Il calvario di Don Chisciotte

17 gennaio 2014 | 06:06
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Il calvario di Don Chisciotte

Signore, se non vado errata, sei stato crocifisso di venerdì. Guarda caso, anche l’ex massimo cittadino sarà crocifisso per l’ennesima volta proprio questa sera su un colle che ha molte affinità con il Golgota: l’area antistante il maniero spagnolo, l’auditorium di Piano, la Fontana Luminosa, il Piazzale delle Medaglie d’Oro. Uno scenario perfetto e degno della crocifissione. Questa sera saranno erette cinque croci, esclusa quella di un elemento estraneo alla nostra comunità. La croce di centro, quella più alta, sarà riservata al massimo cittadino. Alla sua sinistra saranno collocate, per affinità politica, quelle del “Vicario” e del “Placido”. Alla sua destra saranno sistemate, invece, quelle degli ingaggiati dirigenti della Asl e del Comune. Peccato che non sia più tra noi il grande Fellini. Avrebbe sicuramente girato un film dal roboante titolo “La strage dei vitelloni”. L’aspetto che non riesco a immaginare riguarda il codazzo dei cittadini che parteciperanno al raduno. Non mi riferisco al popolo che, di solito, si lascia trascinare più dalla curiosità che dall’interesse vero e proprio. Vorrei guardare in faccia quei “caporaletti” della politica aquilana che, svolazzando di fiore in fiore, tentano di mantenersi a galla agganciandosi alla coda della corrente politica momentaneamente in auge. Vorrei fotografarli tutti per verificare se siano gli stessi che ho visto sgambettare furtivamente il massimo cittadino quando era ancora in sella.

[i]Carissima, se vuoi riuscire nella tua impresa, non guardare quelli sistemati in prima fila. Cerca di guardare verso la fine del corteo, dove, di solito, si sistemano gli untori della calunnia e gli specialisti del lancio del sasso, capaci di nascondere la mano con velocità fulminea. Non dimenticare mai che “Cauda de vulpe testatur”, che in italiano vuol descrivere un solo aspetto e, precisamente, “La coda rivela la volpe”. Qui troverai “Ponzio Pilato” che, con l’aspetto contrito, con le maniche della giacca tirate fino al gomito, con voce sommessa e gracidante, non chiederà all’ex di ritirare le dimissioni, ma di salvare L’Aquila delle brutte figure fatte, delle quali si sente anche responsabile, almeno così dice. Ci sarà anche la “Maddalena”, vestita di scuro, che cercherà di versare ulteriori lacrime, se non si saranno prosciugate le sacche lacrimali per tutte quelle versate nei giorni scorsi. Non dirà mai al dimissionario ciò che serba gelosamente nell’intimità dell’animo: “non sei sulla scia del nuovo segretario e, perciò, sei da rottamare e

Se tornerai in sella ti rottamerai da solo”. Trascuro volutamente la pletora dei centurioni che, prima che l’ex massimo possa esalare l’ultimo respiro, per dividersi ancora una volta quel poco delle vesti rimaste, vorrebbero conoscere le ultime denunce denigratorie del dimissionario. Resteranno veramente delusi. Non ripeterà più i discorsi, le invettive, le calunnie e le offese che in precedenza era costretto a ripetere. Sentiranno, invece, un frase che li sconvolgerà, pronunciata in altri tempi dal nostro conterraneo Ovidio. “Heu, patior telis vulnera facta meis!”. Molti vorranno conoscere il vero significato della frase latina e, prima che qualcuno possa manipolarne la traduzione, lo faccio io: “Ohimè! Ora soffro per le ferite fattemi dai miei dardi stessi!”. [/i]

Signore mio, da tutto ciò potrei dedurre che il dimissionario non tornerà sui suoi passi tanto facilmente?

[i]Mia cara vedova, forse non tutti sanno che il tuo ex compagno “di scuola” ama cimentarsi nell’esame dell’ego, lo ha anche rivelato in varie circostanze. Peccato che non abbia messo in pratica la psicanalisi nelle sedute di giunta. Si sarebbe accorto da quanti giudei era contornato. Conosce perfettamente i suoi polli e, forse, avrà voluto verificare fino a che punto siano capaci di arrivare. [/i]

Signore, quindi Voi pensate che possa scendere dalla croce su cui lo stanno ponendo e tornare alla casa di Margherita per esercitare di nuovo potere e vendetta e per dichiarare guerra a Golia con gli starnazzanti di questa sera?

[i]Signora cara, innanzitutto questa sera riconteremo le pecore. Vedrai tu che girandola di cifre. Gli organizzatori diranno che c’era tutta la città, anche se erano quei pochi ancora iscritti al partito. Le opposizioni diranno che erano soltanto qualche centinaio. Gli aquilani stanchi di ascoltare favole e fandonie affermeranno che non c’era nessuno. A prescindere dal numero esatto, che lascio alla libera valutazione di ognuno, vorrei dire al mio amico ex massimo cittadino che l’unico che ti vuole veramente bene sono soltanto io, anche perché sei la mia fonte di lavoro. Due sole cose vorrei raccomandarti e, naturalmente, fanne l’uso che ritieni più opportuno: prima di assumere qualsiasi decisione richiama alla tua memoria il sensato consiglio che ti ha fatto pervenire un giovane di talento a te noto. Poi, se vuoi essere lungimirante, mentre guardi quei pochi che urlano, ma non pensano quello che dicono, di tornare sui tuoi passi, rifletti in merito agli antichi insegnamenti di Seneca che, forse, le preoccupazioni ultime ti avranno fatto dimenticare. Te ne ricordo una io che calza a pennello con la situazione che si andrà a verificare questa sera: “Tuta aliqua res in mala conscientia praestar, nulla securum”. Potrei tradurre la frase anche in dialetto aquilano, tutto sommato è meglio in italiano comprensibile da tutti: “In una malvagia coscienza qualche cosa può rimaner nascosta, ma nessuna può essere sicura”. [/i]

Signore, al posto dell’ex non dormirei, non mangerei, non mi muoverei. Penserei soltanto a guardarmi le spalle per cercare di parare i colpi bassi provenienti da coloro che ha invitato al tavolo dell’ultima cena. Non aspettate molto, per favore, a richiamare la mia anima accanto a voi, prima che la stessa possa essere inquinata dagli untori della maldicenza. E così sia.