
di Antonella Calcagni
È arrivata tardi la comunicazione di un incontro fissato con il premier, Enrico Letta fissato per mercoledì, preceduto martedì da un incontro con la direzione nazionale del Pd. Il sindaco Massimo Cialente non intende aspettare fino a lunedì, come preannunciato, per decidere se andare a casa o restare.
In un’affollatissima conferenza stampa, convocata d’urgenza di sabato sera, il sindaco Massimo Cialente ha annunciato le sue dimissioni. «A Roma è inutile andare, sarei un’anatra zoppa», ha spiegato. Alla base delle dimissioni, che saranno formalizzate nelle prossime ore, c’è l’elenco degli “sgarbi” fatti dal governo non solo alla città dell’Aquila, ma agli aquilani.
A turbare il sindaco, che solo qualche ora prima sembrava possibilista sulla sua permanenza negli uffici di villa Gioia, nonostante l’inchiesta giudiziaria, è stato anche il risalto dato dalla stampa nazionale ad una vicenda che riguarda la sua famiglia, e in particolare la pratica della ricostruzione di sua cognata.
«Ho capito che rimanere qui è un guaio ed è inutile. Hanno vinto altri. Se non fossi stato sindaco sarei venuto qui a tirare due uova marce». Cialente ha spiegato che è possibile tornare a votare a maggio avendo avuto rassicurazione su questo punto dal prefetto e di non essere tecnicamente ricandidabile.
Il primo cittadino ha ammesso che abbandonare la nave potrebbe essere inteso come un gesto di colpevolezza, ma ha aggiunto di sentirsi un ostacolo per la città. «Ora L’Aquila si guardi dentro – ha aggiunto – Io la lascio con un piano strategico e con la possibilità che arrivino delle imprese. Tenetevi stretta la ricostruzione un cronoprogramma. Chiedo scusa, ma non quelle del rettrice Inverardi, alle persone che in queste ultime ore mi hanno pregato di non mollare. Ho retto finchè ho potuto».
«Sparisco per un po’. Mi arriveranno ancora parecchie palate di sterco. Non sono stato tutelato neanche dall’Ordine dei giornalisti. Mi auguro che il nuovo sindaco ci metta la stessa passione, lo stesso coraggio e la pietas nei confronti degli ultimi di questa città. Ho dato tutto a questa città e ho perso e chiedo scusa per aver perso».
Intorno al sindaco c’erano tutti gli assessori e i consiglieri comunali in lacrime, l’amico di sempre Giovanni Lolli, mentre i lavoratori del polo elettronico gli hanno consegnato una lettera molto commovente: «Ai giovani chiedo di esserlo davvero e di non usate i metodi vecchi di questa città».
Un’allusione ai giovani democratici che già prima della ufficializzazione delle dimissioni avevano cominciato a guardare al dopo Cialente. Prima di annunciare, in un crescendo rossiniano, le proprie dimissioni. Il primo cittadino ha ripercorso le tape della post ricostruzione, dalle promesse di Barca, alle promesse non mantenute dal governo Letta e agli sgarri del ministro Trigilia che «avrebbe voluto bloccare la ricostruzione dell’Aquila stare al passo con il cratere. Con Trigilia il meccanismo si è incrinato, i soldi per l’Aquila non arrivano più e Comincia il rimpallo».
Il primo cittadino ricorda i motivi di scontro con il governo, fra cui Accord Phoenix, i fondi del Gran Sasso, il trasferimento, prima del provveditore alle opere pubbliche, poi del direttore Beni Culturali. «I governi recedenti mi hanno sempre risposto al telefono con questo governo non mi ha risposto più nessuno. Allora cosa c’è dietro? È cambiato qualcosa, il cima è mutato. Forse è scattato qualcosa anche per uno scontro durissimo che io ho con il governo sulla ricostruzione privata. Chiesi di porre un tetto agli incarichi professionali. A Roma non si vuole fare».