Come la sharing economy ci cambia

26 novembre 2013 | 10:46
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Come la sharing economy ci cambia

Baratto, noleggio, donazione, prestito, coabitazione, co-lavoro, nuovi modelli, spesso anche micro, basati sulla condivisione di beni, servizi, informazioni e competenze. Anche in Italia, sull’onda della crisi, l’economia collaborativa è diventata un fenomeno. C’è un cambiamento strutturale in atto, il cittadino rispetto al passato è sempre più consapevole delle opportunità offerte da modi che privilegiano l’accesso al bene piuttosto che la proprietà. Non è una moda passeggera ma una tradizione antica recuperata.

La [i]sharing economy[/i] sta cambiando la cultura del consumo e della produzione. Sposta il confine tra pubblico e privato ed è nei fatti l’aspetto bello, costruttivo della crisi economica, e in un momento di stallo dei consumi rappresenta nel suo essere reazione, un piccolo motore economico, più concreto delle ‘ripresine’ annunciate dalla politica.

Il fenomeno è vario e, come molte cose che accadono da alcuni anni a questa parte, senza una direzione unica, piuttosto un seme di cooperazione diffuso con varie modalità, avendo tutte per volano le opportunità del web. In sostanza è il ‘[i]social[/i]’ riportato su un piano economico. Le parole che contano nel fenomeno sono varie: “[i]sharing[/i]”, la condivisione in senso stretto, “[i]swapping[/i]” cioè il baratto, lo scambio di beni visto come nuova forma commerciale; e poi vi è il [i]crowding[/i], dall’inglese “[i]crowd[/i]” folla, che è la pratica dove più persone si uniscono per creare un servizio o un prodotto, tramite idee creative in caso di [i]crowdsourcing[/i] o tramite risorse economiche in caso di [i]crowdfunding[/i].

Complice la facilità di interazione offerta dalle nuove piattaforme digitali, le start-up che propongono servizi collaborativi stanno crescendo a ritmo sostenuto in tutto il mondo e negli ultimi anni si sono affaciate anche in Italia. L’economia collaborativa ha un mercato che nel 2012 in crescita negli USA e in UK pari al 1,3% del PIL che salirà al 15% entro 5 anni secondo le stime di collaborativeconsumption.org nello studio “[i]The people who share[/i]”. Lo studio rivela anche che il 64% degli adulti britannici pari a 32,5 milioni di persone ha dichiarato di prendere parte all’economia della collaborazione in maniera attiva. Negli Stati Uniti il 52% dei cittadini ha affittato o prestato i propri beni negli ultimi due anni e l’83% ha detto che farebbe altrettanto se fosse più facile . In Italia il fenomeno cresce a ritmo sostenuto. Le piattaforme che offrono servizi collaborativi in Italia sono ad oggi più di 120, a cui se ne aggiungono 40 di [i]crowdfunding[/i] e almeno 100 [i]coworking[/i]. Si può passare infatti da beni materiali come la macchina fotografica, la bicicletta, il telefono a spazi come la casa ([i]co-housing[/i]), una stanza o luoghi di lavoro; ci sono servizi collaborativi dove si scambiano idee, tempo, competenze e alcune volte anche denaro.

Gli esempi sono svariati da [i]Warmshowers[/i], che offre ospitalità gratuita ai cicloturisti a [i]GuestToGuest[/i] per scambiare gratuitamente casa. Poi c’è il mondo creativo e [i]co-working[/i] di The Hub, una rete di spazi fisici dove imprenditori, creativi e professionisti possono accedere a risorse, lasciarsi ispirare dal lavoro di altri, condividere idee innovative, sviluppare relazioni utili e individuare opportunità di mercato. E’ una società di capitali indipendente dedicata alla [i]social innovation[/i], un mondo neppure tanto utopistico di ‘[i]changemakers[/i]’, persone che vogliono cambiare il mondo attraverso progetti nuovi. Fare un giro nella sede di Milano o in quella di Roma a San Lorenzo che proprio tra qualche giorno compie il suo primo anno di vita è rigenerante e non solo per i giovani appena usciti da scuole superiori o università ma anche per chi vuole ripartire. Nato nel 2005 in Gran Bretagna The Hub in Italia è anche in Trentino, in Sicilia, a Trieste, Bari e Firenze.

April Rinne, uno dei massimi esperti internazionali di economia collaborativa sarà l’ospite d’onore il 29 di Sharitaly a Milano che farà il punto di questo fenomeno per la prima volta in Italia. Curato da [i]Collaboriamo.org[/i] di Marta Mainieri (autrice di Collaboriamo! Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere meglio in tempo di crisi edito nel 2013 (Hoepli)), con il supporto scientifico e organizzativo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e della Fondazione Eni Enrico Mattei , che ospiteranno l’evento e il patrocinio di Asseprim, Sharitaly è anche un esperimento di “evento collaborativo”: i principali servizi del settore attivi in Italia sostengono l’evento offrendo sconti attraverso una campagna di [i]crowdfunding[/i] lanciata su [i]Starteed.com[/i]. come Reoose, BlaBlaCar, AirBnB, Uber, Sailsquare, LocLoc, Gnammo.

Sconti in cambio di donazioni per Sharitaly anche dagli spazi [i]co-working[/i] dell’Impact Hub Milano e Toolbox a Torino, mentre Collaboriamo e Smartika offrono mini corsi di formazione e la piattaforma Starteed agevola chi vuole pubblicare un progetto. Timerepublik ha sostenuto l’iniziativa con un donazione. Nella giornata di convegno ModaCult dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Duepuntozero DOXA e IBM tracceranno il quadro aggiornato dell’economia collaborativa italiana presentando la mappatura delle esperienze.

[i]Fonte: Ansa, articolo di Alessandra Magliaro[/i]