Protezione civile, ricorda, «sono l’unico testimone». C’é stato, dice, «un periodo di tranquillità», otto mesi nei quali aveva la «tutela dinamica. Due volte al giorno due carabinieri venivano a controllare. E le minacce si sono fermate». Poi «venti giorni fa» è stata tolta la tutela «e le minacce sono riprese», sempre in coincidenza con gli appuntamenti giudiziari.