
Nessuno spiraglio per ripensamenti, dopo l’annuncio delle dimissioni dato ieri e motivato da «un clima cambiato, a partire dal rapporto molto difficile con il governo e gli attacchi di alcuni media alla mia famiglia, una situazione dannosa per la città».
Non sono servite neanche le molte telefonate con cui Massimo Cialente ieri sera veniva invitato a recedere dal proposito.
A chiamarlo sono stati il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e suo zio, l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta. E ancora, il governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, il sindaco di Bari, Michele Emiliano, l’ex ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, che fu inviato del governo Monti nella gestione della ricostruzione, e gli abruzzesi Giovanni Legnini (Pd), sottosegretario alla presidenza del consiglio, e Luciano D’Alfonso, già sindaco di Pescara e probabile candidato alla presidenza della Regione Abruzzo per il centrosinistra.
Ma già in conferenza stampa Cialente era stato chiaro: «Neanche se Matteo Renzi ed Enrico Letta me lo dovessero chiedere tornerò indietro».