
«La gestione associata dei servizi è una sfida di innovazione che i Comuni devono cogliere per reagire alla crisi, perché le amministrazioni locali devono diventare i protagonisti istituzionali per il rilancio della competitività e, nel contempo, attori decisivi per lo sviluppo dei governi locali e non devono richiudersi nei loro particolarismi, rifiutando ogni responsabilità rispetto ai più vasti interessi generali». A puntualizzarlo, in una nota congiunta, sono i portavoce di Cisl AbruzzoMolise e Cisl Fp Abruzzo.
«I piccoli Comuni italiani – prosegue la nota – sono al centro di rilevanti trasformazioni e il decreto 95 del 2012 sancisce l’obbligo per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, di gestire in forma associata, entro il 2014, tutte le funzioni e i servizi fondamentali: amministrazione, gestione e controllo (per il 70% della spesa); polizia locale; istruzione pubblica (compresi asili nido, refezione ed edilizia scolastica); viabilità e trasporti; territorio e ambiente (con esclusione di edilizia residenziale e di servizio idrico integrato) e settore sociale». «L’associazionismo deve diventare un modello generalizzato di funzionamento delle amministrazioni locali finalizzato a garantire migliori servizi ai cittadini ed adeguatezza nell’esercizio delle funzioni», commentano Vincenzo Traniello, segretario della Fp Cisl Abruzzo e Maurizio Spina, segretario della Cisl AbruzzoMolise.
«Il territorio regionale – si legge ancora nella nota della Cisl – è attualmente amministrato da 305 comuni. L’82% dei comuni dell’Abruzzo ha una popolazione non superiore a 5 mila abitanti (250 comuni). 50 Comuni hanno una popolazione residente che varia dai 5 a 50 mila abitanti; mentre solo 5 sono i Comuni che registrano più di 50 mila abitanti (Pescara, L’Aquila, Teramo, Chieti e Montesilvano). Se si confronta la dimensione dei centri abruzzesi con quella di altri Paesi europei, risulta evidente che in Abruzzo vi sono in media centri più piccoli rispetto all’Ue a 27 e alla media degli stessi comuni italiani».
«Secondo una ricerca effettuata dall’Ufficio Studi “M.Ciancaglini” della Cisl Abruzzo Molise – denunciano Traniello e Spina – in Abruzzo i piccoli Comuni che, fino ad oggi, hanno associato i vari servizi (amministrazione dei bilanci, rifiuti, accentramento delle rappresentanze consigliari, segreteria, polizia municipale, trasporto e così via) sotto forma di unione sono 7 e interessano solo 52 comuni sui 250 con meno di 5.000 abitanti. Neppure il 2% dei Comuni abruzzesi sta affrontando questo processo di riordino territoriale che non è una scelta volontaria, ma un obbligo di gestione delle funzioni fondamentali o di tutte le funzioni e le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, che costituiscono gran parte del bilancio comunale, limitando l’autonomia gestionale».
«È necessario – aggiungono – un riassetto istituzionale urgente perché se la gestione associata di servizi e funzioni comunali fino a poco fa era considerata un’opportunità, ora diventa necessaria. L’integrazione è uno strumento per costruire un’architettura dello Stato capace di dare risposte migliori ai cittadini, rimettendo al centro le loro esigenze e i loro bisogni. Per la creazione di “sistemi locali” è necessario quindi superare gli interessi di parte della politica, lavorando su progetti di valorizzazione delle aree interne. Superare la frammentazione amministrativa in Abruzzo rappresenta una sfida per rilanciare una politica incisiva di programmazione degli investimenti e costituisce il primo passo verso un più efficace quadro di governance».