Don Chisciotte torna alla carica

2 novembre 2013 | 13:01
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Don Chisciotte torna alla carica

Signore, vi pregherei di credermi. Mi piacerebbe scrivere che il Sindaco Massimo abbia concluso qualcosa di buono. Che possa essere stato coerente almeno una volta, senza affermare la sera il contrario di quello che ha detto la mattina. Che abbia potuto pronunciare un discorso corretto e compiuto. Che abbia potuto presentare al pubblico qualcosa di concreto, reale, tangibile. Che abbia usato termini e toni consoni alla carica di primo cittadino del Capoluogo d’Abruzzo. Invece, non appena mi rilasso un attimo, un botto inconfondibile fa scoccare la scintilla che accende fulmini e saette da lanciare contro tutti, chiunque essi siano, purché abbiano una connotazione politica certa. Questa volta ha esagerato. Se le presa con quel povero Enrico Letta, forse, solamente perché porta il cognome dello zio Gianni.

[i]Mia cara Signora, prima di darti una risposta plausibile, vorrei offrirti in via prioritaria una idea panoramica del mondo in cui vorrebbe muoversi il tuo Sindaco Massimo. Avrai visto certamente, attraverso i giornali e la televisione, che all’interno del “transatlantico” si trova l’aula nella quale si riunisce il nostro Parlamento. Essa ha una forma semicircolare che appare divisa in tanti settori per via delle scalinate di accesso. Sulle eleganti poltroncine rosse siedono quotidianamente i parlamentari eletti dai cittadini italiani e appartenenti ai vari partiti di sinistra, di centro e di destra. In parole povere, il semicerchio rappresenta il cosiddetto “arco costituzionale”, nel quale trovano capienza anche i gruppi misti, cioè i dissidenti di ogni partito. Al cospetto dell’arco costituzionale siede il Presidente del Consiglio e tutta la “confraternita” dei ministri in carica. In questa aula il Sindaco Massimo è entrato diverse volte, a suo dire, ma i cittadini aquilani non hanno avuto mai l’occasione di vederlo ripreso da qualche telecamera, neppure per sbaglio. Né hanno avuto la possibilità di leggere qualche proposta di legge con la sua firma.[/i]

Signore, scusatemi tanto, ma non riesco a capire dove voglia condurre tutto questo panegirico? Potreste essere più chiaro?

[i]Figliola carissima, noto che la pazienza non rientra tra le tue doti. Sei troppo frettolosa. Ecco perché ti riesce difficile, il più delle volte, afferrare il senso preciso del discorso. Segui bene il concetto che sto per esprimere. Subito dopo il terremoto il Sindaco Massimo, per la paura e per salvare la pelle, fuggì sulla costa con i “compagni” di merenda. La versione della fuga avrebbe dovuto avere un ben altro significato e, cioè, se l’era data a gambe per salvare almeno la memoria della città di Federico, già parzialmente cancellata dai precedenti terremoti e dalla sua precedente gestione. Il nome di Federico, però, accese qualche lumicino nella sua fervida mente. L’Imperatore viaggiava a cavallo, indossando una pesante armatura e impugnando una scintillante spada. Federico, però, non era il suo tipo. Era troppo serio, freddo di carattere e poco effervescente nella esposizione delle idee e delle azioni. Un altro “cavaliere” lo ha inizialmente affascinato subito dopo il sisma: “il grande Silvio”, Presidente del Consiglio che lo aveva assunto alla sua corte. Andavano sempre insieme, mano nella mano, a braccetto, con la mano sulla spalla scambiandosi affettuose e amichevoli pacche sulle spalle. A molti cittadini sorse il dubbio su possibili “deviazioni”. Non riuscivano a capire, però, chi potesse essere il potenziale “deviato”. Il Partito del Sindaco si sentì leso nell’orgoglio politico, provò anche sdegno, tanto da richiamare il Primo Cittadino all’obbligo di adempiere ai propri doveri sotto l’egida del PD, sulle sponde del quale era approdato da poco tempo. A questo punto, e con quei chiari di luna, il Sindaco Massimo fu costretto a cambiare cavaliere. Abbandonò a malincuore il “Silvio” e salì sul ronzino di “Don Chisciotte”. Cominciò a perseguitare la massima autorità regionale, solo per attirare le attenzioni dei media per restare sempre sotto gli occhi dei cittadini, proprio come fanno le grandi star del cinema, sollevando qualche piccolo scandalo ogni tanto per rimanere sulla cresta delle attenzioni pubbliche. Chiodi, però, è un grande combattente. Infatti, lo studia, fa finta di ascoltarlo, lo conduce per il naso dove vuole, lo abbraccia fraternamente e lo tiene stretto proprio come fanno i pugili sul ring e, al momento opportuno, sferra dei devastanti colpi bassi che mettono in serio pericolo la credibilità del peso Massimo comunale. Nel prendere umilmente atto della diversa classe, abbandona l’obiettivo e concentra l’attenzione sul Vice Commissario, imposto nella struttura della ricostruzione dalla pesante ingerenza dell’Opus. Questi, però, è un grande stratega del ring. Ottimo elemento che incassa facilmente, evitando la bagarre. Schiva agevolmente i colpi, sostituendo la sua sagoma con quella di qualche sprovveduto collaboratore. Accarezza l’avversario e lo avvolge in una stretta mortale come quella di un boa. Decide di lasciar perdere anche questo elemento. Allora pensa di salire sulla “Barca” del nuovo Commissario governativo per cercare di raggiungere la sponda più solida e sicura del Partito. Se la “Barca” approderà ai vertici della segreteria del Partito, anche il Massimo potrebbe sedersi alla sua sinistra. La tempesta politica mossa dai “Renziani” travolge la barca, trascinando a fondo anche gli occupanti. Il primo cittadino si salva, grazie alle correnti di partito, che lo lasciano agonizzante sulla sponda del PD. Con la vecchia guardia sindacale al timone di una segreteria alla deriva pensa di riguadagnare quota e terreno per riproporsi sulla passerella “sismatica”. La tregua dura poco, perché il Massimo e i suo fedele scudiero alla ricostruzione puntano decisamente, uno a piedi e l’atro a cavallo del ronzino, contro il nuovo Commissario con una carica impressionante. Questi, però, da politico navigato, si è sistemato comodamente su una bella piattaforma oscillante e funzionante, del tutto diversa da quelle usa per il Piano Case. Non si accorge neppure delle pesanti testate dei due “caricatori”. Ne ascolta solamente i lamenti e li punisce in maniera esemplare. Li lascia discutere animatamente sulle reciproche responsabilità mentre si leccano le ferite.[/i]

Signore mio, dopo una batosta del genere, appare giusto e opportuno che il Massimo Sindaco abbia potuto osservare un attimo di tranquillità per recuperare le forze e per cercare di riordinare le idee per le successive azioni. Bisogna trovare qualche escamotage per cercare di rendere credibili le molteplici fandonie raccontate fino ad oggi agli aquilani e a tutti gli abitanti dei Comuni del cratere. Signore, non dimenticate che questo è lo stesso Sindaco che ha marciato su Roma, non a piedi ma seduto comodamente sulla macchina blu. È lo stesso che ha chiesto a Tremonti la consegna di soldi sonanti in contanti. È sempre quel “protestante” che ha usato una piccola carriola per portare le innumerevoli pratiche di richiesta dei fondi per la ricostruzione. Poteva essere credibile un’azione del genere? Basta vedere cosa ha portato a casa sulla via del ritorno: poco, o quasi nulla. Adesso, secondo voi, che siete stato sempre al di sopra delle parti, cosa potrebbe avvenire?

[i]Cara figliola, a questo punto necessita giocarsi l’ultima carta. Il momento politico è assai incerto. Il Governo traballa ogni giorno di più. I rottamatori premono alle porte per accaparrarsi le più alte cariche del Partito e del Governo. Appaiono decisamente più forti. Il nostro Don Chisciotte è sempre più convinto che bisogna cavalcare la cresta dell’onda per restare ai vertici dell’attenzione pubblica. Si fa aiutare a rimettersi in sella al suo ronzino, rimette a posto la spada, calza con cura il suo cimiero, impugna con decisione la lancia e comincia a cavalcare velocemente, si fa per dire, verso il nuovo bersaglio da infilzare, atterrare e distruggere definitivamente. Sai qual è, mia cara, il bersaglio di turno? Non potrai mai immaginarlo. È un suo compagno di partito: Enrico Letta, ritenuto responsabile dei mancati finanziamenti per la ricostruzione. Proprio quei finanziamenti che avevano negato in ordine temporale prima Tremonti, poi Berlusconi, poi Monti con la copertura protettiva di Napolitano e, da ultimo Enrico Letta, perché ritenuto succube delle pressioni dello zio Gianni. Hai capito bene?[/i]

Signore, scusate la mia incredulità. Ritengo che le cose stiano leggermente in maniera diversa. Non è affatto vero, come si dice, che il nostro Don Chisciotte sia affetto da daltonismo fino al punto da non distinguere più il colore rosso del suo partito, puntando la lancia sul Presidente del Consiglio. Non è altrettanto vera che possa essere affetto da dualismo vede Enrico a sinistra e Gianni nella destra dominante. Crede, invece, che Enrico possa rappresentare un efficace oppositore all’avvento di Renzi, al cui carro vorrebbe legarsi per non annegare quando i terremotati chiederanno conto delle promesse non mantenute. Per questo pensa di legarsi ai renziani per potersi trasferire nella inespugnabile segreteria del partito, in maniera da mettersi al riparo degli assalti dei cittadini del cratere che vorrebbero farsi giustizia da soli. Una volta si diceva che “lupo non morde lupo”. Oggi, invece, si accusano, si strappano le vesti, si sparano in casa propria solo per la sete di potere e per la passerella. Forse, da tutto questo caos potrebbe venire fuori un po’ di verità, così i cittadini cominceranno a capire da chi sono amministrati. Plauto, con due sole parole, ha definito i millantatori che, nel tempo, sono rimasti invariati: Miles gloriosus”, ossia “Soldato fanfarone”. Tipica caratteristica di chi con enfasi narra un fatto – vedi le invettive lanciate a Berlusconi e Monti per le mancate erogazioni di fondi per la ricostruzione-, o millanta le proprie azioni – vedi le vanesie affermazioni di risultati sempre poco verificabili -. Signore mio, per carità non fatemi assistere ai prossimi gratuiti spettacoli, richiamandomi subito accanto a voi. E così sia.