
«Le vicende in esame descrivono, da un lato, le illecite condotte di un imprenditore veneto, amministratore di una società per azioni, che comunque intendeva procacciare in modo illegale commesse per l’azienda, dall’altro, le condotte di amministratori pubblici aquilani e di loro sodali che hanno approfittato della situazione emergenziale per porre in essere condotte corruttive».
È la fotografia data dal giudice per le indagini preliminari del tribunale dell’Aquila Giuseppe Romano Gargarella, nell’ordinanza di 73 pagine con cui emette i quattro arresti ai domiciliari e le altre quattro denunce nell’ambito della nuova inchiesta sulle tangenti nella ricostruzione post-terremoto.
«Senza retorica, la premessa dell’indagine si fonda su due pilastri: il primo è la catastrofe naturale che il 6 aprile 2009 provocò 308 morti, circa 1.600 feriti di cui 200 in gravissime condizioni e oltre 65 mila sfollati, nonché la devastazione del patrimonio immobiliare ricompreso nell’area del cosiddetto ‘cratere’ – si legge ancora nell’ordinanza – Il secondo è l’azione illecita continuata di taluni soggetti, imprenditori e politici, che hanno colto nell’immediato di realizzare profitti personali illeciti».
Nel documento del gip emergono riscontri da intercettazioni telefoniche ma soprattutto dalle dichiarazioni di uno degli indagati, l’imprenditore Giuseppe Lago, titolare della Steda Srl, che ha vuotato il sacco con gli inquirenti. L’uomo ha fornito circostanze molto precise, ritenute attendibili dagli investigatori, assieme a Marcon, che hanno circostanziato le dazioni e le consulenze. Dalle carte emerge anche come gli arrestati ai domiciliari Daniela Sibilla, Vladimiro Placidi e Pierluigi Tancredi fossero legati a doppio filo.