Paralimpiadi e snowboard, dall’Abruzzo a Sochi

17 febbraio 2014 | 16:26
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Paralimpiadi e snowboard, dall’Abruzzo a Sochi

di Gioia Chiostri

Nulla accade per caso. La vita è scelta, opportunità. Sacrificio e gloria. E chi riesce a spuntarla diventa per altri un esempio. Parliamo di Paolo Di Pietro, avezzanese, classe ’80, laureato in fisioterapia dopo studi classici e stimato lavoratore presso l’Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini) di Canistro.

La sua storia, simbolo di sacrifici ricompensati, comincia un po’ per caso, come tutte le grandi storie che si intessono con i sogni segreti. «Nel 2010 – racconta – ho preso la laurea specialistica in Scienze della riabilitazione e dopo varie esperienze nel calcio e nel tennis, la mia professione è approdata negli sport di montagna. Tutto è nato nel mese di ottobre, a 3000 metri sullo Stelvio, durante il corso di formazione per maestri di snowboard. La squadra nazionale era lì per un allenamento». La fortuna ci avrà anche messo lo zampino, ma, come solitamente si dice in questi casi: [i]fortuna audaces iuvat[/i].

{{*ExtraImg_187510_ArtImgRight_300x449_}}«Uno degli atleti – continua il fisioterapista – ebbe un grave infortunio e l’allenatrice Silvia Bresciani, sapendo della presenza di un fisioterapista al corso maestri Abruzzo mi chiamò, mi chiese di valutare e trattare l’atleta. Senza alcun dubbio mi misi subito all’opera e il giorno seguente mi arrivò una telefonata dalla federazione (FISIP) e la loro soddisfazione per il lavoro svolto».

Quando si dice il colpo di fulmine del caso, che, però, ha sempre un retrogusto di opportunità colta al volo. «Dopo circa un mese – aggiunge Di Pietro – mi nominarono fisioterapista della Nazionale Paralimpica di snowboard e ora sono qui dopo America e Canada a preparare le valigie per Sochi (3-17 marzo). Sono onorato di essere stato nominato dal presidente Tiziana Nasi, ma sono ancor più contento di essere entrato a far parte di un gruppo così importante».

E la famiglia come l’ha presa? «La mia famiglia – risponde – ha reagito con tanto entusiasmo e gioia a questa chiamata e sono sicuro di aver ripagato i sacrifici che loro hanno fatto per me. Esperienza entusiasmante, poi, in coppa del mondo, dove ho conosciuto persone nonché atleti che portano la loro disabilità con serenità e affrontano la vita di tutti i giorni senza stress e con disinvoltura. Un vero emblema di speranza e di caparbietà. Hanno tanto da insegnare».

Un aneddoto particolare da raccontare? «Non riesco ancora a spiegarmi come in Colorado a 3700 metri ci siano ancora gli abeti ed una ricca vegetazione, mentre le nostre montagne a 2000 metri presentano solo stratificazioni rocciose», dice ridendo.

Questo ragazzo sembra avere la determinazione nel sangue. «Tra pochi mesi – conclude – spero di diventare maestro di snowboard e cercherò in tutti i modi di realizzare il mio sogno: quello di avvicinare lo snowboard alla disabilità e dare nuove speranze e possibilità a persone che ne hanno veramente bisogno». E noi speriamo di aver dato la testimonianza di un giovane che, nel tunnel della disoccupazione e inoccupazione generale, ce l’ha fatta. Molti fiori nascono sul sentiero di chi, sudando, ne conquista la vetta.

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