
Nel nuovo catasto dei ghiacciai italiani il Calderone modifica la sua classificazione di “ghiacciaio” ed è stato definito “glacionevato”, cioè una massa di ghiaccio di ridotta superficie e di limitato spessore, che non presenta evidenze di movimento, e che può formarsi nelle fasi di deglaciazione dall’evoluzione di ghiacciai preesistenti.
E’ quanto emerge dal progetto di ricerca intrapreso dall’Università degli Studi di Milano insieme a Levissima, che ha reso noti i risultati sull’evoluzione dell’unico ghiacciaio appenninico, quello del Calderone appunto, situato in Abruzzo, sul versante nord del Gran Sasso d’Italia.
Questi dati vanno ad aggiungersi ad un’analisi dettagliata dei ghiacciai lombardi e piemontesi, avvenuta lo scorso anno, e rappresentano un ulteriore passo avanti nella realizzazione del nuovo catasto nazionale dei ghiacciai, che vedrà il suo completamento entro la prima metà del 2014.
Il progetto di ricerca vede la collaborazione del Comitato Ev-K2-CNR e del Comitato Glaciologico Italiano e ha l’obiettivo di monitorare lo “stato di salute” del cuore freddo delle nostre montagne, principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto.
Il Calderone, pur nella sua nuova classificazione, sopravvive e resta un “geosito” di alto livello culturale, patrimonio paesaggistico e luogo iconico delle trasformazioni in atto nell’ambiente naturale della montagna.
Negli anni ’50 del XX secolo, il Calderone, l’unico ghiacciaio presente in Abruzzo e sull’intera catena appenninica, fu inserito nel primo catasto nazionale dei ghiacciai, realizzato dal Comitato Glaciologico Italiano (1959-1962), e fu classificato proprio come “ghiacciaio”, con una superficie di 0,06 chilometri quadrati e chiari segni di flusso, come piccoli crepacci, cioè fratture della superficie glaciale dovute al movimento.
«Dalla metà degli anni ’50 ad oggi – spiega Claudio Smiraglia, professore ed esperto glaciologo dell’Università degli Studi di Milano, a capo del progetto di ricerca – il Calderone si è ridotto in superficie (oggi copre 0,04 chilometri quadrati) e spessore, il settore inferiore si è ricoperto di uno spesso strato di detriti e, nel 2000, si è frammentato in due porzioni ormai prive di evidenze di flusso».