
«Ho capito che mi dovevo dimettere quando su alcuni tg nazionali ho visto attacchi diretti alla mia famiglia: lì ho capito. Se si muovono i poteri forti… E in mezzora mi sono dimesso».
Così l’ex sindaco dell’Aquila Massimo Cialente rompe il silenzio di queste ore e torna sulla vicenda delle inchieste della Procura, adombrando anche per la sua vicenda il pericolo di un ‘metodo Boffo’.
«La magistratura ora vada avanti, ma faccia presto, lo chiedo non per me ma per la città – continua Cialente – Giovedì ci sono gli interrogatori? Bene, ci dicano subito chi rinviano a giudizio, ma se c’é una cosa che contesto é che in queste ore si parli dell’Aquila come città del malaffare, come una città di farabutti. Io chiedevo regole per la ricostruzione privata – attacca di nuovo l’ex sindaco – e non me le davano. Perché? Non mi riferisco a questa inchiesta, ma vedo nel futuro il classico ‘Mani sulla città’. Qui ci sono ministri che convocano riunioni per discutere il piano regolatore della città senza il Comune? E allora me ne vado, e giuro che sparisco, che smetto, non mi troverete più a far politica. Ma vedere L’Aquila sulla Bbc, parlare degli interessi di mia cognata, mischiare le inchieste tra di loro, senza che uno straccio di giornale mi abbia difeso…».
In merito alla lettera che Cialente ha spedito a Napolitano l’11 dicembre scorso, l’ex sindaco ha confermato «noi tutti siamo convinti che la Curia abbia delle responsabilità nella rimozione di Magani».