
La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado a Francesco Tuccia, il giovane campano, ex militare all’epoca dei fatti di stanza a L’Aquila, accusato dello stupro ai danni di una studentessa universitaria laziale.
Nei confronti dell’imputato, che era stato condannato il 31 gennaio scorso dal Tribunale dell’Aquila, il pg Ettore Picardi aveva chiesto la pena a 11 anni di reclusione, di cu 7 per violenza sessuale e 4 per le lesioni personali. Lesioni che per la Corte d’Appello, pur riconoscendo all’imputato l’aggravante della crudeltà, le ha ritenute colpose.
I legali di Tuccia avevano chiesto l’assoluzione o, in subordine una ulteriorte perizia sulla vittima, presente stamani in aula dove c’era anche l’ex militare.
«Abbiamo mantenuto la pena così com’era», ha detto il giudice Manfredi, uno dei componenti del collegio d’appello. In aula presente come parte civile il Centro antiviolenza. Il pm David Mancini nel processo di primo grado chiese la condanna a 14 anni di reclusione contestando al giovane anche il reato di tentato omicidio ma il Tribunale non fu di questa opinione.
All’ex militare fu applicata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena. La ragazza fu stuprata «con inaudita violenza – come ricostruito in aula dall’accusa – e abbandonata dietro a un cumulo di neve fuori la discoteca. In quel momento la temperatura era di diversi gradi sotto lo zero. A salvarla (la studentessa sarebbe potuta morire dissanguata e per il freddo) furono gli addetti alla sicurezza del locale che avvertirono il personale del 118 e bloccarono il giovane che, precedentemente, si era intrattenuto con la giovane nella discoteca dove avevano avuto un primo approccio.
Tuccia fu arrestato dai carabinieri una decina di giorni dopo il fatto. Tre mesi e mezzo dopo ottenne i domiciliari, cosa che destò malumore tra le rappresentanti del Centro antiviolenza, poi la concessione del permesso di lavoro con la possibilità di uscire dalla cella dalle 9 alle 13. Il processo di primo grado si svolse a porte chiuse, a differenza di quello odierno, su decisione del collegio per via dei temi scabrosi oggetto del procedimento penale.