
di Alessia Lombardo
Classe 1934 l’ex pilota Sergio Abbandonato ha portato i colori aquilani per oltre trent’anni negli autodromi più importanti d’Italia. È stato il pilota da battere a bordo della propria Alfa Romeo nel Trofeo Alfasud.
A febbraio l’aquilano – recentemente premiato dal Panathlon Club L’Aquila per la propria carriera – spegnerà l’ottantesima candelina. Nei propri occhi restano le immagini di Imola, Vallelunga, Mugello e Monza, e nelle proprie orecchie risuona ancora il rombo dei motori.
Tra i vari successi ottenuti da Abbandonato, che nel 1983 ha realizzato il miglior tempo su pista ed ha vinto il titolo di Campione Italiano, ci sono le gare in salita di Popoli e Terminillo. Indimenticabile la vittoria ottenuta nel 1982 sul circuito di Monza: 120 macchine, 4 batterie e miglior tempo ottenuto dinanzi a 100mila spettatori (prima della partenza della Formula 1).
Incominciamo dal principio. Che ricordo ha del suo esordio?
«Ho un vivido ricordo. Con la Fiat Seicento ho affrontato una corsa in salita ad Avezzano. Avevo 31 anni e correvo tantissimo. Nella mattinata ho gareggiato con il kart, poi con la Seicento nel pomeriggio è arrivata la prima vittoria significativa».
L’automobilismo è sempre stato uno sport costoso. Era sostenuto da qualcuno?
«Ci mettevo tanto del mio e, grazie ad alcuni [i]sponsor [/i]riuscivo a finanziarmi. Mi sono stati vicini Mario Martini e i compianti Gasbarri e Adamo. In occasione di una gara a Bologna ricevetti numerosi elogi dagli addetti ai lavori: mi dissero che avrei potuto aspirare a qualcosa di più date le mie potenzialità. Di certo la posizione geografica della mia città e la poca tradizione rispetto ad altre regioni non mi hanno favorito».
Lei ha corso soprattutto con l’Alfa Romeo. Anche oggi ne guida una?
(ride) «È sempre stata una macchina ‘corsaiola’. Ho gareggiato anche con la Renault e come ricordavo prima ho esordito con una Fiat Seicento. Oggi guido una Fiat Panda, però mi viene sempre la frenesia di correre come prima. Comunque resta soltanto un pensiero».
È ancora amante della velocità quindi?
«Ogni tanto, soprattutto quando ho fretta. (ride)
Ho smesso di correre nel 1983. In quell’anno ho ottenuto il miglior tempo su pista e sono stato campione italiano».
E delle curve che mi dice?
«Si affrontavano sempre con una certa preoccupazione soprattutto per il contatto con le altre macchine».
Che ricordo ha della sua carriera?
«Godevo tanto delle mie imprese. Vincere a Monza con 100mila spettatori non è una una cosa che si scorda. Gareggiavo per il Trofeo Alfasud, ma l’autodromo era pieno perché il giorno successivo c’era la Formula 1. Sentire il mio nome al microfono lì è stato un qualcosa di indimenticabile».
Cosa pensa dell’attuale Formula 1?
«Quest’anno è un rebus. La Ferrari resta una squadra sempre appetibile. Le gomme sono importantissime, ma nonostante la temperatura dei pneumatici non è da sottovalutare la bravura del pilota».
Com’è cambiato il ruolo del pilota negli anni?
«Con l’evoluzione dei motori forse il pilota rischia un po’ meno. Prima c’erano degli incidenti più brutti. La preparazione fisica è diversa. Noi forse soffrivamo di più. Tenevamo allenato il corpo, con le corse e la bici, ma soprattutto la mente».
Concludiamo con il riconoscimento che ha ricevuto dal Panathlon Club L’Aquila.
«Non nascondo che mi ha emozionato e mi ha fatto rivivere quei momenti. Sono stato davvero soddisfatto».