
Oltre 500 aquilani hanno affollato piazza Duomo per la manifestazione #Dimettiamoli, che chiedeva un passo indietro e le dimissioni dell’amministrazione comunale aquilana dopo l’inchiesta per presunte tangenti legate agli appalti per la ricostruzione.
L’evento si è svolto in contemporanea con la conferenza stampa nella sede di Villa Gioia nel corso della quale il primo cittadino, Massimo Cialente, ha annunciato le sue dimissioni.
Un grande applauso delle centinaia di presenti nel tendone di piazza Duomo ha accolto l’annuncio al microfono della ‘resa’. «Finalmente, ce l’abbiamo fatta», hanno commentato alcuni. La manifestazione è stata organizzata dai movimenti civici Appello per L’Aquila, Assemblea cittadina, Comitato 3e32, Consiglio civico e L’Aquila che vogliamo. Presenti, comunque, numerosi esponenti comunali di maggioranza e opposizione.
«Non si è dimesso, è la città che lo ha dimesso, e non gli permetterà la solita pantomima che tra dieci giorni le ritira – ha commentato Ettore Di Cesare, consigliere comunale di Apl – Stavolta non c’è pantomima. Stavolta a maggio si va alle elezioni».
Per Vincenzo Vittorini, consigliere comunale della “Città che vogliamo”, «ora la città deve farsi sentire in questi venti giorni nei quali il sindaco potrebbe recedere dalle dimissioni perché ci ha abituato a questo. Serve il fiato sul collo – ha incalzato – L’Aquila si deve svegliare e dobbiamo riscattarci e togliere un’onta e un marchio per la città attuale e futura. Un fatto etico che pone L’Aquila in senso negativo nei confronti dell’Italia e dell’Europa – ha concluso – Qui si deve sapere tutto di tutti in maniera trasparente e non deve essere sperperato nessun centesimo. C’è una dignità da riacquistare. I ragazzi di questa città non possono avere il marchio a vita di corrotti o delinquenti».
Il consigliere comunale di Fi Guido Liris, attaccando il sindaco, ha detto: «Non abbiamo più certezze né rapporto o fiducia con il governo perché si sono dati messaggi sbagliati all’esecutivo, prima politicamente poi con l’inchiesta. Cialente ha responsabilità politiche se non si è accorto in sette anni di tutto quello che gli è successo intorno. Abbiamo lottato tanto come comitati – ha ricordato Annalucia Bonanni del Comitato 3e32 – Una parte di noi è confluita in liste civiche. Abbiamo criticato le lacune di questa amministrazione che non ha saputo gestire la ricostruzione e ora non è più credibile. Il problema non è il sindaco, un assessore o un dirigente. È un sistema corrotto e marcio che deve andare a casa».
Tra i segnali negativi che hanno fatto capire a Cialente che era cambiato ‘il clima nei confronti dell’Aquila’, si è citata la mancata firma da parte del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del decreto nel quale, insieme ai fondi per le missioni all’estero e gli esodati, dovevano esserci i fondi 2013 per la ricostruzione della città dopo il terremoto del 2009.
«Uscito dall’incontro in cui avevamo definito tutto – ha riferito – mi hanno telefonato dicendomi che il Presidente non avrebbe firmato perché di lì a qualche giorno si sarebbero riunite le Camere per la nomina del nuovo presidente. Dopo sono arrivate le larghe intese e la vicenda dell’Imu e L’Aquila è uscita dall’agenda di governo. A quel punto ho pensato che togliere le bandiere e riconsegnare il tricolore al presidente Napolitano aveva dato molto fastidio, ma aveva consentito comunque lo sblocco di un miliardo e 200 milioni». Nella primavera 2013 Cialente aveva riconsegnato la fascia tricolore a Napolitano e fatto togliere la bandiera italiana da ogni sede comunale per protestare contro il mancato arrivo dei fondi promessi dal Governo per la ricostruzione.