
di Fulgo Graziosi
Non ci dobbiamo meravigliare di ciò che è accaduto in questi giorni. Era già nell’aria da tempo. Se ne parlava sommessamente in alcuni capannelli composti da gente del mestiere. Ma, come avete visto, l’Amministrazione Comunale non si è scomposta più di tanto, neppure dopo le spontanee proteste dei cittadini sotto la sede civica.
Se qualcuno andava alla ricerca di notorietà, l’ha ottenuta facilmente in maniera gratuita, ma a totale carico della cittadinanza aquilana, già tanto martoriata dal terremoto e dalle conseguenze socio economiche create dallo stesso.
Centinaia di volte abbiamo sentito ripetere lo stesso ritornello: “[i]dobbiamo fare in modo che non si spengano i riflettori sulla città[/i]”. Abbiamo anche ascoltato che sarebbe stato sempre necessario mostrare denti e pugni per ottenere i finanziamenti necessari per la ricostruzione. Abbiamo sempre assistito all’attribuzione delle responsabilità a Tizio, Caio o Sempronio per i mancati accoglimenti di istanze sbagliate, incomplete e non conformi alle disposizioni di legge. Non abbiamo sentito, neppure una sola volta, che l’Amministrazione Comunale abbia ammesso di aver commesso un qualsiasi errore, neppure banale. La colpa è stata sempre degli altri, dei disfattisti, dei persecutori.
Questa volta a chi deve essere attribuita la colpa di questo terrificante sisma amministrativo e politico? Speriamo che qualcuno si degni di spiegarlo non solo agli aquilani, ma agli abruzzesi, agli italiani ed ai cittadini del mondo intero.
Qualcuno, forse, si era accorto che i riflettori delle attenzioni nazionali e internazionali si erano spenti e, così, ha pensato bene di riaccenderli. Sarebbe stato molto meglio che fossero stati offuscati totalmente, visto che le luci non hanno illuminato corretti processi di ricostruzione. Non hanno illuminato l’alacre impegno produttivo della massima istituzione cittadina. La Procura e l’Autorità Giudiziaria hanno, invece, portato alla luce possibili esempi di scarsa correttezza, accordi trasversali, scambi commerciali ed altre forme di corruttela che saranno chiarite nel corso del procedimento legale in atto.
Secondo alcune fonti ben informate l’azione giudiziaria denominata “do ut des” potrebbe essere la piattaforma di decollo di una inchiesta a più ampio raggio, visto che i lavori di messa in sicurezza di fabbricati ammontano a diversi milioni di euro che, con un po’ di lungimiranza e correttezza, avrebbero potuto essere impiegati in maniera più corretta e produttiva ai fini della vera ricostruzione. Il tempo, forse, darà ragione a quei cittadini che perseguono questa corrente di pensiero.
La pubblica opinione, nazionale e internazionale, ha ammirato, inizialmente, il coraggio, la volontà e, soprattutto, la dignità degli aquilani che, in silenzio, avevano cominciato a rimboccarsi le maniche per cercare di salvare il salvabile ed onorare la memoria delle vittime del terremoto. Nel corso del tempo, però, questo giudizio positivo è stato letteralmente cambiato a causa di un atteggiamento poco corretto espresso dall’Amministrazione Comunale nei confronti di tutte le Istituzioni locali e nazionali, anche verso quelle appartenenti alla stessa corrente politica della maggioranza municipale.
Dopo questo ennesimo scandalo, a quale porta andrà a bussare il Comune dell’Aquila per chiedere maggiori attenzioni e finanziamenti a favore di una cittadinanza martoriata dagli eventi e tradita da coloro che avrebbero dovuto avere il dovere e l’obbligo di curare gli interessi delle persone danneggiate dal terremoto? Alla porta di Enrico Letta, che hanno definito un incapace? A quella di Matteo Renzi, che sta alzando tanta polvere solamente per ottenere la riforma elettorale che gli consenta di ottenere la candidatura alla Presidenza del Consiglio? A quella di Berlusconi, che è stato cacciato a pedate dagli Amministratori aquilani? A quella del Presidente della Repubblica, al quale il Sindaco aveva riconsegnato la “fascia” ammainando il tricolore dagli edifici pubblici comunali? Queste erano e sono ancora le qualità negative che i cittadini del mondo ci riconoscono.
Inoltre, l’Unione Europea non è stata certamente tenera nei confronti della civica Amministrazione e, di conseguenza, dei cittadini aquilani che non meritano questi appellativi. Lo stesso Governo nazionale ci ha definito “piagnoni” e “scorretti”. Non abbiamo saputo neppure chiedere. Abbiamo solamente preteso, battendo i pugni sui tavoli delle trattative, abbandonando le sedute ministeriali, non perché avessimo ragione da vendere, ma soltanto per rifugiarci in calcio d’angolo per le incertezze, manchevolezze ed errori contenuti nelle istanze comunali. Abbiamo saputo ignorare volutamente le regole della strategia, della correttezza e della coerenza. Non abbiamo saputo neppure indicare con precisione le reali necessità occorrenti per la ricostruzione. Una Amministrazione che si è dedicata alle polemiche e alle improduttive marce su Roma, coinvolgendo ignari cittadini e carriolanti che, oltretutto, hanno dovuto rispondere giudiziariamente delle azioni organizzate dalla stessa Amministrazione.
Domani, gli Amministratori comunali con chi andranno a protestare a Roma? Con i traditi cittadini aquilani, o ancora con i delusi carriolanti che si sentono delusi, offesi e usati per le varie occasioni?
Ci dovranno andare da soli a piedi, se decideranno di restare ancora in sella, in forma penitenziale con il capo cosparso di cenere e con la corda al collo per chiedere umilmente scusa a tutti i cittadini aquilani, al Capo dello Stato, ai rappresentanti del Governo, al Parlamento, all’Unione Europea, al mondo intero.
Inoltre, il Sindaco non dovrebbe far finta di cadere dalle nuvole. Non dovrebbe dire che gli è caduta una tegola sulla testa. Non dovrebbe affermare di essere all’oscuro di tutto. Non è assolutamente possibile. Anzi queste dichiarazioni finiscono per aggravare ulteriormente la situazione, in quanto fortemente stridenti con affermazioni fatte in precedenza, con le quali affermava di tenere tutto sotto controllo, di essere il regista di tutta l’attività amministrativa comunale, di essersi contornato di persone di piena fiducia, sia nell’ambito della Giunta che nella dirigenza amministrativa che, guarda caso, è stata accuratamente scelta proprio dal Sindaco e promossa ai più alti e delicati livelli.
Un cosa è certa: i cittadini vogliono giustizia e pretendono che sia restituita loro quella dignità per la quale sono andati sempre fieri. Vorrebbero, inoltre, che il processo di ricostruzione venisse avviato concretamente sulla scorta di un piano credibile e fattibile. Vorrebbero, anche, che lo sbandierato PRG contenesse, prioritariamente la pianificazione della ricostruzione e, poi, le eventuali previsioni di sviluppo socio economico della città, commisurate ai fattori di decremento demografico, alla cessazione delle attività produttive e non alle fantasiose idee di recupero e sviluppo di Piazza d’Armi, che interessano l’Amministrazione e non tutti i cittadini aquilani, che vorrebbero concentrare le attenzioni prima sul recupero di quello che hanno perduto e, poi, si possibili programmi di sviluppo, ammesso che si possano fare.
Certamente, la situazione che si è venuta a creare assume proporzioni e aspetti di tutto rilevo che imporrebbero un serio e critico esame di coscienza, fatto in [i]camera caritatis[/i], senza essere influenzati da nessun elemento, concentrato sull’analisi dei rispettivi comportamenti di ciascun rappresentante politico. Ciascuno dovrebbe rispondere prima a sè stesso e poi al popolo su pochissime domande, tra le quali: ho assolto degnamente e coerentemente al mandato affidatomi dagli elettori? Il mio comportamento ha generato equivoci o interpretazioni negative? Sono stato corretto nella esposizione dei dati, riguardanti l’intero sisma ed effetti successivi, presentati alla Regione, al Governo e all’Unione Europea? Ho favorito, o ostacolato, la redazione degli atti propedeutici ai processi di ricostruzione in tempo utile? Ho impartito corrette disposizioni alla dirigenza comunale per gli adempimenti amministrativi, controllandone la esatta evasione? Mi sono lasciato tentare, oppure ho ceduto, all’ammaliante canto delle sirene corruttrici per l’affidamento di qualsiasi incarico? Sono stato presente nell’assolvimento dei doveri di amministratore nel pieno rispetto della normativa vigente? Da una attenta analisi delle risposte che vi saprete dare, potrebbe scaturire l’assunzione di una decisione corretta, attenta e ponderata, sia essa negativa che positiva. Naturalmente, poi, la stessa dovrebbe essere confrontata con la pubblica opinione. Con quegli stessi cittadini che hanno manifestato sotto la sede comunale e anche con quella di quella parte di popolo che non ha più la forza e la volontà di manifestare le proprie convinzioni.
Dalle decisioni degli amministratori comunali potrebbe scaturire l’opportunità della nomina di un Commissario che, certamente, conferirebbe priorità assoluta alla ricostruzione. Non sarebbe una vergogna rassegnare le dimissioni. Potrebbe costituire, invece, l’occasione di prendere atto di non poter far fronte agli impegni e alle responsabilità di una situazione troppo pesante per le possibilità di ciascun amministratore. Le dimissioni di Tizio o Caio suggerite o chieste da più parti non servono a nulla. Una prova di maturità e di democrazia, invece, potrebbe essere rappresentata dalla dimissioni dell’intero Consiglio comunale. L’iniziativa richiede coraggio e determinazione, [i]optional[/i] che all’interno dell’Amministrazione civica rappresentano una rarità.