Furto reliquia, il sacro resto è ricostruibile

31 gennaio 2014 | 13:28
Share0
Furto reliquia, il sacro resto è ricostruibile

«Il sacro resto, pur non essendo nella sua totalità, è comunque ricostruibile e questo rappresenta una grande gioia per il mondo cristiano. La reliquia è infatti composta da una teca, da un supporto, da un drappeggio rosso e da frammenti rossi e bianchi, di cui è presente ancora una buona parte. Mancano solo alcune particelle che erano legate a due fili d’oro e che evidentemente sono andate perse nella rottura del vetro che le proteggeva». Lo ha annunciato il vescovo vicario dell’Aquila monsignor Giovanni D’Ercole nel corso della conferenza stampa, in questura nella quale è stato annunciato il rinvenimento di parte della reliquia di Papa Giovanni Paolo II trafugata presso il santuario di San Pietro della Ienca, alle falde del Gran Sasso.

Il questore Vittorio Rizzi ha parlato di «un risultato investigativo importante e rapido che è la conferma della sintonia operativa che sussiste in città tra magistratura e le forze di polizia». «Tale esito – ha aggiunto – è anche un segnale alla città dell’attenzione che la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri hanno verso i reati contro il patrimonio. In questo caso, l’atto criminoso era anche un sacrilegio. E se l’azione congiunta ha portato ad una così brillante soluzione lo si deve anche al fatto che i riflettori sono sempre accesi su questo tipo di reati».

Presente anche il sostituto procuratore David Mancini, titolare dell’inchiesta, «soddisfatto» per l’esito delle indagini, condotte in grande sinergia tra la polizia e carabinieri, «perché hanno fatto luce su un reato che ha colpito il sentimento più intimo dei cittadini, così legati alla memoria di papa Wojtyla. Questo stato d’animo ha fatto sì che il lavoro fosse ancora più serrato e che portasse presto i suoi frutti. E’ comunque la dimostrazione – ha aggiunto il pm – della grande attenzione verso il territorio, che ha consentito di arrivare presto ai tre giovani che si sono resi responsabili del furto, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, senza sapere che il pregio era sostanzialmente quello religioso. Quando si sono resi conto che il contenuto della teca non era oro e quindi non sarebbe stato smerciabile, se ne sono disfatti seppellendola, insieme al crocefisso, nella campagne adiacenti alla Basilica di Collemaggio. L’interesse dei ragazzi era verosimilmente il filo d’oro nascosto oltre il vetro. L’angioletto dorato è stato invece ritrovato nella perquisizione condotta a casa di uno dei tre giovani. La reliquia, d’ora in poi, non perderà valore, ma anzi porterà con sé quello aggiunto dello sforzo compiuto dalle istituzioni per restituirla alla comunità aquilana».

CACCIA AI FRAMMENTI MANCANTI – Le ricerche dei frammenti mancanti della reliquia di Giovanni Paolo II stanno comunque «proseguendo con la [i]task force[/i] della polizia scientifica e il cane molecolare, specializzati nella ricerca di tracce ematiche»,

ha spiegato il dirigente della squadra mobile Maurilio Grasso, precisando che i tre giovani «sono stati molto collaborativi, indicando subito il punto dove avevano seppellito gli oggetti sacri sottratti. Ma si sono liberati della reliquia a Tempera, nell’area parcheggio di un Map (modulo abitativo provvisorio, ndr) dove abita uno di loro, dopo aver rotto il vetro che la conteneva». Grasso ha poi sottolineato che «il risultato è stato possibile perchè si inserisce nella campagna di contrasto, da tempo avviata dalla questura, contro i reati sul patrimonio, posta in essere dalla quarta sezione della squadra mobile. La tecnica è quella di svolgere un’attività puntuale anche su piccoli furti e proprio nelle indagini relative ad uno di questi si è arrivati ai tre giovani, ciascuno con un proprio lavoro».

«L’idea di sottrarre il reliquiario – ha spiegato il dirigente – si è consumata proprio perchè uno di loro è elettricista e aveva svolto dei lavori nell’area della chiesa, e collegandosi con il palo dell’enel, è riuscito a fare luce all’interno e ad impossessarsi degli oggetti. Poi si è allontanato con il complice, mentre il terzo li aspettava in auto ad Assergi. Si tratta di ragazzi che saltuariamente fanno uso di stupefacenti e sono dediti a questi piccoli reati senza ulteriori particolari finalità criminose».

Il capitano dei carabinieri Roberto Ragucci, comandante del Nucleo informativo del reparto operativo, ha aggiunto che il comando provinciale dell’Arma, «dall’inizio dell’indagine non ha trascurato nessuna pista: nell’immediatezza dei fatti – ha ricordato – ha infatti organizzato un battuta con più di 50 carabinieri nei pressi del santuario, proprio nella convinzione che i ladri avrebbero potuto disfarsi della refurtiva lì intorno».

Infine, il questore Rizzi ha evidenziato «il frutto di un lavoro investigativo di base che è stato impostato in città, rendendola più sicura. Grazie ad un lavoro serrato, e silenzioso dell’attività di [i]intelligence[/i], che fa da sfondo a quella più visibile delle pattuglie – ha concluso – è stato possibile raccogliere elementi probatori che hanno dato presto i loro frutti».

Per i tre giovani, denunciati a piede libero per concorso in furto aggravato, «il perdono di Giovanni Paolo II è sicuramente totale, e anche quello delle autorità ecclesiastiche aquilane», ha detto monsignor Giovanni D’Ercole chiudendo la conferenza stampa. D’Ercole ha anche riferito i saluti e i ringraziamenti dell’arcivescovo Giuseppe Petrocchi «per tutto il personale impiegato nelle ricerche».