
di Emanuele Legge*
Rimanere sgomenti, rimanere col fiato spezzato, rimanere con le lacrime agli occhi.
Ricordare la bella persona, ricordare lo sguardo vivace, ricordare il fluido eloquio e le sempre giuste considerazioni.
Noi “addetti” abbiamo sempre spiegato, ricercato, ammonito, gridato le preoccupazioni.
Abbiamo operato nei servizi, abbiamo aiutato tutti, vittime e soccorritori.
Ci è rimasto un fardello: grande, enorme.
Noi “addetti” non ci siamo risparmiati e Rocco, come tanti di noi non si è risparmiato, si è assunto nel concreto il “fardello psichico” dei traumi grandi come le perdite dei congiunti e piccoli, come la scadente qualità di vita nella quotidianità.
Non conosco le ragioni dell’accaduto, so però quale era la motivazione della sua professione: aiutare gli altri seppure, come tutti noi, abbia conosciuto la bassezza dell’animo umano, attaccato al lucro e all’interesse personale nella tragedia del terremoto.
Lo voglio ricordare propositivo, preso da una sana preoccupazione per la salute mentale di noi aquilani e nel pieno di una travolgente energia come quando lo vidi togliersi la spilla dello “SMILE” dal suo maglione e appuntarla al bavero dell’allora Presidente Berlusconi, con aria ironica e divertita, invitandolo ad occuparsi costruttivamente della città di L’Aquila;
e ancora di quando appena dopo il terremoto, nell’unico locale aperto, lungo il viale della Croce Rossa, dividemmo spiedini, formaggio e genziana, pensando, progettando e prevedendo le possibile conseguenze nell’immaginario di ognuno di noi.
Rimarrà nella mente di noi tutti, sicuramente nella mia, come una persona che ha messo gli altri davanti a sé, non risparmiandosi… pensando al bene collettivo e soprattutto di questa città.
*Psicologo, dirigente della Asl di L’Aquila