Aquilani al sit-in dei precari della giustizia al Pantheon

di Nando Giammarini*
All’insegna dello slogan “[i]rispettare il lavoro per rispettare la giustizia[/i]”, si è tenuta lo scorso mercoledì 23 ottobre, a Roma in piazza della Rotonda al Pantheon, una vivace e colorata manifestazione promossa dall’Upg (Unione Precari della Giustizia) cui hanno aderito la Fp Cgil, la Uil Pa, una nutrita rappresentanza di precari provenienti da tutto il Paese, dall’Abruzzo e in particolare dal suo Capoluogo di Regione.
La manifestazione è stata indetta in difesa del diritto al lavoro e delle varie professionalità dei precari della giustizia il cui impegno è di primaria importanza per garantire il funzionamento di tante realtà giudiziarie sparse nella penisola. Questo è un giudizio unanime espresso anche dai presidenti delle Corti d’Appello, tra cui il nostro aquilano, dove i cosidetti “precari” svolgono con serietà e spirito di servizio il proprio dovere. Occorre quindi sollecitare il Parlamento affinchè introduca nella Legge di Stabilità una disposizione che in qualche modo arrivi alla stabilizzazione dei 3400 precari della giustizia che il 30 novembre prossimo avranno completato il percorso formativo come tirocinanti e potrebbero ritrovarsi senza alcuna occupazione.
Si tratta di evitare, non fosse altro per una mera questione di giustizia, che tante famiglie si trovino da quella data a non saper come poter sbarcare il lunario. Ricordiamo per onestà intellettuale che, nel lontano 2010, la Provincia di Roma guidata dal presidente Zingaretti fu la prima in Italia ad utilizzare questa forma di ammortizzatori sociali, poiché di trattava di persone cassintegrate, finanziando i corsi di formazione per ovviare all’endemica carenza di personale nei Tribunali.
Voglio ribadire, con forza, sperando che i vari parlamentari ne facciano tesoro, che i lavoratori precari della giustizia svolgono un ruolo fondamentale di sostegno agli impiegati ed essendo totalmente integrati si adattano a svolgere anche i lavori più umili, quali gli archivisti. In una sola parola sono indispensabili per il funzionamento della macchina giudiziaria.
Solo a L’Aquila ci sono 210 tirocinanti operativi con un progetto formativo su tutto il territorio regionale che sperano, come i loro colleghi di tutto il Paese, di veder trasformato il loro rapporto in un contratto almeno a tempo determinato. Costoro sono persone che lavorano sodo e alle quali va tutta la mia stima e solidarietà: sono mamme e padri di famiglia, nella maggior parte dei casi anche pendolari, che pur di lavorare affrontano una serie di problemi organizzativi non indifferenti.
Non si è fatta attendere la solidarietà del Pd a questi lavoratori, con la senatrice aquilana Stefania Pezzopane da sempre in prima fila in difesa degli interessi dei lavoratori, insieme ai suoi colleghi Lo Giudice e Daniele Leva (responsabile giustizia), di Gianni Melilla di Sinistra Ecologia e Libertà, dell’ex deputato Antonio Di Pietro ed altri. Costoro hanno assicurato tutto l’interessamento, dicendo pubblicamente che porteranno la vertenza in Commissione giustizia e finanza e presenteranno i relativi emendamendamenti per trovare la copertura finanziaria.
Questa la dichiarazione dell’onorevole Pezzopane: «Questa mattina ho partecipato al presidio dei precari della giustizia in piazza del Pantheon, organizzato dall’Unione precari Giustizia con l’appoggio di Fp Cgil e Uil Pa, al quale era presente una numerosa delegazione del Coordinamento precari Abruzzo. Da quasi 3 anni, oltre 3400 precari operano come tirocinanti, con un rimborso spese di 240 euro al mese, pur prestando servizi essenziali presso i tribunali e altri uffici territoriali del ministero della Giustizia. Già alcuni colleghi, tra cui il senatore Lo Giudice, si sono occupati della vicenda all’interno del decreto sulla Pubblica Amministrazione. Riproporremo la questione nell’ambito dell’esame del disegno di legge di stabilità, per trasformare i tirocini in contratti di lavoro a tempo determinato. Offrire a questi lavoratori specializzati contratti a tempo determinato viene considerata cosa utile anche dalle stesse strutture territoriali del ministero della Giustizia. Se dovessero perdere queste figure, infatti, vedrebbero ulteriormente ingolfato il loro carico di lavoro, con relativo allungamento dei tempi della giustizia. Inoltre, visto che si tratta di operatori in formazione da ben 3 anni, hanno acquisito competenze e professionalità: se venissero espulsi lo Stato avrebbe investito nella loro formazione per poi, in modo paradossale, non utilizzarla, dimostrando così di aver fatto un pessimo investimento».
Non rimane che formulare, a tutti precari della giustizia, i migliori auguri per una positiva soluzione della vertenza che porti tranquillità e serenità nelle loro vite e nelle proprie famiglie.
[i]*lettore[/i]
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