Don Chisciotte senza pace

14 febbraio 2014 | 14:32
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Don Chisciotte senza pace

Signore mio, è vero che da tanti secoli avete sempre ripetuto che “le vie del Signore sono infinite”. Ma, che tutte passassero sul corpo di Don Chisciotte, non ce lo avevate mai detto.

È diventato una trottola, lo fanno girare da tutte le parti. Ora, però, lo sappiamo e non possiamo fare a meno di averne la giusta cognizione. Dal terremoto del 2009 il massimo sindaco non ha più chiuso occhio. Non ha avuto neppure un giorno di pace. Lo hanno investito tutti e tutto. Paura, macerie, puntellamenti, demolizioni, ricostruzioni, bollette, sfratti, donazioni, finanziamenti, recuperi urbanistici, casette di legno, Accademia dell’Immagine, Procura, Corte dei Conti, TAR. Governo, ministri, commissari ministeriali, regione, provincia, comuni del cratere e, per chiudere, anche gli sfratti a chi non paga negli alloggi del progetto CASE.

[i]Figliola cara, quante volte ho raccomandato al massimo cittadino di parlare di meno. Di ascoltare di più. Di riflettere. Di scegliere i vocaboli adatti prima di aprire bocca. Può anche sembrare che il prossimo non ascolti. Non è così. Ascolta attentamente. Non risponde subito. Assimila. Elabora i pensieri. Rimugina e, alla fine, esplode in maniera incontenibile. E, allora, sono guai per l’interlocutore che, guarda caso, è quasi sempre lo stesso: Don Chisciotte. Quante volte, e tu ne sei testimone, ho raccomandato al primo cittadino di far tesoro del vecchio detto di Gellio: “Neque pudenda, neque poenitenda dici debere”, che ai tempi nostri assume questo significato: “Non devi mai dire cose di cui ti debba vergognare, né pentire di aver dette”.[/i]

Signore, è tutto vero quel che voi affermate. Ma, in fondo, che cosa potrebbe aver detto di tanto grave il nostro amato Don Chisciotte. Non mi sembra che sia stato poi tanto cattivo e pungente.

[i]Mia cara, debbo pensare che sei stata per molto tempo assente, o che non hai prestato molta attenzione alle gesta di Don Chisciotte. Non ti sei neppure accorta dell’epurazione del grande Silvio. Lo ha fatto scrivere su un grande striscione “non tornare più all’Aquila, gli aquilani non hanno bisogno di te”. Berlusconi è andato via senza replicare. Ha solamente chiuso i rubinetti dei finanziamenti. Ha cacciato in malo modo Bertolaso e quello, con grande soddisfazione, ha lasciato al massimo cittadino la mina vagante della gestione del progetto CASE con gli espropri da definire, le bollette e gli affitti da pagare e gli sfratti da fare. Roba che scotta! Ha riconsegnato la “fascia” al Capitano d’Italia, non ho capito bene di quale fascia si tratti, che è stata restituita al mittente con invito a smaltirla nel cassonetto dei rifiuti indifferenziati. Ha cacciato tanti commissari di campo, i Chiodi, i Cicchetti, la Barca. Ha fatto abbassare la testa ai Monti, ai Letta, ai Tremonti, ai Trigilia. Ha scritto le memorie di un povero sindaco. Ha inviato una lettera a Letta, che non è stata letta perché pervenuta fuori tempo massimo.[/i]

Signore mio, devo farvi notare, però, che s’è dato veramente da fare, anche se la fretta è risultata una cattiva consigliera e gli ha fatto fare dei gravi errori di valutazione. È anche vero che è stato molto sfortunato. Non doveva riconsegnare la fascia a Giorgio Napolitano. È stato solamente un errore di sostituzione di persona. Forse la voleva passare, “come testimone”, a Giorgio De Matteis. L’errore, comunque, dice poco. È stato meglio così, perché De Matteis non l’avrebbe certamente restituita, indossandola immediatamente. Ha rassegnato più volte le dimissioni per cercare di far concentrare l’attenzione sul massimo sindaco. Nessuno ne ha preso atto. Non se ne sono accorti neppure i dipendenti, perché, malgrado i ripetuti abbandoni, lo vedevano tutti i giorni nella sede municipale. Ha tentato di giocare la carta della sorpresa, chiedendo i finanziamenti per la rottamazione elettronica con i benefici della legge riservata alla chimica e alla farmaceutica. Ha fissato più di una volta la data di inaugurazione del nuovo scalo aereo. La prima volta è andata male, perché le carte non erano pronte. La seconda perche “le cicogne” migratorie erano già passate senza fare scalo a Preturo. La terza è stata caratterizzata dall’elegante disimpegno della compagnia aerea interessata per il volo inaugurale. L’ultima volta, pensate un po’, non si riusciva a trovare l’aeroporto dal quale decollare. Don Chisciotte, con tutto il gruppo collaudatore, ha dovuto recarsi prima a Fiumicino e poi a Ciampino. C’è mancato poco che non sono tornati tutti a piedi per la vecchia via consolare Salaria. Non mi dite che la sfortuna non ha recitato la sua parte.

[i]Cara Signora, il vecchio Tacito avrebbe liquidato il discorso con una semplicissima frase che voglio trascriverti, anche per sottoporla all’attenzione degli interessati, affinché ne prendano atto e ne facciano tesoro: “Domestica mala tristizia operienda sunt”. Sai cosa vuol dire? Te lo dico subito: “Il velo della tristezza copra le domestiche sventure”. Il messaggio è chiaro. Non ha bisogno di spiegazioni e di interpretazioni. Don Chisciotte dovrebbe parlare di meno, misurando accuratamente parole e discorsi. Dovrebbe attenersi di più alla realtà dei fatti. Lo ha detto anche Trifuoggi, il nuovo Vice. Ma, è difficile contenere i suoi impeti. Ha aggredito pubblicamente un consigliere di minoranza con termini abbastanza pesanti. Il giorno dopo, puntualmente, sulla stampa ha ricevuto un diretto in pieno viso. Oggi, ringalluzzito dalla presenza del tutore che gli hanno messo accanto, ha annunciato che farà guerra ai “morosi” del progetto CASE. Vuoi vedere che, quanto meno te lo aspetti, chiederà l’intervento dell’esercito, della NATO e dell’ONU. L’Europa non la coinvolgerà, perché non crede nelle capacità del vecchio continente. L’ultima esperienza l’ha vissuta con l’ospite danese che ha fatto passare gli aquilani per dissennati dissipatori delle sostanze comunitarie, facendoci correre il pericolo di restituire anche belle sommette all’Unione Europea. Così, oltre al danno, avremmo dovuto subire anche la beffa. Per fortuna, nessuno ha dato credito alla fumosa relazione “danese”. Spesso sono andato in sogno a Don Chisciotte, mentre riposava a Piazza d’Armi all’ombra del progetto del nuovo teatro che dovrebbe riqualificare la zona e gli ho ripetuto più volte, fino alla noia, un bel detto di Seneca, che tu dovresti ricordare, “Alium silere quod voles, primus sile”. Ma, non c’è stato nulla da fare. Non ha voluto ascoltare e, tra l’altro, non vuole neppure ricordare. Il massimo sindaco vuole inseguire i suoi sogni, anche se quasi tutti andranno a cozzare contro gli infiniti mulini a vento.[/i]

Signore, è vero che sono anziana. È altrettanto vero che i guai della vita mi hanno indurito il carattere, ma non la mente. Gli insegnamenti scolastici li ho assimilati bene e ricordo quasi tutto, anche perché ho dovuto continuare, ob torto collo, a seguire gli insegnamenti ricevuti per la carriera di insegnante, anche se il latino è stato abolito presso molte delle scuole nelle quali ho prestato la mia opera. La citazione di Seneca, debbo confessare, mi è sempre piaciuta. È stata e sarà sempre di grande attualità. Il significato dovrebbe essere questo: “Taci tu prima, se vuoi che altri taccia”. Condivido perfettamente il tuo punto di vista. È inutile prodigarsi in consigli e suggerimenti che non verranno mai ascoltati, tanto Don Chisciotte, anche in tempo di pace, ha bisogno di fare guerra ai mulini a vento, altrimenti non riposa. Prima che scoppino inauditi disordini di ogni genere. Prima ancora che arrivino all’Aquila la Celere o l’Esercito in assetto di guerra, richiamate pure la mia anima accanto a voi, affinché non assista a questo ultimo scempio sociale. E così sia.