
di Valter Vecellio*
“Le dichiarazioni di Vincenzo Angelini sono pienamente attendibili in quanto in sé logiche e coerenti, precise, dettagliate nonché riscontrate sia da risultanze documentali sia da dichiarazioni testimoniali”. E ancora: “C’era un programma criminale”. E poi: “Tale programma non fu limitato alla realizzazione di uno o più reati preventivamente individuati, ma si dispiegò nel tempo, sostanzialmente per l’intera durata della permanenza degli imputati nelle loro funzioni, e fu finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, quelli che, all’occorrenza, fossero serviti per realizzare il decritto disegno di favoritismo, sia mediante l’utilizzo per fini illeciti delle strutture amministrative (l’assessorato alla Sanità, la Asr) e societarie (la Fira e la Fira servizi) in cui gli imputati erano inseriti, sia mediante creazione di una struttura ad hoc in materia di sanità, la predetta cabina di regia, che sostanzialmente si sostituì alla giunta regionale nel prendere le decisioni più rilevanti in materia di sanità”.
Un castello di accuse il cui più significativo riscontro, scrivono i giudici, è quello “dell’accertata generale condizione di illegalità e di favoritismo nei confronti delle case di cura del gruppo Villa Pini nelle quali entrambe le amministrazioni regionali abruzzesi succedutesi all’epoca dei fatti, nonché la Asl nel periodo in gestione di Luigi Conga con l’avallo politico dell’imputato Aracu, hanno operato nel settore della sanità, illegalità frutto della condotta proprio di tutti coloro a cui Angelini ha dichiarato di avere consegnato denaro o concesso altri favori”.
E in quanto alle famose tangenti da 5 milioni e mezzo con le “mele”: “La tangente a Collelongo c’è stata ed è documentata”. Il collegio elenca i prelievi dell’ex titolare di Villa Pini fino ad arrivare alla presunta tangente da 200 mila euro del 2 novembre 2007, quella che Angelini avrebbe portato a Del Turco nella sua a Collelongo: “Angelini”, illustrano le motivazioni, “aveva documentato sia le attività di preparazione e imbustamento del denaro sia quelle di consegna facendo fotografare dal proprio autista le banconote… Quanto alla fotografia ritraente una busta di mele… Angelini ha precisato che, dopo la consegna del denaro, Del Turco gli chiese se era venuto da solo e alla risposta che era con l’autista vedendolo uscire con la busta vuota gli disse di metterci delle mele e ce ne mise 7 o 8”. Sull’attendibilità delle fotografie che avrebbero immortalato la presunta tangente il collegio scrive che “sono state scattate il 2 novembre 2007” e prosegue “le dichiarazioni di Angelini su giorno e orario della visita a Del Turco a Collelongo e delle riprese fotografiche sono riscontrate con piena certezza: la dazione di denaro descritta da Angelini appare pienamente provata”.
Le sentenze, lo si ripete come un mantra, si rispettano.
Rispettosamente ci permettiamo di osservare, dopo aver letto la lunga sequenza di “logica” e “di coerenza”, che Ottaviano Del Turco è certamente colpevole, non essendo riuscito a provare di essere innocente, come Walter Veltroni si era augurato accadesse in un terrificante telegramma di solidarietà. Sono ben 393 pagine di motivazioni, zeppe di “pienamente attendibili in quanto in sé logiche e coerenti”, di “programmi criminali…per “la commissione di una serie indeterminata di delitti”; “cabine di regie”, ecc; chi ha seguito le varie fasi del processo, le sue sedute meritoriamente trasmesse da “Radio Radicale” si è potuto rendere conto del progressivo sfaldarsi dell’impianto accusatorio, di come si sia rivelato inconsistente e aleatorio. Sia chiaro, si dice tutto questo molto rispettosamente. E sempre molto rispettosamente diciamo che una giustizia di questo tipo ci procura una rispettosa inquietudine, una rispettosissima paura, una ultra-rispettosa tentazione di scappare via alla Salvemini o alla Calamandrei… E rispettosissimamente ci teniamo altri foschi pensieri per noi, per non incappare in qualche irrispettoso reato.
Rispettosamente: ne sarebbero bastate trenta, o magari perfino tre, per dire: il denaro della tangente che è stato visto intascare da Tizio e da Caio, testimoni e non direttamente coinvolti nella vicenda, che hanno testimoniato in tal senso, è stato depositato in questo istituto bancario, a Lugano, a Ginevra, nel Liechtenstein, nelle isole di Jersey, a San Marino o alla banca dello IOR. Denaro di cui abbiamo trovato traccia e che siamo in grado di esibire in tutto il suo iter, dall’incasso avvenuto il giorno X alla sua utilizzazione finale, avvenuta il giorno Y. Non che non ci si sforzi in questo senso. Quel denaro dicono i giudici sarebbe stato utilizzato per l’acquisto di immobili, “fittiziamente intestati a terzi e il cui valore è di gran lunga superiore a quello intestato ufficialmente a se stesso…”.
Ah! Ecco la prova provata, finalmente? Vediamo, chissà.
Rispettosamente: i “terzi” fittizi in questione, sono il figlio di Del Turco e la sua compagna. Il prezzo dell’immobile a Roma, dove il figlio di Del Turco abita fin dagli anni ’70, “fu stabilito dall’INPS, perché quell’appartamento fu frutto di un rogito collettivo. Dunque il valore non fu contrattato ma imposto: 269mila e 498 euro. Al di sotto di quello di mercato, tanto che proprio del Turco fu oggetto di una campagna di “Libero” sugli immobili statali ceduti a prezzo di favore. Quell’abitazione fu pagata con un bonifico bancario che provocò uno scoperto temporaneo, si legge nella relazione della Guardia di Finanza, ripianato mediante le dismissioni di titoli (vecchi di dieci anni, ndr) Efibanca 6 Galassia… e Montepaschi Vita spa (…). Stesso schema per il bilocale di Tresnuraghes a Oristano, pagato 180mila euro con quattro assegni circolari addebitati sul conto corrente di Del Turco e versati alla venditrice del bilocale. Gli assegni provocarono uno scoperto di 127mila euro ripianato con il riscatto della polizza Millenium. Anche l’ultimo appartamento fu saldato con bonifico (300mila euro) coperto con la cessione di quattro quadri, tra i quali uno Schifano. Dunque, se le tangenti sono finite nell’acquisto delle case e i pagamenti sono avvenuti tramite bonifico e non in contanti, il denaro di Angelini deve essere transitato nei conti di Del Turco. Ma nell’udienza del 26 ottobre 2012 il colonnello della Finanza Maurizio Favia ribadì che un versamento in contanti, anche solo di un euro…non l’abbiamo trovato”.
Non l’abbiamo trovato. E qui finisce la storia. O almeno sarebbe dovuta finire. E invece c’è stata una condanna che ora è sperabile l’appello possa sanare.
Rispettosamente, li possiamo mandare.
Ps.: il virgolettato relativo agli appartamenti l’abbiamo tratto dalla cronaca dell’ “Unità”. Se la legga anche Veltroni.
*Giornalista professionista Rai