
«Si prende spunto da quanto apparso sugli organi di stampa locali di alcuni giorni fa, di una presunta, ipotetica, ancora tutto al vaglio della magistratura, notizia, che atleti debbano pagare per poter svolgere lo sport che amano a livello professionistico. La riflessione che mi viene, visto che nessuno è intervenuto nel merito in senso generale, è che, come diceva il grande Nelson Mandela, scomparso in questi giorni, “lo sport può cambiare il mondo”. Non vorrei che in Italia, e in questi giorni nella nostra martoriata città, questa frase venisse cambiata: “il mondo che cambia lo sport”. Non vorrei ancora che quanto uscito fuori fosse solo la punta di un iceberg di ben più ampie proporzioni». E’ quanto si legge in una nota firmata dal presidente del Cus L’Aquila, Francesco Bizzarri.
«Già in passato – prosegue la nota – società professionistiche italiane sono state interessate dalla magistratura nell’ambito del mercato umano di giovani atleti di colore, questo modo di trattare l’essere umano come merce senza nessun valore non solo è diseducativo per i giovani atleti, ma spesso costringe le famiglie che non se lo possono permettere a dei sacrifici immensi illudendo loro e i loro figli su presunti ingaggi o potenzialità dei medesimi figli. Mi auguro, e lo ribadisco di nuovo, perché questa nostra città non lo merita dopo tutto quello che stiamo passando dal terremoto ad oggi, che il tutto sia un inconsapevole incomprensione tra persone corrette, oneste ed eticamente e sportivamente sane.
Lo sport, quello sano, dei bambini, adolescenti ha uno scopo, oltre quello atletico-sportivo: educarli, educarli al rispetto dell’avversario, a rispettare il proprio corpo (no doping), ad aiutare il compagno meno atletico (no bullismo), ma soprattutto ad educarli che la meta, nello sport, si conquista sudando e non travalicando gli altri con l’aiuto del Dio quattrino».