Chiodi: «Restituitemi la dignità»

5 febbraio 2014 | 12:16
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Chiodi: «Restituitemi la dignità»

Ora «restituitemi la dignità», dopo le accuse di aver usato fondi pubblici per spese private e rimborsi di somme non dovute. Lo ha detto il governatore dell’Abruzzo, Gianni Chiodi, ai giornalisti convocati questa mattina a Pescara per una conferenza stampa, il giorno dopo l’interrogatorio in Procura relativo all’inchiesta sulla presunta rimborsopoli abruzzese che vede indagate, oltre al presidente, altre 24 persone.

In merito all’interrogatorio di ieri Chiodi ha ribadito di essere certo di aver soddisfatto tutte le perplessità dei magistrati.

LA NOTTE IN HOTEL – Questo il commento, invece, sulla notte trascorsa in hotel a Roma, che è stata frutto di numerose polemiche: «Che si trattasse di due persone e quindi che non ci sono stati raggiri lo conferma la fattura». Nella fattura, riferisce Chiodi, «c’è scritto due persone, così come si rileva dalla tassa di soggiorno».

LE MISSIONI CONTESTATE – Per il capo d’imputazione di peculato ed eventuale truffa, l’ammontare al centro dell’inchiesta della Procura di Pescara per il governatore dell’Abruzzo, Gianni Chiodi, «è di 29 mila euro con una contestazione di 184 missioni di cui 164 a Roma e le altre in Italia e all’estero». Oltre alle missioni romane a Chiodi vengono contestate, tra le altre, quelle di Milano, Arezzo, Taormina, Parigi e Nizza.

{{*ExtraImg_185760_ArtImgRight_300x199_}}Chiodi ha spiegato che le contestazioni derivano dal fatto che le missioni vengono indicate «con una generica dicitura di incontro istituzionale. Una pratica consolidata da 20-30 anni». Il governatore ha inoltre sottolineato che le missioni all’estero e in Italia «sono state facilmente ricostruite», si sta procedendo con quelle di Roma «che al 99% sono relative a missioni istituzionali o di rappresentanza correlate alle mie quattro cariche», nei quattro anni oggetto dell’inchiesta.

Oggi, inoltre, Chiodi ha illustrato nel dettaglio i motivi delle singole missioni, mettendo in evidenza di aver avuto una lunga serie di «rapporti istituzionali», in questi anni, e di essersi recato a Roma circa 300 volte, ma sempre «per fini istituzionali» e per motivi legati alle sue quattro cariche (cioè come presidente della Regione, commissario per la ricostruzione, commissario per la sanità e vice presidente dell’assembla delle Regioni d’Europa). Molte volte, raggiungendo la capitale, non ha neppure maturato il diritto alla diaria (che scatta dopo otto ore) e non ha compilato la scheda di missione.

{{*ExtraImg_185761_ArtImgRight_300x199_}}Dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, valutando tutto il materiale a sua disposizione, Chiodi ha appurato che in «numerosi casi» gli sono state rimborsate «somme inferiori a quelle spettanti», senza che se ne rendesse conto e anche di questo si è parlato ieri in Procura. Ha anche chiarito di aver chiesto il rimborso di «69 pasti su 197 missioni, cioè un terzo dei pasti che avrei potuto chiedere se il mio scopo fosse stato quello di caricare sulla Regione delle spese false». Ha anche sottolineato che se invita qualcuno a pranzo il conto rientra nelle spese di rappresentanza e ha fatto notare di non avere un telefono a carico dell’ente ma di pagare di tasca sua il proprio conto telefonico. «Non ho approfittato dei fondi regionali se non per scopi di carattere istituzionale – ha proseguito – e sono convinto che la Procura ha gli elementi per una valutazione serena», sulla base di tutta la documentazione che ha consegnato.

«NESSUN FAVORITISMO» – In merito alla vicenda della consigliera di parità, Chiodi si è detto «contento» dell’iniziativa della Procura. «Da parte mia nessuna influenza che potesse determinare un favoritismo. Questo lo accerterà la Procura».

Quel giorno era a Roma per le celebrazioni dell’Unità d’Italia, ha spiegato Chiodi rispondendo a una domanda sui motivi della missione che lo portarono a rimanere la notte nella capitale. E ha chiesto ai giornalisti, prima di iniziare le domande, di avere per la sfera personale «una considerazione particolare» e ha precisato di essere in conferenza come presidente della Regione.

{{*ExtraImg_185762_ArtImgRight_300x201_}}Alla domanda se fosse stata tradita la giustizia sociale, Chiodi ha risposto: «Ma quale giustizia sociale tradita! La consigliera di parità non è una scelta discrezionale e proprio perché c’era questa situazione personale non ho influito in alcun modo. Lo dirà la Procura. Capisco che ci possano essere suggestioni, ma non è così». «Io ho sempre tenuto separate le questioni sentimentali e istituzionali – ha aggiunto Chiodi – Quelli che sono i miei rapporti personali non hanno trovato un minimo di favoritismo o di interesse personale. L’imbarazzo – ha detto rispondendo ai giornalisti – l’ho provato per le cose che sono state scritte. E’ possibile che vi siano relazioni sentimentali che non ti portano a sconfinare nella scorrettezza».

Ai cronisti che gli hanno chiesto con che spirito rientri in casa la sera, il presidente ha risposto «entro a casa mia perché lì trovo gli affetti».

In relazione alla consigliera di parità, Chiodi ha garantito ai giornalisti che non ci sono stati favoritismi a suo favore neppure per quanto riguarda l’incarico, ricevuto dal Governo Berlusconi, per la realizzazione di un centro poliedrico per le donne, dopo il terremoto del 2009 a L’Aquila. E’ stato il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna a ritenere che i fondi del ministero dovessero essere gestiti dalla consigliera e cioè che «il soggetto attuatore dovesse essere la consigliera di parità, essendoci un’attinenza» con la materia, ha spiegato Chiodi. I fondi del Dipartimento delle Pari opprtunità erano pari a tre milioni di euro: uno e mezzo andava gestito dalla consigliera di parità, come soggetto attuatore, e un milione e mezzo dalla Curia, tramite il commissario, che era Chiodi, ma assicura di non aver mai deciso da solo su questi aspetti. «Mi si potrebbe chiedere – ha detto Chiodi – come mai c’era la Curia, il cui intervento può sembrare più inusuale e anomalo in questo settore rispetto alla consigliera di parità. Ma noi puntammo molto sull’apporto del mondo religioso su queste tematiche». Il presidente ha anche chiarito che il blocco dei fondi ha «riguardato la Curia e non la consigliera di parità». Ha inoltre assicurato che il suo «agire è stato assolutamente corretto sotto il profilo amministrativo e istituzionale». «E’ possibile – ha concluso – che ci siano relazioni sentimentali che non ti portano a sconfinare nel favoritismo o nella scorrettezza istituzionale. Ed è il mio caso. Io ho fatto quello che dovevo fare».

In merito alla vicenda che riguarda la sorella della consigliera di Parità, l’assunzione a tempo determinato nella segreteria dell’assessore regionale al Personale, Federica Carpineta, «è discrezionale, ma è nella facoltà dell’assessore». «Le segreterie degli assessori – ha precisato Chiodi – da sempre, in tutte le Regioni, hanno diritto ad avere uno staff politico di fiducia per il tempo di durata della carica di assessore».

«NESSUNA CRESTA SUI RIMBORSI» – «Voglio dire agli abruzzesi – ha detto – che non c’è accusa più infamante di essere considerato una persona che fa la cresta sui rimborsi. Non c’è. E quindi su questo punto spero di aver chiarito tutto e spero anche che di questa cosa la Procura possa tener conto». «Credo – ha aggiunto Chiodi – che su questo punto di vista non ci sono delle cose che devono essere chiarite, nel senso che devono essere reperite solo alcune altre documentazioni».

Il governatore ha ribadito di non aver mai omesso nulla e che spesso, invece, ha rinunciato ad ottenere i rimborsi ‘pure dovuti’. «Per le spese di rappresentanza nel 2012 avevo un budget di 50 mila euro, molto meno di quello che avevano i miei predecessori. Alla ragioneria ne ho restituiti 45 mila. Nel 2013 stessa dotazione e a fine anno la restituzione è stata di 47.500 euro. Non ho mai inteso fare alcuna cresta, come è evidente. Su questo punto di vista mi sento sereno, forte, tranquillo e sento di non aver nulla da addebitarmi».

«Il mio silenzio in questi giorni – ha aggiunto – è stato dovuto al rispetto per la magistratura che era giusto che prima conoscesse lei le situazioni, ma anche per la necessità di reperire della documentazione che andava vista».

LA SFERA PERSONALE – Chiodi non si è sottratto dal parlare di aspetti personali. «Per quanto riguarda le questioni che non attengono a vicende giudiziarie – ha affermato – voglio chiarire subito che gli aspetti personali hanno diritto di essere chiariti ai cittadini se hanno riflessi sul mio comportamento istituzionale. E a questi aspetti non mi sono sottratto. Qualcuno dice che ho commesso un errore, che ho fatto una ingenuità. Ma io sono fatto così. Si possono fare degli errori, l’importante è ammetterli». «Su questi aspetti – ha ribadito – non mi sono sottratto, chiarendo che non hanno mai influito sulla mia attività istituzionale».

IL BIGLIETTO AEREO – Il presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi ha chiarito anche la vicenda relativa al biglietto aereo per Washington della moglie, che avrebbe pagato con fondi regionali, stando alla ricostruzione della Procura di Pescara. Chiodi ha sottolineato che la moglie «sarebbe stata legittimata» ad andare con lui a Washington, nel 2009, «con costi a carico della Regione», «perchè era invitata con me, come consuetudine in occasioni di rappresentanza di questo livello», ha specificato il presidente.

Il costo del biglietto in business class è stato di circa 2.800 euro. Si trattava di una riunione «dell’assemblea annuale dell’associazione degli italo americani negli Stati Uniti» e parteciparono anche Hillary Clinton e Nancy Pelosi, che era la terza carica dello Stato e per l’Italia c’era anche il capo della polizia, Manganelli. Chiodi ha ricordato di essere stato «relatore e ospite d’onore».

{{*ExtraImg_185763_ArtImgRight_300x199_}}All’epoca Chiodi ritenne «assolutamente inopportuno» che la Regione dovesse sopportare il costo del biglietto della moglie, «pur avendone diritto», per cui decise di pagare di tasca propria e chiese che la fattura della moglie venisse intestata a lui. A dimostrazione di ciò il presidente della Regione ha esibito alla Procura, ha detto oggi, copia della corrispondenza intercorsa tra la sua segreteria e l’agenzia di viaggi per la richiesta dei due biglietti aerei con fatture diverse (cioè una fattura per la Regione per il suo volo e una fattura a suo nome per il volo della moglie), le note contabili della Regione, la copia del bonifico bancario dal suo conto personale a favore dell’agenzia per pagare il biglietto della moglie, la documentazione che attesta l’avvenuto incasso da parte dell’agenzia del bonifico effettuato dal suo conto corrente, sempre per il biglietto della moglie.

«Forse – ha chiarito di fronte ai giornalisti – quando l’agenzia ha agganciato il pagamento avvenuto con carta di credito, lo ha agganciato a quello di mia moglie mentre il mio bonifico personale è stato agganciato al mio biglietto». Chiodi ritiene di aver fornito la dimostrazione di «una chiara volontà di non mettere a carico della Regione alcunchè», per il biglietto della moglie. Il presidente è venuto a sapere del «problema con la carta di credito» quando gli hanno notificato l’avviso di garanzia e in quella occasione ha detto ai carabinieri che «era un errore clamoroso». Ha anche chiarito che ad occuparsi dei pagamenti è stata la sua segretaria.