La battaglia dell’uomo per l’animale: storie

di Gioia Chiostri
Giulia Benetti è una ragazza diciannovenne con un grande, intenso amore per tutti gli animali. Questo dettaglio, in realtà, accomuna un po’ tutta la ‘razza’ umana in quanto chi non vorrebbe ergersi a paladino degli amici a 4 zampe? Ma il difficile, il nocciolo duro della lotta alle cattive abitudini umane, s’annida proprio nella persistenza e costanza. «Non penso sia facile definire il momento in cui ho deciso di mettermi in gioco e di ‘darmi da fare’ – spiega la ragazza – non esistono vocazioni o segni mistici che ti indicano la strada, lo capisci e basta. Ad un certo punto, semplicemente, apri gli occhi e ti rendi conto che il mondo non gira come vorresti, e che non puoi certo aspettare che cambi da sé».
Giulia porta avanti il progetto Stop Vivisection Italia, «senza dubbio – afferma – l’iniziativa più popolare al momento, volta ad eliminare la sperimentazione animale a favore di una scienza più etica e utile per tutti. E’ inutile sottolineare le evidenti differenze che intercorrono tra gli animali utilizzati negli stabulari, come cani, gatti, topi, scimmie e gli uomini a cui gli stessi esperimenti sono indirizzati. La sperimentazione, sviluppatasi maggiormente intorno alla seconda metà dell’Ottocento, si è protratta sino ad oggi, comportando la sofferenza e la morte di innumerevoli animali. Non tutti sanno, però, che la sperimentazione rende “cavie” anche noi umani. Infatti, proprio gli evidenti divari genetici tra specie rendono ogni risultato vago e non certo, fino al monitoraggio della reazione che ha sul malato».
«E’ mai possibile, mi chiedo, che nel 2013 – continua – non si sia ancora sviluppato un metodo sostitutivo che renda possibile eliminare questo capitolo degli ‘animali/buo’i della storia della scienza contemporanea? I cosiddetti “lab-on-a-chip” (gli strumenti che permettono la coltivazione di cellule umane riprodotte artificialmente) sono stati sviluppati da tempo, senza però beneficiare di sovvenzioni e finanziamenti. Perché? Provate ad immaginare i veri e lucrosi affari che contornano la faccenda: gli addetti al “benessere animale” – come si è azzardato a definire un sostenitore della SA – ossia i proprietari degli allevamenti che sfornano creature da immolare quasi ininterrottamente e le compagnie aeree che li trasportano verso la fine. La risposta è lì, brutale ed ovvia. I cittadini europei hanno espresso la loro volontà di cancellare per sempre questo massacro. Ora siamo nelle mani del Parlamento Europeo».
I retroscena sono innervati di brutture. Purtroppo gli animalisti portano avanti la loro battaglia cospargendola di sudore, ma la voce è ancora molto debole. Spiega la ragazza: «sono moltissime le associazioni animaliste che si prefiggono come scopo quello di aiutare più animali possibili, cercando di far passare l’idea che non si tratta solo di bestie o esseri a noi inferiori, ma di vite. La sofferenza è la stessa. Per tutti. Sapete qual è l’unica nota discordante in questo grande progetto? I membri di questi gruppi sono umani, e come tali non sono capaci di scindere la loro parte più contaminata, se così possiamo dire, dall’obiettivo principale, mettendo in campo anche idee personali e politiche, che, inevitabilmente, portano a conflitti a perdita d’occhio. La vera, inevitabile battaglia – afferma – è quella da combattere contro questo dilagante antropocentrismo, che ci viene inculcato fin dalla giovane età e che ci fa credere i padroni del mondo».
Una delle ultime battaglie che Giulia Benetti ha deciso di sposare, come molti altri gruppi animalisti, è quella di vietare l’uso dei fuochi d’artificio o botti durante le festività natalizie, conditio sine qua non per molti italiani. «Per quanto mi riguarda trovo che anche i famosi “botti” delle festività siano da considerarsi maltrattamento. Cani e gatti possiedono un apparato uditivo finissimo ed estremamente sviluppato, che viene sollecitato anche dal più piccolo rumore. Lo scoppio di un petardo equivale per loro ad una fonte di stress senza paragoni, così come i tuoni durante un temporale. La mia stessa cagnolina, proprio a causa di un gruppetto di ragazzini che le ha fatto esplodere vicino un paio di botti, ha sviluppato un vero e proprio terrore per tutti i bambini».
Sara Locchi, originaria di Perugia ma acquisita teramana per il suo percorso di studi (veterinaria), conferma l’allerta: «I botti di Capodanno fanno così tanta paura perché gli animali non riescono a collegare un rumore così forte, improvviso e ripetuto a qualcosa di “materiale”, a una fonte che possano riconoscere. Questo probabilmente li manda in confusione, perché non sanno cosa fare per evitare di sentire nuovamente quel suono, e di conseguenza cercano di nascondersi in luoghi chiusi che possano in qualche modo proteggerli. La cosa migliore sarebbe tenerli la sera di Capodanno chiusi in casa o, in alternativa in un posto sicuro, come una cantina per evitare che scappi».