L’ombra del sisma sulla psiche delle aquilane

18 ottobre 2013 | 13:15
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L’ombra del sisma sulla psiche delle aquilane

Sulla psiche delle donne aquilane, stando allo [i]screening [/i]Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, continua a proiettarsi l’ombra lunga del sisma.

A L’Aquila 40 donne su 80 soffrono di ansia e depressione, con sintomi ‘sotto traccia’ (da seguire per evitare l’insorgere di malattie conclamate) mentre 20 hanno uno stato di malessere ansioso più marcato che richiede l’aiuto dello specialista. Ma a mostrare, a distanza di 4 anni e mezzo dal sisma, i picchi più alti dell’ansia, sono le donne che vivono nelle periferie della città, costrette a cambiare quartiere o area urbana dopo il terremoto. Motivo? Carenza di coesione sociale riconducibile all’assenza di centri aggregazione sociale, negozi, nuclei attrattivi.

E’ questo il quadro complessivo che emerge dall’analisi svolta su un campione di donne, (appunto 80), analizzato il 10 ottobre scorso – nella giornata nazionale dedicata alla salute mentale femminile e promosso in Italia dall’Osservatorio nazionale sulla salute della Donna (Onda) – dal Servizio psichiatrico di diagnosi e cura universitario dell’Aquila, diretto dal professore Massimo Casacchia, con visite gratuite e punti d’informazione sui disagi psichici nelle postazioni ticket e negli ambulatori dell’ospedale San Salvatore.

Nel corso della mattinata del 10 ottobre scorso, tramite la compilazione di schede socio-anagrafiche, sono state analizzate 80 donne, in gran parte coniugate, la metà con due o più figli, ma anche di età avanzata, fino ai 70 anni.

L’80% del campione, messo dai medici sotto la lente d’ingrandimento, è tornato a vivere nella propria abitazione dopo il terremoto (o non l’ha mai abbandonata), mentre il restante 20% è risultato vivere in un alloggio del progetto Case o in un villaggio Map. Più del 50% del campione di donne, preso in considerazione, ha mostrato una sintomatologia ansioso-depressiva, con sintomi sfumati che, se non curati, potrebbero evolversi in patologia.

Una quota di circa il 10% delle donne analizzate, invece, ha mostrato sintomi depressivi meritevoli di un approfondimento specialistico e più del 20% ha manifestato uno stato di malessere ansioso per il quale è stato consigliato di rivolgersi ad uno specialista.

Il pomeriggio del 10 ottobre è stato dedicato alla visite ma, per il grande afflusso registrato, i medici hanno potuto effettuare, in poche ore, solo 20 delle 50 visite (gratuite) richieste; le 30 rimaste inevase verranno assicurate nei prossimi giorni. Alle visite, per un fatto casuale, si è registrata la presenza di donne più giovani, dai 18 ai 30 anni. In questi controlli sono emersi anche casi sommersi di anoressia o bulimia, non diagnosticati forse per pudore o imbarazzo. Lo ‘squarcio’ che si è aperto nella pur comprensibile reticenza viene giudicato molto incoraggiante dai medici.

La professoressa Rita Roncone, dirigente medico del servizio Psichiatrico universitario nonché responsabile di uno specifico sportello per il trattamento della depressione per gestanti e puerpere attivato nel 2011 al San Salvatore, sottolinea: «C’è un aspetto peculiare nella popolazione aquilana, legato al terremoto, relativo alla carente coesione sociale che è indice della più bassa qualità della vita degli aquilani, specie per quelli che vivono nelle periferie (New Town e Map)».

«E’ la spia di un malessere – aggiunge la Roncone – ancora presente dopo più di 4 anni dal terremoto dell’Aquila. Le ragioni sembrerebbero collegate alla scarsità di servizi sul posto, quali ad esempio farmacie, edicole, negozi, centri sociali e di aggregazione, sportelli di ascolto. In questa specifica popolazione sono stati riscontrati tassi più alti di ansia e di depressione».

All’iniziativa del 10 ottobre scorso hanno preso parte anche gli psichiatri Maria Grazia Marinangeli, Maurizio Malavolta e Rocco Pollice, oltre ai medici specializzandi Chiara Di Venanzio, Valeria Saltarelli e Maria Cristina Rossetti e un ampio team di collaboratori ospedalieri ed universitari.