
Il giudizio del Comitato scientifico è contenuto nella relazione tecnica e nella nota di accompagnamento per il ministro della Salute, lavoro ultimato alla fine di settembre.
La relazione non è stata finora mai divulgata. La metodica fornita, afferma il Comitato, «riguarda la semplice messa in coltura di cellule di origine midollare, che sarebbero poi iniettate come tali sia per via endovenosa che endorachidea (iniezioni di farmaci nella colonna vertebrale, ndr), e pertanto oltre a non presentare alcun carattere di originalità risulta incoerente con il presupposto stesso del metodo».
Riferendosi alla descrizione del metodo, nella relazione il Comitato rileva «la mancanza della parte riguardante il differenziamento in senso neuronale delle cellule».
Tale fase, sottolinea, «viene invece richiamata nei protocolli di sperimentazione clinica presentati da Stamina come elemento fondante del metodo e base razionale della sua efficacia. La mancanza della fase di differenziamento in senso neuronale fa quindi di fatto cadere il razionale che Stamina stessa propone nei propri protocolli clinici».
Il Comitato sottolinea, inoltre, nella relazione tecnica e nella nota di accompagnamento al ministro della Salute, che «manca l’indicazione di un piano di identificazione, screening e testing di donatori allogenici e questo esclude tra l’altro la verifica del rischio di malattie da agenti trasmissibili. In assenza di tali controlli, l’impiego di cellule da donatore potrebbe rappresentare un rischio per i pazienti».
«E’ stato osservato – si legge nei documenti – che data l’origine del materiale di partenza (carotaggio osseo), la cui triturazione genera frammenti e detriti ossei, la popolazione cellulare risultante è necessariamente una popolazione altamente eterogenea, arricchita in cellule ossee mature rispetto a quanto ottenibile ad esempio utilizzando aspirati di midollo. Non essendo prevista la filtrazione delle sospensioni ottenute – conclude il Comitato – questo tipo di preparazione potrebbe determinare l’iniezione di materiale di origine ossea a livello del sistema nervoso».
Nel metodo Stamina, poi, il «numero di cellule da iniettare (cioè la dose) non appare giustificato da dati sperimentali e comunque risulta molto inferiore rispetto a quello che, sulla base della letteratura, viene ritenuto necessario per produrre un effetto biologico».
Manca, si legge nel documento, «una definizione biologica del prodotto».
«Le cellule da iniettare – si legge nella relazione del Comitato – non sono identificate in maniera corretta e non viene presentato nessun saggio che ne dimostri le proprietà biologiche. Inoltre manca un’adeguata caratterizzazione ed i pochi controlli di qualità effettuati sul prodotto non permettono di determinare le caratteristiche della popolazione cellulare». Ciò, conclude il Comitato, «rappresenta un problema non solo in termini di efficacia (…) ma anche in termini di sicurezza. In aggiunta ai rischi legati alla possibile contaminazione delle cellule e alla possibile iniezione intrarachidea di materiale osseo, non potendo comprendere le caratteristiche e quindi le potenzialità fisiologiche della popolazione cellulare ottenuta, risulta impossibile stabilirne il profilo di sicurezza».