Porta Barete, un’occasione da non perdere

4 gennaio 2014 | 11:25
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Porta Barete, un’occasione  da non perdere

di Marcello Spimpolo

«Quella che vedete nelle foto è Porta Barete, la porta d’ingresso principale della Cittá dell’Aquila».

No, purtroppo non é così. Quella ritratta è Porta Ovile, si trova a Siena ed è qualcosa di molto simile a quello che doveva essere, e che potrebbe tornare ad essere, Porta Barete all’Aquila.

Facendo un viaggio in terra toscana, si ha l’opportunità di fare un salto indietro verso quello che deve essere stato il passato architettonico anche della nostra città.

Visitando molte città toscane, infatti, ci si può rendere conto di come, purtroppo, siano state tante le occasioni perse negli anni dalle varie amministrazioni e classi politiche che hanno governato L’Aquila che non sono state in grado, o peggio, non hanno proprio pensato di tramandare ai posteri una parte del patrimonio artistico che ci avevano lasciato in eredità gli aquilani del passato.

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Vedere città come Siena, ma anche cittadine più piccole come San Gimignano o borghi come Monteriggioni, che conservano pressoché intatte le loro cinte murarie; che le hanno valorizzate con camminamenti esterni per i turisti; che le hanno rispettate all’interno del borgo, nella gestione della costruzione di nuovi palazzi; non può che aumentare la rabbia di un cittadino aquilano per come sono state, invece, gestite le mura dell’Aquila.

Gestite? Magari!
Diciamo, piuttosto, abbandonate a sé stesse, con Porte murate o coperte dalla vegetazione, o violate da costruzioni imponenti che ne hanno oscurato la bellezza.

In qualche caso poi (come il tratto sul Viale che porta alla stazione) i restauri fatti col cemento invece che con la pietra hanno fatto sì che il terremoto del 6 aprile le danneggiasse ancora più facilmente.

Ecco, il terremoto, tra le tante cose orribili che ci ha portato, i lutti, la diaspora dei sopravvissuti, una città in ginocchio economicamente, ci sta dando però un’occasione di miglioramento. Perché se è giusto e bello il “com’era, dov’era” è doveroso il “meglio di com’era“.

E se per le case questo significa ricostruirle in maniera migliore, antisismiche e più sicure, per il patrimonio artistico e monumentale significa valorizzare quello che finora non lo è stato, cercando di rimediare agli errori del passato.

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In questo senso la battaglia “civica” avviata per il recupero di Porta Barete e delle mura storiche
da gruppi di cittadini come quelli di “Jemo ‘nnanzi” e “”Panta Rei” , forti dei pareri di importanti storici come Monsignor Antonini ed il Professor Clementi;
da importanti associazioni come l’Archeoclub L’Aquila, Italia Nostra e Lega Ambiente-Beni Culturali e, non ultimi, da 39 professori universitari che hanno aderito al progetto, ha fatto si che si aprisse un dibattito in città e che per una volta l’Amministrazione Comunale si sedesse intorno ad un tavolo con gli aquilani per sentire i loro pareri e le loro idee sulla questione.

È un fatto nuovo di cui bisogna dare atto, fermo restando che si vedrà solo nel prossimo futuro se questa volontà di ascolto si trasformerà in una reale volontà politico-amministrativa.

Da parte nostra pensiamo e crediamo che il recupero di Porta Barete e delle mura sia un’occasione da non perdere, non solo per migliorare l’offerta turistica dell’Aquila ma anche perché se, come spesso è accaduto in questa città, gli interessi particolari avranno la meglio su quelli generali, sarà poi impossibile proporre nel corso dell’auspicata ricostruzione una qualsivoglia variazione migliorativa dell’esistente, avendo creato un pesante precedente di conservazione dello “status quo”.