
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta, presentata da alcuni Consigli regionali, di referendum abrogativo della riforma della geografia giudiziaria.
A chiedere il referendum sulla riforma, voluta dal governo Monti e portata avanti dall’esecutivo Letta, che prevede il taglio di circa mille tra tribunali minori, sezioni distaccate di Corte d’appello e uffici del giudice di pace, erano state nove Regioni. Si tratta di Abruzzo, Piemonte, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Campania, Liguria, Basilicata e Calabria, accomunate dall’idea che la riforma più che efficienza e risparmi, produca disservizi e penalizzi i cittadini.
Le Regioni avevano chiesto che gli elettori si esprimessero sull’abrogazione sia della delega data al governo per la riforma (e contenuta nell’articolo 1 del decreto legge 13 del 2011 contenente misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo) sia sui successivi decreti legislativi (del settembre 2012) con i quali si era dato corpo alla nuova organizzazione di tribunali, procure e uffici del giudice di pace.
A dare la notizia della bocciatura della richiesta referendaria è la stessa Consulta con una nota nella quale fa sapere che «la sentenza sarà depositata entro i termini previsti dalla legge».