
di Gioia Chiostri
Il vino può essere considerato, a tutti gli effetti, come il primo passo dell’uomo verso la fatica travisata in allegria e piacevolezza per il palato. Il vino è simbolo di sacrificio, di coltura e cultura, di tempo speso ad assaporare e conoscere la terra. Il vino è un po’ la storia stessa dell’umanità. Ma perché piace così tanto all’uomo? Quali sono i suoi segreti?
A rispondere è la nutrizionista e dottoressa di Avezzano Anna Mezzetti: «il vino – spiega – non è una semplice bevanda, piuttosto un intreccio di tradizione, cultura, arte, velleità edonistica, sacralità religiosa, socialità, salute e malattia insieme. Di fatto, anche se in maniera empirica o intuitiva, i nostri predecessori già sapevano ciò che oggi è scientificamente documentato, cioè che bere vino fosse una sana abitudine. Inoltre, il vino ha una rilevante valenza energetica, dovuta alla componente alcolica: anche questo aspetto era un’attrattiva per i nostri contadini, che traevano, dal bicchiere di vino, non solo la gratificazione gustativa ed il piacere di stare insieme, ma anche l’energia per zappare la terra».
Una storia antica quindi, che affonda le radici nell’usanza stessa di bere vino per festeggiare tipica dei nostri avi contadini. Ha valenza il detto ‘un bicchiere di vino al giorno fa bene alla salute’? «il benessere derivante dal consumo di vino ha come parola d’ordine la ‘moderazione’, che si identifica nel consumo di un bicchiere di vino al giorno per le donne (più sensibili all’effetto del vino) e due bicchieri al giorno per gli uomini. Seguire questa raccomandazione significa abbassare significativamente il rischio di avere malattie cardiovascolari, cancro e malattie neurodegenerative. Quando se ne assumono quantità superiori, iniziano a prevalere gli effetti nocivi, dovuti ai danni causati dalla componente alcolica».
«L’Abruzzo poi – continua la dottoressa – vanta una tradizione vitivinicola di tutto rispetto, nell’ambito della quale si sono affermate, in Italia ed all’estero, diverse DOC (Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Cerasuolo, Controguerra DOC, Abruzzo DOC, Terre Tollesi DOC, Ortona DOC e Villamagna DOC) e DOCG (Colline Teramane e Colline Teramane Riserva). Meno comuni, ma non meno apprezzati, sono i vini (bianchi) ottenuti con vitigni autoctoni, riscoperti in anni recenti: la Cococciola, la Passerina ed il Pecorino».
Vino rosso o vino bianco? «In generale – sottolinea Anna Mezzetti – sono maggiormente documentati gli effetti benefici del vino rosso rispetto al vino bianco; in particolare i vantaggi cardiovascolari, antitumorali e neuroprotettivi, sono dovuti ai principali composti disciolti nel vino. Tali molecole sono i polifenoli e la loro presenza nel vino, in particolare nel vino rosso, dipende dalle pratiche di vinificazione, dalla fermentazione, dall’invecchiamento. In particolare, un componente del vino rosso che non si ritrova in altri alimenti vegetali, è il resveratrolo. Infatti, il resveratrolo presente nell’uva è scarsamente assimilabile: con la vinificazione, la fermentazione e la conservazione, esso viene estratto e reso disponibile per l’assimilazione. Tale molecola è così importante perché, a concentrazioni comparabili con quelle rilevate nel sangue dopo l’assunzione di vino rosso, il resveratrolo ha un effetto antitumorale ed è capace di agire su tutti gli stadi dello sviluppo del tumore».
«Quindi meglio il rosso – aggiunge – però è sempre più convincente l’ipotesi che il benessere legato al consumo del vino sia dovuto all’azione contemporanea e, probabilmente sinergica, di tutti i componenti del vino, piuttosto che all’azione di una singola molecola, per quanto molto attiva. Per la stessa ragione, la buona abitudine di un consumo moderato di vino deve inserirsi in un contesto dietetico vario, che contempli olio extra vergine di oliva, vegetali, frutta, spezie, tè verde e cioccolato fondente. Il tentativo di osannare “l’alimento salvifico”, infatti, oltre a non avere alcun razionale scientifico, spesso è fonte di errori nutrizionali ed inutili sacrifici del gusto».
In conclusione, una perla direttamente raccolta dal nostro rustico retroterra: le pesche inzuppate nel vino. È un’abitudine salutifera? «Può essere una valida modalità di consumo di vino e frutta, naturalmente in estate, quando le pesche sono disponibili alle nostre latitudini: è importante rispettare la stagionalità e scegliere prodotti di valida qualità nutrizionale. E’ bene, inoltre, consumare la preparazione di pesche e vino preparata al momento».
Sacra linfa, l’Italia ne è sempre stata una assidua produttrice, un paese straordinarimante vocato alla viticoltura, tanto da essere chiamata dai Greci Enotria, ossia terra del vino. Riecheggiano però le parole di quel viticoltore francese che negli anni ’50 disse al grande Veronelli: «Voi da uve d’oro fate vini d’argento, noi da uve d’argento facciamo vini d’oro», in quanto l’Italia è sempre stata vista come terra fertile di buona uva ma di modesto ‘liquore’. Nel 2013, però, si può ben dire che la Penisola ha servito alla Francia, in quanto a vino, una bella bibita amara (di vendetta).