La Vespa e l’elicottero parlano abruzzese

26 ottobre 2013 | 11:28
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La Vespa e l’elicottero parlano abruzzese

di Giovanni Baiocchetti

La Vespa Piaggio e l’elicottero moderno parlano abruzzese: il loro inventore e progettista, Corradino D’Ascanio, nasce nel febbraio 1891 a Popoli, comune allora in provincia dell’Aquila, oggi di Pescara. E’ proprio dalle colline che circondano la cittadina abruzzese, intorno al 1906, che il giovane Corradino sogna di volare: ancora ragazzo, infatti, sperimenta – con esiti dapprima entusiasmanti e poi disastrosi- un aliante costruito insieme ai cugini con stoffa, carta di giornale e legno. Naturalmente, spinto da una potente passione che lo accompagnerà tutta la vita, ha già lungamente osservato il volo degli uccelli, le loro ali, il loro movimento, l’anatomia dei volatili riportati a casa dal padre cacciatore.

Dopo aver frequentato il Regio Istituto Tecnico “Ferdinando Galiani” di Chieti, termina i suoi studi presso il Regio Politecnico di Torino, laureandosi in ingegneria industriale nel 1914. Nello stesso anno, si arruola volontariamente nell’Arma del Genio, dove viene assegnato al collaudo dei motori. L’anno seguente, allo scoppio della Grande Guerra, D’Ascanio viene inviato al fronte per occuparsi di manutenzione e sorveglianza del materiale assegnato alle squadriglie di volo, modificando circa 40 biplani Caudron che con il freddo venivano bloccati a terra dal congelamento dell’olio lubrificante.

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Nel 1917 Corradino riesce a dimostrare come la sua genialità inventiva non si applica solamente alle produzioni industriali ma anche alla soluzione dei piccoli problemi della vita quotidiana: volendo comunicare con la sua fidanzata durante i brevi periodi di licenza a Popoli, il giovane installa due telefoni a batteria, uno in casa sua e uno in casa di Paolina, e li collega alla rete elettrica comunale di illuminazione che in questi anni eroga tensione nelle sole ore notturne.

Nel 1918 si trasferisce negli Stati Uniti con la Ditta Ernesto Pomilio, società di consulenza del governo statunitense, per la progettazione di nuovi aerei da guerra. Dopo il sodalizio con Ugo Veniero D’Annunzio, figlio di Gabriele, torna a Popoli nel 1920, dove insedia uno studio tecnico ed avvia un’intensa attività di progettazione per l’industria privata e nel settore delle opere pubbliche, occupandosi di vari progetti di ingegneria civile come la sistemazione della Piazza Giuseppe Paolini con il monumento ai caduti, pur senza abbandonare mai l’idea del volo.

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Il 7 Aprile 1925 D’Ascanio brevetta “l’elicottero a due eliche collassali con dispositivo di discesa lenta automatica”. Per questa realizzazione, insieme al barone Pietro Troiani di Pescosansonesco (Pescara), costituisce la Società per lo Sviluppo di Industrie Aviatorie in Abruzzo nella quale investe tutti i suoi averi. Nello stesso anno partecipa al concorso per elicotteri della Direzione Generale del Genio e delle Costruzioni Aeronautiche. L’esito è negativo ma la costruzione del prototipo prosegue a Pescara nello Stabilimento Meccanico con Fonderia Giuseppe Camplone & Figli, nel cui cortile i prototipi di elicottero D’AT1 e D’AT2 entrambi volano per pochi secondi e poi ricadono, mettendo anche in pericolo la vita dei due soci.

I prototipi consentiranno a D’Ascanio di progettare un nuovo elicottero, molto superiore ai precedenti. A seguito del contratto di fornitura stipulato con la Regia Aeronautica, che prevede un finanziamento di L. 600.000, viene costruito il D’AT3 (la sigla sta per D’Ascanio-Trojani-3) presso lo Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche di Roma e le prove di volo vengono effettuate nell’aeroporto militare di Ciampino Nord: l’elicottero viene esposto per la prima volta in pubblico alla presenza del capo del Governo, Benito Mussolini, nell’aeroporto Littorio di Roma, l’8 giugno 1930, in occasione della “Giornata dell’Ala”; nell’ottobre dello stesso anno il D’AT3 conquista i primati internazionali di durata con ritorno senza scalo con un volo di 8’45” (8 ottobre 1930), di distanza in linea retta senza scalo con 1078,6 m (10 ottobre 1930) e di altezza sul punto di partenza con 18 m (13 ottobre 1930).

I primati internazionali procurano all’elicottero e al progettista una grande notorietà a tal punto che la Domenica del Corriere del 9 novembre dedica all’avvenimento una copertina e i maggiori quotidiani italiani tra i quali Il Messaggero, Il Popolo di Roma, Il Mattino, Il Giornale d’Italia riportano trionfalmente la notizia.

Vittorioso con il suo D’AT3 ma sfortunato nella sua commercializzazione (venne sciolta la società che aveva portato alla sua costruzione) D’Ascanio nel 1931 si trova in una condizione di quasi povertà; ma le competenze maturate su questo prototipo fanno sì che la sezione aeronautica della società Rinaldo Piaggio si interessi all’ingegnere abruzzese. La sua fortuna diviene allora l’elica a passo variabile (un’elica le cui pale possono essere ruotate attorno al proprio asse longitudinale in modo da cambiarne il passo), che porta nelle sue tasche mille lire per ogni pezzo realizzato. Le eliche Piaggio-D’Ascanio vengono in pochi mesi montate sui migliori aerei italiani.

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Nel 1948 viene invitato e accolto come pioniere del volo verticale al IV congresso per l’elicottero organizzato dalla American Helicopter Society. E’ nel 1949 che l’ingegnere meccanico progetta e realizza un nuovo prototipo di elicottero, il PD3, che ha un solo rotore e l’elica di contro coppia in una configurazione che rispetta quella dei moderni elicotteri. D’Ascanio non ha però la fortuna di Igor Sikorsky che riesce a convincere la United Aircraft a sviluppare i suoi progetti. Lo sviluppo del PD3 va a rilento, è scoppiata la guerra e non c’è interesse all’invenzione, neppure da parte dell’Aeronautica. Il PD3 rimarrà a terra fino al 1951, quando un incidente mette fine alla storia di questo sfortunato prototipo. Anche il tentativo successivo di realizzazione di un elicottero con due rotori in tandem (PD4) si conclude con un incidente in cui viene sfiorata la tragedia. D’ora in avanti, D’Ascanio non farà più elicotteri per la Piaggio (almeno ufficialmente), ma rimane in società come consulente dell’azienda per ciò che riguarda la Vespa, di cui fu progettista.

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Qualche anno prima, nel 1945, infatti, Enrico Piaggio aveva avuto l’intuizione di costruire un motociclo a basso costo, accessibile a tutti, in un panorama desolante come quello italiano del dopoguerra, con il problema della riconversione degli stabilimenti ad una produzione di pace. Dopo alcune prove da parte di ingegneri locali, Piaggio aveva chiesto a D’Ascanio un progetto per questo tipo di motociclo. L’ ingegnere abruzzese non amava la motocicletta, non se n’era mai occupato dal punto di vista costruttivo e come veicolo non gli piaceva. Aveva pensato a un mezzo per chi non era mai salito su una motocicletta e odiava la sua guida difficile: aveva realizzato così la Vespa, che sarebbe arrivata al successo già un anno dopo, quando venne esposta al salone del ciclo e motociclo di Milano. Nei 50 anni della sua storia, la Vespa sarebbe diventata lo scooter più famoso al mondo.

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