
di Gioia Chiostri
Leggere innalza l’anima, si sa. Leggere aumenta l’autostima, abbassa l’ignoranza, inorgoglisce il proprio io. Ma esiste al mondo una lettura che sia tipicamente indirizzata alle donne? Oggi che la parola ‘femmina’ ha acquisito un insaziabile bagaglio di significati, e nemmeno tutti edificanti purtroppo, si ha la necessità di incrementare la propria relazione con l’essere donna. Ecco le letture scelte per voi da Huffington Post:
Erica Jong, autrice di “Paura di volare”, secondo la critica, un «libro rivoluzionario pubblicato quarant’anni fa che invitava le donne a godere a pieno della loro sessualità, molto prima di “Sex and the City”». Un romanzo oggi diventato un classico, che incoraggia le donne a godersi pienamente e a esaltare la propria sessualità. Per quei tempi, il libro fu considerato oltre che audace, anche ribelle: un testo che molti considererebbero fondamentale ai fini di una letteratura femminile. A monte c’è la decisione della protagonista di farsi carico del proprio spirito, del proprio corpo e della propria libertà.
Doris Lessing, “Il taccuino d’oro”. Il libro racconta del tentativo di una donna, la scrittrice Anna Wulf, di registrare in un diario tutti gli eventi della sua vita (la sua infanzia, la sua esperienza politica come membro del Partito Comunista, i suoi amanti, la sua vita emotiva). A differenza dei libri popolari negli anni Sessanta, che raccontavano di ‘casalinghe pazze’, quel libro ha avuto il merito di far parlare tanto l’intelligenza quanto il corpo di una donna, per mostrare la gioia della fisicità.
Mary McCarthy, “Ricordi di un’educazione cattolica”. La lettura s’immerge nell’infanzia idilliaca di Mary McCarthy, spezzata dalla morte dei suoi genitori. Mary McCarthy rimase orfana a causa di un’epidemia influenzale che scoppiò dopo la Prima guerra mondiale: entrambi i suoi genitori morirono. Lei crebbe con i nonni a Seattle. Nel libro racconta quel che accadde realmente, per poi scrivere ciò che sarebbe potuto succedere. Porta il genere delle memorie a un altro livello e sa trasmettere una scarica di adrenalina. Fa sì che ci si chieda: «qual è stato il punto di svolta della mia vita, quello in cui la mia storia è davvero cominciata?».
Edna O’Brien, la trilogia “The Country Girls”, che comprende “Ragazze di campagna”, “La ragazza sola”, anche tradotto come “La ragazza dagli verdi”, e “Ragazze nella felicità coniugale”. Il libro narra del percorso di crescita di due ragazze cattoliche in Irlanda. La scrittrice è una donna, un’amante, una figlia, una madre, e cerca di tenere tutti questi aspetti insieme nel suo lavoro. Pochissime autrici lo facevano negli anni Sessanta. Preferivano scrivere adottando il punto di vista di un personaggio maschile, perché sapevano che altrimenti non sarebbero state prese sul serio. Ma, come dice Edna O’Brien, «sono una madre, e i miei figli mi hanno dato gioia. Sono un’amante, e gli uomini mi hanno spezzato il cuore. Ma mi hanno dato anche gioia».
Sylvia Plath, “La campana di vetro”: storia di una donna che, perseguendo il suo sogno di diventare editor di un’importante rivista, è vittima di un esaurimento nervoso. Perché è di ispirazione? Perché Sylvia Plath ha reso possibile a noi donne confrontarci con la nostra rabbia e dichiararla apertamente, farne letteratura.
Anaïs Nin, “Diario”. La storia racconta il risveglio sessuale di una donna a Parigi. Nell’eroina, si vede l’esempio di una donna che si assume la piena responsabilità della propria sessualità. È stato simbolo di una grande femminista e una grande amante.
Infine, Charlotte Brontë, con “Jane Eyre”. Il libro racconta di una giovane donna che va a lavorare come governante in una tenuta di campagna inglese e si innamora del misterioso padrone di casa. La protagonista è semplice e schietta, ma anche intelligente. Jane è una donna che dice quel che pensa – non mente per compiacere la società o per piacere agli uomini. Ed è questo l’insegnamento che tutte dovrebbero partorire dentro sé stesse: avere la libertà di sbagliare, la libertà di vivere appieno la propria sessualità e capire che è la società a doversi adeguare ad una più corposa presenza femminile e non il contrario.