
I finanzieri del Gico dell’Aquila hanno arrestato otto persone con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti nel territorio compreso tra Teramo e Ascoli Piceno nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila. Sono stati sottoposti a sequestro mezzo chilo di eroina e beni per un valore di un milione di euro. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Fausto Cardella e dal Pm Fabio Picuti.
I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE – Dalle prime ore della mattinata di oggi, sessanta finanzieri del Gico (Gruppo investigazione criminalità organizzata) dell’Aquila e della compagnia di Giulianova – con l’ausilio di unità cinofile, dei “baschi verdi” di Pescara e dei finanzieri del nucleo di Polizia tributaria di Ascoli Piceno – stanno dando esecuzione a otto ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale dell’Aquila, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti a carico dei componenti di quella che i finanzieri definiscono
«una consorteria criminale», costituita prevalentemente da
«soggetti appartenenti a famiglie rom stanziali legati da vincoli di parentela diretta, operativa sul litorale della provincia di Teramo e della vicina provincia marchigiana di Ascoli Piceno».
Il clan, che, secondo quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, «opera storicamente nei territori di Alba Adriatica (Teramo) e Martinsicuro (Teramo), sarebbe dedito «in maniera sistematica alla commissione di svariati delitti e ha il monopolio del traffico dell’eroina sulla costa». Per questo la Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila e il il Gruppo investigazione criminalità organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Tributaria dell’Aquila hanno orientato la propria azione investigativa su questa organizzazione.
Gli arresti costituiscono l’atto conclusivo di una vasta indagine denominata “Big Stone”, avviata nel mese di marzo del 2012 dal Gico dell’Aquila e dalla Compagnia di Giulianova e coordinata dal procuratore della Repubblica dell’Aquila Fausto Cardella e dal Sostituto procuratore Fabio Picuti. L’operazione ha consentito di reprimere o ricostruire decine di episodi di traffico e centinaia di episodi di spaccio di eroina.
L’indagine si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali e servizi di osservazione e pedinamento e ha consentito di fare luce, nel dettaglio, sulle attività degli arrestati, ritenuti dagli investigatori «tutti personaggi ben avvezzi ai frequenti interventi delle forze dell’ordine e per questo motivo particolarmente attrezzati ad eluderne i controlli».
Alcuni degli indagati, agli arresti domiciliari per reati analoghi, secondo quanto ricostruito dai finanzieri
«dalla loro abitazione ordinavano l’eroina da fornitori operanti nella vicina provincia di Ascoli Piceno e rivendevano lo stupefacente ai propri clienti, forti del capillare controllo del territorio in cui operavano». Secondo gli investigatori, persino i figli minori di due degli arrestati sarebbero stati impiegati come «vedette per controllare la presenza di forze dell’ordine nella zona e per effettuare le consegne dell’eroina».
I finanzieri dell’antidroga, con un certosino e articolato lavoro investigativo sottotraccia, sono riusciti a monitorare e ricostruire tutte le fasi del traffico reprimendo, quando possibile, episodi di spaccio che hanno portato a sequestri complessivi da quasi mezzo chilo di eroina. Questo ha consentito agli investigatori di
«individuare e attribuire a ciascun indagato il ruolo, le responsabilità e la posizione gerarchica all’interno dell’organizzazione. La complessità ed efficacia delle indagini è testimoniata proprio dai numerosissimi episodi di cessioni a terzi destinatari/consumatori finali accertati e repressi, tipici di una capillare organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti».
Oltre alla ricostruzione dell’operatività della presunta associazione per delinquere, le indagini svolte dai finanzieri sono state orientate anche a ricostruire «il profilo economico-finanziario degli arrestati, al fine di garantire l’aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti attraverso il traffico di sostanze stupefacenti».
A seguito di un articolato screening patrimoniale, sono state infatti accertate disponibilità ritenute
«ingiustificate» di beni immobili, nonché di «liquidità finanziarie su conti correnti bancari, nell’ordine di circa un milione di euro». Sono stati quindi posti in sequestro, su disposizione del Gip del Tribunale dell’Aquila Marco Billi, due immobili ubicati nei comuni di Alba Adriatica e Martinsicuro, nonché tutte le disponibilità bancarie esistenti sui conti correnti riconducibili agli indagati.