
Dalle prime ore di questa mattina, i carabinieri stanno eseguendo, nella provincia di Chieti e in altre località italiane, un’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico di 31 indagati per associazione di tipo mafioso, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti.
Le indagini del Ros dei Carabinieri hanno consentito di scoprire un presunto sodalizio di tipo camorristico con a capo diversi esponenti storici dei clan della Campania.
Il presunto sodalizio di matrice camorristica avrebbe gestito con modalità tipicamente mafiose– caratterizzate dal ricorso alla violenza e alle intimidazioni – il controllo delle piazze di spaccio nell’area compresa tra Francavilla, Vasto, San Salvo e altri comuni del Chietino.
OPERAZIONE ‘ADRIATICO’, 84 INDAGATI – Complessivamente, gli indagati dell’operazione dei Ros dell’Aquila, denominata “Adriatico“, sono 84, di cui soltanto per 15 viene contestato il grave reato dell’associazione per delinquere di tipo mafioso.
Arresti e perquisizioni – oltre che nella provincia di Chieti, tra cui Gissi, Guardiagrele, Ortona, San Buono e Rapino – sono stati eseguiti a Napoli, Campobasso, Bari, Foggia, Salerno, Ascoli Piceno, Latina e Teramo.
Le indagini dei carabinieri del Ros hanno portato a sgominare un presunto sodalizio di matrice camorristica diretto da esponenti di storici clan campani, come quello dei Vollaro. Il clan Vollaro è un clan camorristico operante nella zona est di Napoli, più precisamente nell’area del Comune di Portici, zona completamente messa a tappeto dalle estorsioni. L’organizzazione è stata definita dalle autorità competenti clan di accattoni, infatti per la venalità dei suoi affiliati, non vengono risparmiati alla richiesta di pizzo anche modesti ambulanti che in prevalenza sono cittadini extracomunitari. Uno dei primi clan a schierarsi con Carmine Alfieri, ora pentito, nella lotta alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo ed è all’interno della Nuova Famiglia, che i Vollaro stringono le proprie alleanze.
LE ACCUSE – I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip del Tribunale dell’Aquila Giuseppe Romano Gargarella, su richiesta del procuratore distrettuale antimafia, Fausto Cardellla, e dei sostituti Antonietta Picardi e David Mancini.
L’accusa è di associazione di tipo mafioso, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti.
LE INDAGINI – La Direzione nazionale antimafia ha seguito costantemente le complesse attività investigative, anche in relazione agli inediti profili associativi mafiosi che, per la prima volta nel distretto aquilano, sono stati contestati e ritenuti sussistenti nei confronti dei principali indagati.
Le ordinanze sono state firmate a conclusione di un’attività investigativa, avviata nell’aprile 2012, in direzione di un presunto sodalizio criminale di matrice camorristica attivo nell’area vastese-frentana della provincia di Chieti, che ha trovato importanti fonti di prova sia dai riscontri info-operativi che dalle analisi criminali susseguenti agli arresti effettuati, in particolare, nel corso delle operazioni “Pipistrello” e “Tramonto”, portate a termine, rispettivamente nel 2009 dal Nucleo investigativo del Comando provinciale di Chieti e nel gennaio del 2012 dalla Compagnia di Vasto.
Tali attività erano essenzialmente rivolte a disarticolare la presunta associazione criminale facente capo a Lorenzo Cozzolino, elemento apicale di una fazione scissionista del clan Vollaro.
L’operazione riguarda, in definitiva, un pericolosissimo sodalizio criminale che avrebbe imposto, su una realtà territoriale tradizionalmente estranea a forme stanziali di criminalitaà organizzata, condizioni di assoggettamento e forme d’intimidazione ampiamente documentate e tali da contestare, per la prima volta nel distretto giudiziario abruzzese, la fattispecie dell’associazione di tipo mafioso.
COZZOLINO COLLABORA, LE INDAGINI DECOLLANO –
I dettagli dell’operazione sono stati spiegati nel corso di una conferenza stampa all’Aquila, alla quale ha partecipato anche il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
Nel periodo che va dal 2003 al 2008, tra alterne vicende detentive, Cozzolino, che poi collaborerà con gli inquirenti, con la sua organizzazione si sarebbe reso responsabile, quale esecutore o mandante, di numerosi atti di intimidazione, tentati omicidi e incendi di autovetture e beni immobili. Tali atti violenti sarebbero stati anche rivolti ad alcuni appartenenti alle forze dell’ordine e loro familiari.
In tale contesto l’uomo sarebbe riuscito anche a superare le resistenze di alcuni rom stanziali dediti autonomamente allo spaccio di droga detenendone prima del suo arrivo la gestione del mercato. Il gruppo, così strutturato, sarebbe riuscito a costringerli ad acquistare il narcotico dalla propria organizzazione e sottoporli alla propria egemonia.
E’ a febbraio 2012, all’indomani di un’operazione dell’Arma di Chieti, l’indagine “Tramonto”, che ha portato alla cattura di 63 indagati per traffico di stupefacenti, detenzione di armi ed altro, che Lorenzo Cozzolino e la compagna Italia Belsole hanno iniziato a collaborare con la giustizia, rendendo dichiarazioni alle D.d.a. dell’Aquila e Napoli.
Tale collaborazione ha permesso di operare una rilettura di numerosi fascicoli processuali, trattati precedentemente dalle procure ordinarie per reati minori, consentendo una più ampia visione del fenomeno criminale.
La meticolosa attività di riscontro e di approfondimento investigativo, sviluppata sotto la direzione della Procura distrettuale aquilana, ha confermato il quadro indiziario riscontrando, nel dettaglio, le innumerevoli attività illecite commesse in quegli anni dal sodalizio indagato e consentendo di documentare: le origini, la struttura e le gerarchie interne del sodalizio; le modalità tipicamente mafiose di affermazione sul territorio, attraverso il sistematico ricorso alla violenza, ad attentati dinamitardi, a conflitti a fuoco, a pestaggi e ad altre gravi forme di intimidazione, perpetrate, sia all’interno del sodalizio per consolidare le gerarchie interne, sia all’esterno per estendere la propria supremazia sul territorio; il sostentamento degli affiliati detenuti e dei loro familiari, di cui l’organizzazione si faceva carico disponendo, alternativamente, l’erogazione della cosìdetta “settimana”, o cancellando eventuali debiti contratti; la disponibilità di armi da fuoco, a volta utilizzate con estrema disinvoltura anche in luoghi pubblici molto frequentati, con i conseguenti rischi per l’incolumità dei passanti; l’utilizzo di diversi canali, sia nazionali che esteri, per l’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, nonchè i contatti mantenuti da Cozzolino con referenti calabresi e con noti narcotrafficanti di cocaina stanziali in Olanda e Germania.
Nell’ambito dell’indagine, a riscontro delle dichiarazioni dei due coniugi, sono stati rinvenuti e sequestrati, occultati all’interno di un casolare di proprietà di un presunto appartenente all’organizzazione, alcuni silenziatori di fabbricazione artigianale, giubbotti antiproiettile, lampeggianti del tipo in dotazione alle forze di polizia e manette prive di matricola.
A riscontro delle dichiarazioni della coppia gli inquirenti hanno evidenziato che a seguito di comparazioni balistiche eseguite dai carabinieri del Ris su alcuni bossoli e ogive repertati in occasione di alcuni fatti di sangue susseguitisi negli anni, è stato inoltre documentato il presunto coinvolgimento in quei delitti dei coniugi Cozzolino-Belsole e dei propri sodali.
L’inchiesta “Adriatico” che ha portato a sgominare il primo clan camorristico sul litorale chietino, con l’arresto di 29 persone, si basa su rivelazioni dei coniugi Lorenzo Cozzolino, 44 anni, originario della provincia napoletana, e della moglie, Italia Belsole anch’essa dell’hinterland napoletano, che hanno deciso di collaborare con le Direzioni Distrettuali Antimafia dell’Aquila e di Napoli dopo essere stati arrestati nel febbraio 2012 nell’ambito dell’operazione dei carabinieri di Chieti “Tramonto”, con 63 indagati accusati, tra l’altre, di traffico di droga e detenzione di armi.
Nell’ambito di questo blitz i due figurano tra gli indagati proprio per la collaborazione con la giustizia: marito e moglie erano a capo del clan camorristico infiltratosi in provincia di Chieti, Lorenzo è figura apicale di una fazione scissionista del clan Vollaro di Portici (Napoli), sua moglie è figlia del defunto Attilio Belsole, altro esponente di spicco dello stesso clan.
In provincia di Chieti in dieci anni hanno conquistato le piazze più importanti per lo spaccio degli stupefacenti «con modalità tipicamente mafiose di affermazione sul territorio, attraverso il sistematico ricorso alla violenza, ad attentati dinamitardi, conflitti a fuoco, pestaggi e altre forme di intimidazione, perpetrate sia all’interno del sodalizio, per consolidare le gerarchie interne, sia all’esterno per estendere la propria supremazia».