L’Aquila de ‘na ‘ote

22 novembre 2013 | 11:30
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L’Aquila de ‘na ‘ote

di Fulgenzio Ciccozzi*

Quando via Strinella era un percorso alberato e il Torrione una distesa di campi, “Aquila” si ergeva sul colle, chiusa tra le sue mura, costellata di antichi palazzi, chiese medioevali, piazze e vicoli animati dalla dignitosa operosità dei suoi abitanti, ma svilita da un’Italia appena nata, che evidentemente non riponeva su questa terra grandi progetti.

Percorrendo il tempo a ritroso, come nel film [i]Midnight in Paris[/i], mi sono ritrovato d’incanto nell’Aquila de ‘na ‘ote. In questo caso non sono le luminarie che schiarivano [i]les rues de Paris[/i] ad accompagnarmi, ma le cime dei monti che fanno da sfondo alla cittadina abruzzese.

Le immagini, colte da illustrazioni acrome dell’epoca, d’un tratto si colorano e prendono vita. Proviamo dunque a entrare in quel mondo e iniziamo il nostro cammino affacciandoci nelle taverne e nelle piazze, dove i popolani davano vita a un eloquio che non era particolarmente gradito “all’élite” aristocratica dell’epoca; mentre le lavandaie, infagottate con larghi e articolati vestiti, strizzavano i panni lavati nelle fonti rionali.

I dipinti del Monet sembravano materializzarsi attraverso le eleganti figure femminili che uscivano dalle chiese dopo la funzione domenicale, addobbate con cappelli piumati a larghe falde e munite di graziosi ombrelli che tenevano abitualmente chiusi. Nei giorni festivi, e nelle ore pomeridiane, distinti avventori con le bombette calcate sul capo, erano soliti sedersi accanto ai locali adombrati dalle coperture velate dei portici, composte da motivi architettonici che insieme a pendenti luminarie si ripetevano lungo il tratto del loggiato. Accanto ai colonnati e alle porte civiche, i ragazzi, con berretti calati sul viso e i pantaloni alla zuava, si lasciavano riprendere dai primi fotoreporter che imprimevano su lastre fotografiche gli sguardi goliardici della gioventù aquilana.

In città, pittoresche insegne pubblicizzavano lo stabilimento artistico a luce artificiale dei fratelli Agamben, con sede a piazza Regina Margherita, e lo studio fotografico di Igino Carli, ubicato al numero civico 36 di via San Bernardino.

In questo composito contesto urbano, le carrozze trainate dai cavalli cominciavano a lasciare spazio alle prime automobili che, insieme ai filobus, “sfrecciavano” per le strade polverose della città.

Il periodo romantico dell’Ottocento aveva appena ceduto il passo al nuovo secolo che, più di ogni altro, avrebbe messo in evidenza le contraddizioni dell’animo umano. Di lì a qualche anno, le idee socialiste e popolari si sarebbero scontrate con altre ideologie che avrebbero influenzato la società aquilana negli anni a venire. Una società che tentava di riprendersi da una dolorosa guerra e da un terremoto che l’aveva fortemente segnata: le travi di legno che si contrapponevano alle mura dei palazzi e i baraccamenti sorti negli slarghi principali ne erano stati una triste testimonianza.

Sul finire degli anni Venti, come a volersi riscattare da un periodo forzatamente interrotto dagli eventi di cui sopra, sembrava ancora persistere l’atmosfera suggestiva della Belle Epoque, che il locale delle Tre Marie e la sala Baiocco emanavano attraverso le frequentazioni della borghesia aquilana. Luoghi d’incontro dove si respiravano sapori e aromi particolari che accompagnavano la dialettica degli intellettuali e degli artisti abruzzesi.

La grandezza di una città si evince, oltre che dai suoi monumenti, anche dai luoghi più o meno comuni animati dalla poliedrica popolazione comitale e cittadina. Questi spazi non sono stati altro che lo specchio di epoche che hanno forgiato, nella buona e nella cattiva sorte, l’identità socioculturale e urbana del capoluogo abruzzese sino a culminare, in questo caso, con l’esigenza politica dell’epoca di voler modificare il nome della città (Aquila degli Abruzzi – L’Aquila) per conferirle una veste aristocratica.

L’aquilanità è frutto degli accadimenti che si sono susseguiti nei secoli: vicende economiche, politiche e sociali che contribuirono allo sviluppo delle arti, dei mestieri e delle professioni. Attività che nel tempo hanno reso la città unica e imperdibile.

*lettore

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