
L’Italia trema ogni 25 minuti. Nel 2013 i sismologi hanno registrato 21.369 terremoti, cioè 60 scosse al giorno: un dato superiore rispetto a quello degli ultimi tre anni, ma inferiore rispetto a quello del 2009 – l’anno del terremoto dell’Aquila in cui sono morte 309 persone – quando se ne registrarono circa 26mila.
I dati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) relativi all’anno appena concluso, ribadiscono ancora una volta quanto il nostro paese sia attivo dal punto di vista sismico e confermano come le uniche strategie concrete di difesa nei confronti di un fenomeno non prevedibile siano un’attenta prevenzione, una costante messa in sicurezza del territorio e, soprattutto, degli edifici, e un’adeguata informazione ai cittadini.
I dati sono stati analizzati oggi dalla Commissione Grandi Rischi in una riunione convocata da tempo per fare il punto sia sui numeri del 2013 sia sulle sequenze sismiche in atto dall’inizio dell’anno.
Leggendo nel dettaglio i dati viene fuori però che, nonostante il numero complessivo dei terremoti sia stato nel 2013 più elevato degli ultimi anni, gli eventi di magnitudo 5.0 sono stati molti meno, ad esempio, del 2012. L’anno scorso solo un terremoto – quello del 21 giugno in Lunigiana, seguito da una sequenza sismica con più di 2.500 terremoti – ha avuto una magnitudo di 5.2; nel 2012 furono invece dieci.
Gli strumenti dell’Ingv hanno inoltre registrato 26 eventi con una magnitudo compresa tra 4.0 e 4.9: di questi, gli eventi più forti si sono avuti in Garfagnana il 25 gennaio (magnitudo 4.8), in provincia di Frosinone il 16 febbraio (magnitudo 4.8), il 21 luglio sulla costa marchigiana (magnitudo 4.9) e il 29 dicembre nel matese (magnitudo 4.9).
Come negli anni precedenti, sottolinea l’Istituto di geofisica e vulcanologia, «più del 70% dei terremoti si è manifestato attraverso sequenze sismiche, alcune delle quali hanno avuto breve durata e pochi eventi, mentre altre sono durate diversi mesi e hanno superato il migliaio di terremoti registrati». In ogni caso, entrambe hanno interessato «praticamente tutte le zone sismiche del paese».
Le sequenze più lunghe, alcune delle quali tutt’ora in atto, sono state registrate in Toscana, nella zona della Garfagnana, in Umbria, nella zona di Gubbio – dove nel 2013 ci sono state 5.800 scosse – e tra Basilicata e Calabria, nell’area del Pollino.
I dati di tutti i terremoti registrati nel paese, dice ancora l’Ingv, «sono molto importanti per la ricerca e per lo studio delle caratteristiche del nostro territorio» e, in particolare, «permettono di identificare le faglie attive e di ricostruirne le caratteristiche in profondità», ma consentono anche di studiare la struttura della crosta terrestre, utile per comprendere «l’evoluzione delle zone dove avverranno i futuri terremoti, dei vulcani e delle zone geotermiche».