
«Qui a L’Aquila siamo convinti che Fabrizio Magani, direttore regionale del Mibac in Abruzzo, venga rimosso in quanto ostacolo ad un disegno che si è tentato e si sta tentando di inserire come norma di legge, che vedrebbe la Curia, la più grande immobiliarista della città, diventare soggetto attuatore per la ricostruzione di tutti i suoi edifici, compresi i luoghi di culto». Così, lo scorso 11 dicembre, il sindaco dell’Aquila scriveva al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera riservata il cui contenuto si è appreso solo oggi.
«Lei comprende che, anche al fine di evitare ennesime polemiche politiche che coinvolgano questa martoriata città – si legge nella missiva – noi abbiamo proposto di colloquiare con la Curia, la Sovrintendenza e l’Ufficio Speciale per la Ricostruzione, bloccando una scelta che, spinta da tanti interessi, non sarebbe comprensibile. Noi abbiamo fondati sospetti che la rimozione del dottor Magani (nominato vice direttore vicario per Pompei, ndr) sia un tassello di un disegno, non considerato pienamente nelle conseguenze, che potrebbe comportare, addirittura, che i fondi per la ricostruzione privata delle case andranno a ricostruire le chiese. Chi lo spiegherebbe all’Italia?».
Cialente, inoltre, parla di «abbandono totale dell’Aquila da parte del Governo. Il ministro Bray si è giustificato dicendo che ha bisogno di una persona di valore, rassicurandomi che all’Aquila verrà inviato un dirigente di pari capacità. Non riesco a capire il motivo per il quale, a parità di capacità, debba andare via colui che sta coordinando alcuni dei più complessi interventi della storia del Paese degli ultimi decenni. Penso alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, alla Fortezza Spagnola, alla sfida della ricostruzione di tante chiese pressoché distrutte, al grande dibattito culturale sulla rivalutazione di vincoli paesaggistici».
«Ho proposto – si legge ancora nella lettera – che il dottor Magani resti in Abruzzo e, tutt’al più, possa curare l’avvio della nuova struttura di Pompei, ma il ministro Bray non ne vuole sapere». Cialente prosegue: «Ricostruzione pubblica vuol dire case dell’edilizia residenziale pubblica, le case popolari non riparate da quasi 5 anni, vuol dire scuole, vuol dire uffici. E’ tutto fermo. Non vi sono soldi per la ricostruzione privata che si bloccherà nei primi mesi del 2014. I 100 milioni che ottenemmo per il rilancio economico e produttivo sono fermi da oltre un anno per le lungaggini burocratiche e i cavilli dei dirigenti ministeriali».
Poi l’attacco al titolare del dicastero della Coesione territoriale: «Il ministro Trigilia, che dovrebbe seguire le problematiche relative alla ricostruzione del cratere sismico e completamente assente. Signor Presidente, la città è allo stremo. Non sarebbe più giusto – si chiede Cialente – riconsegnare il nostro ruolo nelle mani del Prefetto e far venire per un anno qui lo Stato che forse così prenderà finalmente coscienza di cosa è, oggi, una città che non c’è più? Uno Stato che finalmente si renda conto della disperazione di questi italiani abbandonati e che affronti in prima persona le proprie responsabilità senza più il ruolo di ‘cuscinetti’ che noi stiamo subendo. Siamo senza parole. Se l’Italia ha due emergenze, Pompei e L’Aquila, perché privilegiare Pompei a discapito dell’Aquila: Pompei – conclude la lettera al capo dello Stato – è un nostro simbolo, ma i suoi abitanti sono calchi di lava! Qui ci sono, forse pochi, italiani in carne ed ossa che vorrebbero ritrovare la speranza».
Non si fa attendere la risposta della Curia Aquilana.
«Spiace dover riconoscere che nella lettera del sindaco dimissionario dell’Aquila, Massimo Cialente, al Presidente Napolitano, in relazione alla cosiddetta richiesta della Curia Aquilana, non ci siano corrette informazioni».
Lo afferma, in una nota – l’ufficio stampa dell’Arcidiocesi dell’Aquila che aggiunge: «Si preferisce in questo momento di grande confusione non entrare in polemiche inutili e sterili. Si tratta di una richiesta fatta da tutti i vescovi della Conferenza di Abruzzo e Molise (Ceam), che quindi non interessa solo L’Aquila, perché anche in Abruzzo si possa seguire la stessa procedura adottata – per le chiese e gli edifici ecclesiastici – nei terremoti avvenuti in Umbria, nelle Marche e recentemente in Emilia e Lombardia».
«Il riserbo mantenuto sinora sull’iter della richiesta – prosegue la nota – è dovuto al rispetto delle procedure e per evitare la diffusione di informazioni incomplete sino a quando non si giunga a un accordo conclusivo. Tuttavia, se opportuno, sarà il presidente della Ceam, monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, a fornire – con un suo comunicato – ogni utile dettaglio circa la proposta di norma. Per il momento, a nome dell’Arcivescovo dell’Aquila Petrocchi, si può assicurare che la Curia aquilana intrattiene rapporti di stretta collaborazione con il dottor Magani: di conseguenza viene pienamente condiviso il desiderio dell’onorevole Cialente, che Magani continui la sua opera in Abruzzo. Inoltre, lo stesso monsignor Petrocchi si è premurato, negli incontri avuti nelle competenti sedi istituzionali, di far inserire nella proposta di norma cui si fa riferimento, la possibilità di fare convenzioni con altri Enti (Comune, Provveditorato opere pubbliche e Direzione regionale dei Beni artistici e ambientali) per affidare ad essi la gestione dei finanziamenti e degli appalti riguardanti le chiese. Infine, va detto con tutta franchezza – conclude la nota derll’Arcidiocesi – che l’unico intento della Curia aquilana è poter disporre di regole meglio articolate e certe, in grado di determinare con chiarezza modalità, entità e tempi dei finanziamenti per la ricostruzione del patrimonio ecclesiastico, con la motivata volontà di contribuire così alla rinascita spirituale, culturale e sociale della nostra città».