
Le ricerche della reliquia con il sangue di Giovanni Paolo II, rubata, insieme a una croce, nella piccola chiesa di San Pietro della Ienca (L’Aquila), alle falde del Gran Sasso, per ora non hanno dato esito. Si passano al setaccio tutta la zona e i casolari nelle vicinanze del santuario, dove viene osservato il culto del beato.
LE IPOTESI INVESTIGATIVE – I carabinieri, diretti dal comandante provinciale Savino Guarino, stanno seguendo tutte le ipotesi investigative: oltre al furto su commissione – ipotesi formulata dal presidente dell’associazione culturale “San Pietro della Ienca” Pasquale Corriere, promotore delle iniziative di rilancio turistico del Gran Sasso, incentrato sulla figura di Wojtyla – si sta anche valutando quella di un devoto al beato che potrebbe aver portato a casa la reliquia perché convinto che il culto “diretto” possa dare maggiori benefici. A livello di ipotesi perde quota quella del rito satanico in quanto nella chiesetta non ci sono segni in tal senso.
A livello investigativo, si stanno cercando di capire anche i motivi per i quali, con la chiesa senza sistemi di allarme e spesso aperta e incustodita, il furto sia stato fatto di notte forzando gli ingressi.
L’inchiesta della Procura della Repubblica, coordinata dal pm David Mancini, è per ora contro ignoti. Tra gli altri è stato ascoltato il parroco José Obama che ha scoperto il furto ieri mattina dando l’allarme.
IL MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO – L’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, dopo aver appreso del furto ha scritto una lettera rivolta a tutti gli aquilani.
«Ho appreso, con tristezza e commozione, la notizia del trafugamento della reliquia del beato Giovanni Paolo II, dal Santuario di S. Pietro della Jenca – ha scritto Petrocchi – Insieme alla più netta riprovazione per questo furto vile e sacrilego, cresce in me la speranza che la preziosa reliquia venga al più presto ritrovata e restituita alla devozione della nostra gente e di tutti i pellegrini. Resta, infatti, vivissimo, nel cuore degli aquilani, il ricordo di questo straordinario Papa, che ha tanto amato la nostra terra e ammirato le nostre montagne.
Rinnovo la fiducia nei Carabinieri e negli Organi inquirenti, che stanno conducendo le indagini, nell’attesa che venga fatta verità su questa profanazione, che offende profondamente la coscienza religiosa e civile del nostro popolo. Invito tutti alla fervente preghiera di riparazione e di invocazione, affinché lo Spirito del Signore, crocifisso e risorto, ci aiuti a rispondere con la forza della carità alla ignobile provocazione, vincendo il male con il bene, e ci consenta di imitare questo splendido “Padre della Chiesa” (di cui abbiamo avuto la grazia e il privilegio di essere contemporanei!) nell’arte di rendere ogni sofferenza una “occasione salvifica”, per crescere nella comunione con Dio e tra noi.
In particolare, faccio appello agli autori di questa deprecabile azione affinché si aprano alla luce del Vangelo e restituiscano quanto prima alla Chiesa Aquilana la reliquia del nostro Protettore, che sarà presto innalzato agli onori degli altari. A te, umile Vergine di Nazaret, Madre e Modello dei Credenti, affidiamo le ansie e le aspirazioni che pulsano oggi nel nostro cuore, nella certezza che seguendo gli insegnamenti e l’esempio di Giovanni Paolo II, Papa interamente “mariano”, potremo imparare, da lui e come lui, ad essere “tutti Tuoi”!».