Barattelli ‘Nel mezzo del cammin…’

22 gennaio 2014 | 16:29
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Barattelli ‘Nel mezzo del cammin…’

di Valentina Di Cola*

Quando si incontra Guido Barbieri, critico musicale, scrittore, conduttore radiofonico, musicologo e molto altro ancora, prima di venire a contatto con l’uomo di cultura, ci si imbatte, si perdoni l’ossimoro, in un colosso di umiltà, virtù più unica che rara ai tempi d’oggi. Il suo dire è ricco, spontaneamente forbito ed espresso con un tono di voce così suadente che si starebbe ore ad ascoltarlo e a nutrirsi del suo senso estetico.

{{*ExtraImg_183432_ArtImgRight_300x414_}}Oggi la incontriamo nella veste di direttore artistico della Società Aquilana dei Concerti “Bonaventura Barattelli”; che tipo stagione ha pensato?

Questa stagione è partita con un forte condizionamento costituito dalla presenza dell’auditorium di Renzo Piano, realizzato dopo il terremoto che ha distrutto la città. Una nuova casa, per l’ente e per il pubblico, che però presenta un problema di capienza poiché, da dopo il sisma, il numero degli abbonati è raddoppiato. A tal ragione ho dovuto progettare una stagione scegliendo delle linee che fossero compatibili con questo luogo e con questi spazi. Per un terzo dei concerti, anche per controbilanciare il carattere intimo, privato, quasi cameristico di una buona parte della programmazione, abbiamo deciso di utilizzare, come peraltro nel passato, la scuola della Guardia di Finanza che è l’unico altro luogo adatto che L’Aquila offre e che però è sovradimensionato. Quel che manca è un luogo intermedio che in realtà ci sarebbe, il Teatro Comunale, ma ancora oggi, a cinque anni dal sisma, è circondato da una robustissa impalcatura e chissà quando verrà restituito alla città dal momento che si sono sentite date molto fantasiose e molto diverse tra di loro!

Un ventaglio di concerti molto variegato…

Innanzitutto abbiamo pensato degli eventi di forte impatto “popolare”, come il classico concerto Gospel, offerto per Natale e il balletto classico che abbiamo riportato all’Aquila per la prima volta dopo quasi quarant’anni, con il corpo di ballo del Teatro Nazionale di Bratislava che è uno dei migliori d’Europa e che siamo riusciti ad avere ad un prezzo compatibile con le nostre modeste finanze. Abbiamo inoltre puntato sulla presenza di alcune figure attoriali e musicali che attirino un ampio pubblico da Salvatore Accardo che sarà qui il 6 Aprile, proprio il giorno del sisma, a Paolo Rossi che abbiamo coinvolto in un progetto nostro.

Di cosa si tratta?

Farà la voce recitante in un ciclo di narrazioni popolari: il Roman de Fauvel, nato nella Francia del XIV sec. in clima arsnovistico. Si tratta di un lungo poema di tipo avventuroso, satirico e politico, al tempo stesso, con le musiche originali di Philippe de Vitry ed altri autori anonimi, interpretate con strumenti d’epoca. Oltre a Paolo Rossi che lavorerà molto sull’estemporaneità, così come peraltro si faceva nella recita del roman de geste nel Trecento, una ventata televisiva sarà apportata da Enzo Iacchetti che vedremo in una serata tutta basata sul racconto delle fiabe.

Poi c’è lo spettacolo suo, dove lei partecipa in prima persona…

Non è esattamente uno spettacolo, è semplicemente una lettura scenica delle Variazioni Diabelli di Beethoven che saranno eseguite da tre allievi di Andrea Lucchesini, provenienti dalla Scuola di Musica di Fiesole. Le variazioni saranno divise in gruppi ed io mi inserirò tra un gruppo e l’altro per raccontarne la storia, la genesi, la natura, la struttura, la penetrazione, la fortuna, l’esegesi critica.

Dunque sarà anche una vetrina per giovani talenti?

In questo caso si tratta di tre giovanissimi pianisti, molto robusti, che Lucchesini ci ha caldamente consigliato. La struttura della serata sarà anche un modo per sperimentare delle tecniche di comunicazione diverse dal programma di sala o dalla classica lezione concerto, provando invece a tradurre il tratto didascalico in un tratto teatrale.

L’esperienza in radio ha avuto peso nella sua attività di direttore artistico?

In apparenza non ci sarebbe alcun rapporto ma in realtà la radio abitua a ritmi, equilibri, tempi e ad impaginare una trasmissione secondo delle regole non scritte ma assolutamente precise. Carlo Emilio Gadda le ha anche scritte per la verità in un meraviglioso testo di istruzioni per la compilazione di un programma radiofonico. Ora, senza avere l’ambizione di essere gaddiani, sicuramente un certo senso dell’ordine, dell’alternanza, della diversificazione, probabilmente influisce nella compilazione di una stagione. Programmare una stagione è in qualche modo scrivere un macrotesto che vive di relazioni interne, io per esempio ho effettuato una scelta artistica basandomi su una microintuizione relativamente alla struttura di questo auditorium. Il suo rivestimento esterno, infatti, è composto di tante listarelle di legno colorate in modo diverso che rappresentano, come ha detto Renzo Piano che ne ha la paternità, il codice a barre dei legni del Trentino poiché ogni legno ha la sua lunghezza e il suo colore. Dunque io ho preso semplicemente questi elementi cromatici per disegnare dei percorsi musicali e per indicare il colore di ciascun percorso.

Che tipologia di percorsi?

Ci sarà una serie di concerti che ho intitolato Pour le piano perché utilizza il nostro pianoforte, quello che è qui sotto, nella pancia di questo teatro e dorme per cinque giorni alla settimana per poi improvvisamente risalire in superficie, vivere e respirare…poi un pacchetto di concerti intitolato Raccontami perché vi è inserita una voce narrante. Un sottofilone ha per titolo Espressioni della perfezione numero Tre perché è un’indagine sulla formazione del trio così poco frequentata e che ha donato alla storia della musica classica romantica dei capolavori assoluti come i trii di Schumann, di Mendelssohn, i due trii di Schubert e molto altro. Sono otto o nove sottotemi che si intrecciano l’uno con l’altro oppure prendono delle vie autonome: un modo per permettere allo spettatore di riconoscere, nell’ambito della nostra offerta musicale, dei percorsi che vuole o può seguire, tutti o in parte, a seconda dei gusti.

In Italia la crisi economica e culturale ha influito pesantemente nel nostro settore. A che punto è la musica contemporanea? I compositori che possibilità e che spazio trovano nella programmazione? C’è apertura nel panorama italiano?

Da un punto di vista meramente inventivo e creativo non c’è affatto crisi sia nelle generazioni che dovrebbero aver acquisito un certo peso, una certa maturità, sia in quelle giovani e giovanissime anzi vedo una volontà, una voglia di sperimentare, di comprendere, di proporre e una grande attività immaginativa che poi spesso rimane sterile, chiusa nei cassetti, anzi oggi nei computer! A me arrivano tanti progetti che sono straordinariamente interessanti: pensati, meditati, frutto di un’indagine forse più approfondita di quanto non accadesse un tempo. Fino a quando io mi sono affacciato all’attività musicale, infatti, era facile scrivere un brano, era facile farselo eseguire un pezzettino di un quarto d’ora, venti minuti per un organico più o meno standard…il clarinetto, il flauto, l’elettronica, il violino, così nascevano tantissime composizioni perché c’era un circuito abbastanza disponibile di ensembles, di gruppi, di sale da concerto, di associazioni e di conseguenza c’era una certa superficialità nell’immaginare un prodotto compositivo. Oggi, venendo meno questa facilità, un compositore sta molto più attento a che cosa proporre, è molto più sensibile, progetta di più, va a scavare in maniera forse più profonda le fonti letterarie quando ci sono, le fonti sonore quando sono da produrre. Tutto ciò ha contagiato anche le giovani generazioni che non ragionano più in piccolo ma hanno la tendenza a realizzare opere di tipo drammaturgico con una concezione parateatrale, anche se non è teatro musicale in senso stretto, a inventare delle forme nuove di connessione tra testo e suono, tra suono acustico e suono elettronico, tra immginazione visiva e immaginazione sonora, imparando anche a pensare in grande, a composizioni che facciano serata. Nei limiti del possibile, questa stagione e la prossima soprattutto, la mia ultima, vorrebbero essere un abitacolo naturale per questo tipo di sperimentazioni, pur proponendo comunque il grande repertorio classico romantico che rimane comunque la ratio di una società concertistica come la “Barattelli”, nata appunto per la musica da camera.

A fine mandato c’è un sogno nel cassetto per Guido Barbieri a livello istituzionale?

No, assolutamente no. Io sono direttore artistico per caso, non ho mai coltivato questo mestiere se non, ma in termini molto diversi, quando abbiamo fondato nel 2007 la Rassegna “Contemporanea” di “Musica per Roma” che è stata una bella esperienza e che ho condotto insieme ad Oscar Pizzo. Alla Società Aquilana dei Concerti sono arrivato veramente per caso perché Giorgio Battistelli, mio vecchio amico, mi ha chiesto di pensare un triennio da trascorrere qui, dopodiché potrò tornare alle mie occupazioni tradizionali che sono nel campo della drammaturgia musicale.

C’è già in cantiere qualche nuovo progetto?

Ce ne sono parecchi, nell’ambito delle drammaturgie sonore ci sono diverse cose che sto facendo con altri perché io tengo molto alla progettazione collettiva. Nella prossima edizione de “I Cantieri dell’Immaginario” dovrebbe vedere la luce un progetto che si intitola “Night Commuters”, la storia dei bambini che non dormono mai. E’ una storia africana dedicata a un fenomeno che ha riguardato un gruppo di villaggi in Uganda durante la guerra civile, una forma di resistenza all’invasione e al rapimento dei bambini che ha portato migliaia di ragazzini ad abbandonare il villaggio durante la notte e a fare decine di chilometri a piedi per salvare le proprie vite. E’ un progetto che coltiviamo con una scuola di musica-teatro africana che sta a Ouagadougou in Burkina Faso e lo produciamo insieme ai “Cantieri dell’Immaginario” dell’Aquila, a “Ravenna Festival” e al “Festival di Villa Adriana” di Roma. Il progetto partirà col nuovo anno, andremo in Uganda in Marzo per raccogliere le testimonianze di questi ragazzini che oggi sono diventati giovani uomini e donne e costruiremo, con essi appunto, una drammaturgia teatrale-musicale che poi porteranno in Italia.

*[i]cantante di musica lirica.[/i]