
di Claudia Giannone
Inizia il processo d’Appello per Francesco Tuccia, ex militare, accusato dello stupro di Pizzoli. Il primo a parlare dinanzi alla Corte d’Appello dell’Aquila è il procuratore generale Ettore Picardi. «Non vi è dubbio su tutta la premessa – ha detto – Non possiamo ignorare la brutalità della pratica sessuale. Vedendo quelle modalità, non è possibile banalizzare, sarebbe un atteggiamento incoerente. Io ritengo che il fatto non può che essere quello riconosciuto».
{{*ExtraImg_175992_ArtImgRight_300x192_}}«Nell’atto – ha aggiunto il pg – c’è stata una particolare carica di violenza, un’estrema crudeltà in un solo istante. E questa crudeltà si dimostra non solo nella pratica, ma nell’abbandono della vittima. A vantaggio dell’imputato va solo la sua giovane età, ma il tutto è vanificato dal contesto. Si dimostra così non solo il disprezzo nei confronti del corpo femminile, ma nei confronti della vita altrui. Ad aggravare il tutto, anche il suo tentativo di far ricadere la responsabilità su altri». Il procuratore generale ha concluso richiedendo non solo la conferma della pena stabilita in primo grado – otto anni di reclusione – ma un aumento della stessa: «Chiedo undici anni di reclusione per l’imputato: sette per l’articolo 609 bis e quattro per le lesioni».
{{*ExtraImg_175989_ArtImgRight_300x192_}}Per la parte civile, a prendere la parola è l’avvocato Gallinari. «Bisogna analizzare le circostanze del gravissimo reato – ha detto – Il momento che mi ha fatto capire molte cose, in primo grado, è stato quello in cui ho chiesto all’imputato se gli interessasse cosa stesse dicendo la ragazza in quel momento. Lui mi ha risposto di no. Si delinea il suo carattere. Si è parlato di un “deserto di sentimenti”, quindi sono dell’opinione che non ci sia motivo di clemenza». «Credo che l’imputato – ha aggiunto – sia stato anche fortunato. Dopo tre mesi, era già stato deciso per gli arresti domiciliari. C’è stata anche la rinuncia a sentire i compagni del Tuccia».
Di tutt’altro parere è l’avvocato difensore Valentini. «La sentenza è asfittica – ha sottolineato – È partita già da un dato di fatto: dalle lesioni, si è arrivati alla violenza. Ma come si sa, ci può essere violenza senza lesione, come ci può essere lesione senza violenza. La cosa che manca in questo caso e che è fondamentale in un processo è la dimostrazione degli atti. Non c’è la testimonianza della parte offesa. Il ricordo non c’è davvero, o si tratta di un nessuno ricordo fittizio?»
«Possiamo parlare di qualunque tipo di dolo. La realtà – ha aggiunto l’avvocato della difesa – è che la pratica gli è deflagrata in mano. Il Tuccia è arrivato sprovvisto di avvocati, dopo questa situazione, mentre la parte offesa già dal giorno dopo era stata affiancata dai suoi difensori». «C’è un’aggressione mediatica inimmaginabile nei confronti del Tuccia – ha concluso il legale – Ma nessuno ha mai parlato di violenza, di pratica sessuale. Chiediamo le perizie».