
di Claudia Giannone
Le stranezze di sabato pomeriggio, nel corso dell’incontro L’Aquila-Salernitana, non sono passate inosservate a nessuno. Soprattutto alla lista delle decisioni del Giudice Sportivo.
Si legge, infatti:
«[i]Ammenda di € 2.500,00 PER L’AQUILA CALCIO 1927 SRL[/i] per comportamento gravemente antisportivo, in quanto per due volte veniva attivato l’altoparlante con musica ad alto volume che disturbava lo svolgimento della gara; perché con la propria squadra in vantaggio l’attività dei raccattapalle veniva rallentata allo scopo di ritardare la ripresa del gioco; in particolare veniva lanciato sul terreno di gioco un secondo pallone costringendo l’arbitro ad interrompere un’azione favorevole alla squadra avversaria nei pressi dell’area di rigore».
Tre questioni diverse, tre momenti da analizzare partendo da differenti punti di vista.
Iniziamo con l’altoparlante attivato nel corso dell’incontro: la musica, che solitamente viene utilizzata quando la squadra di casa segna un goal, è invece stata udita per ben due volte nel corso della gara. Ma fino a che punto cinque secondi di una canzone possono disturbare l’andamento del gioco? E soprattutto, perché proprio dalla cabina in cui sono presenti organi di stampa e persone autorizzate dovrebbe arrivare un esempio simile? L’ammenda, da questo punto di vista, sembra essere davvero esagerata.
Il discorso dei raccattapalle. Da un lato, il comportamento dei ragazzi che hanno impiegato più tempo, con L’Aquila in vantaggio, per far riprendere il gioco.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: sugli altri campi, i raccattapalle rispettano sempre i tempi, oppure in ogni caso questi ultimi dipendono dal risultato?
Da sempre, nel corso delle partite, i ragazzi addetti al recupero dei palloni si regolano in base al tabellone, impiegando più tempo per restituire la sfera quando la squadra di casa è in vantaggio e affrettando il gioco quando accade l’inverso. Puntare l’indice contro questi comportamenti definendoli “gravemente antisportivi” e infliggere un’ammenda simile non è l’esempio più efficace di un calcio pulito.
Perché con raccattapalle che favoriscono la propria squadra, portieri che prendono tempo e giocatori che rimangono a terra per far passare i minuti, ogni singolo avvenimento andrebbe sanzionato.
Un esempio per tutti? Manolo Pestrin, rimasto esageratamente a terra nel corso dell’incontro L’Aquila-Ascoli per far trascorrere gli ultimi minuti di recupero assegnati e conquistare il pareggio. Nessuna sanzione per lui, tranne quella morale: il goal arrivato all’ultimo secondo per ristabilire l’equilibrio e dare [i]a Cesare quel che è di Cesare[/i].
Può esserci, invece, un minimo dubbio in più per quanto riguarda l’altro avvenimento dei raccattapalle: il secondo pallone che termina in campo mentre gli ospiti della Salernitana sono vicini all’area di rigore avversaria.
L’arbitro è costretto a fermare il gioco e le cose sembrano sospette agli occhi del pubblico campano. Considerando il fatto che i raccattapalle sono comunque dei ragazzi, che probabilmente erano intenti, come sempre, a scambiare alcuni passaggi dietro la porta aquilana, si potrebbe pensare che la sfera sia scivolata e finita in campo, senza una particolare intenzione. Testimone la curva rossoblù, che senza problemi ammette di aver visto la scena: una semplice disattenzione, un gesto che non dovrebbe accadere, ma che non è stato di certo voluto.
Decisioni arbitrali che lasciano l’amaro in bocca, che lasciano il dubbio, che lasciano il segno.