Nuovi guai per De Fanis, indagini per ‘tentato omicidio’

C’è un fascicolo aperto presso la Procura di Lanciano per tentato omicidio della moglie e nel registro degli indagati è iscritto l’ex assessore alla Cultura della Regione Abruzzo, Luigi De Fanis, agli arresti domiciliari dal novembre scorso per concussione nell’ambito dell’inchiesta “Il Vate” della Procura di Pescara sull’erogazione di contributi regionali per l’organizzazione di eventi culturali. A renderlo noto è l’agenzia di stampa Ansa.
Il fascicolo è stato stralciato dall’inchiesta della Procura pescarese e le indagini, a Lanciano, sono coordinate dal pm Rosaria Vecchi e affidate al Corpo Forestale di Pescara.
Secondo quanto è emerso, sarebbe stata la segretaria di De Fanis, Lucia Zingariello, a raccontare al Pm di Pescara Giuseppe Bellelli che De Fanis aveva l’intenzione di avvelenare la moglie. Fatto sta che lo stesso Bellelli aveva chiesto e ottenuto i domiciliari per De Fanis proprio in casa con la moglie. De Fanis è agli arresti domiciliari dal 12 novembre e da quella data condivide la dimora proprio con la donna che, secondo la segretaria, avrebbe voluto uccidere.
La notizia dell’apertura di un fascicolo per tentato omicidio nei confronti della moglie è stata raccolta dai legali difensori di De Fanis, con «assoluto sbigottimento». Secondo l’avvocato Massimo Cirulli «ormai siamo allo psicodramma, al romanzo d’appendice: è singolare che un uomo accusato di tentato omicidio nei confronti della moglie sia posto da due mesi agli arresti domiciliari proprio con la moglie che avrebbe voluto avvelenare».
Secondo Cirulli «per un tentato omicidio si finisce in galera, mentre nei vari interrogatori a cui è stato sottoposto dalla Procura di Pescara non gli è stato mai chiesto nulla in proposito».
L’altro legale difensore dell’ex assessore, Domenico Frattura, rincara la dose e dice «ma ci credono i magistrati? L’invio del fascicolo a Lanciano da parte della Procura di Pescara sarà anche un atto dovuto, ma ha tutta l’aria di essere una baggianata il cui unico scopo è un ulteriore ‘sputtanamento’ del mio assistito perché ormai quello che pensavamo fosse un processo per corruzione sta diventando un processo fatto dall’opinione pubblica per ben altri motivi».