
di Valter Marcone
Su [i]IlCapoluogo[/i] Giuseppina Riocci, presidente della Pro Loco di San Demetrio né Vestini, ha presentato la storia di Re Carnevale, le allegre esequie, il testamento, il falò propiziatorio e tanto altro che sarà raccontato a San Demetrio ne’ Vestini il 2 marzo 2014, in piazza Garibaldi, dalle 15 in poi.
In sostanza è il racconto espresso in tanti riti arcaici, unificati dal “capo d’anno”, da cui deriva il paradosso del mondo rovesciato rispetto alla consuetudine, che si esprime nelle caratteristiche di tale festa: abolizione dei ruoli sociali servo-padrone, povero- ricco; travestimento, maschio-femmina, vecchio- bambino; maschere allusive alla morte e invenzione di carri.
Un Carnevale che gioca sulla piazza la partita tra la sospensione del diritto, la rivisitazione delle norme e regole sociali nel rito di distruzione simbolica del passato e la Quaresima che fa da contrappeso, ricomponendo quella società capovolta, bizzarra, burlesca di saltimbanchi e giullari[. . .] il male accumulato tutto l’anno diventa verità per finire poi narcotizzato dal tempo liturgico cristiano. Anche se Carnevale nel mondo attuale si è svuotato dei significati originali, perché “[i]il disordine ha fatto irruzione nell’intero corso dell’esistenza e si è a tal punto generalizzato da far sì che noi viviamo in realtà, si potrebbe dire, in un sinistro carnevale perpetuo[/i]” (René Guénon).
Partendo da queste idee, “Preghiera di febbraio“ è una poesia che non vuole celebrare il carnevale ma ricordare come scrive Montale “[i]Se la ruota si impiglia nel groviglio/ delle stelle filanti ed il cavallo/ s’impenna tra la calca, se ti nevica/ fra i capelli e le mani un lungo brivido/ d’iridi trascorrenti[/i]” ti dice che il viaggio della vita è cominciato da tanto, salutato dalle ocarine dei ragazzi che una volta all’anno, ti ricordano, loro, che è un bel viaggio, specialmente quando può camminare sulla terra del carnevale .
Preghiera di febbraio
Sognavamo di cancellare con le creme
e i fondotinta le rughe sul viso
di farle di cartapesta a carnevale
ma fu tutto di cartapesta, ahimè,
l’anima, il cuore, il volto,
le ossa e fu di cartapesta
anche il sole, il mare, il cielo.
Un esperimento finito male.
Tanto dicevamo è carnevale
senza sapere se fosse la parola
più appropriata alla voglia di vita
che avevamo.
Un carnevale, credo, che mente
appena un po, per cambiare il mondo
ci vuole ben altro che parole e un alfabeto.
Cacciamo l’alfabeto tra i campi,
le piazze, le case, le fabbriche
rincorriamolo clandestino,
c’è però una debolezza al centro
dell’alfabeto:- f, g, h, i,- sono le lettere
che non hanno niente a che fare
con la a di amore, la b di bontà,
la c di cuore, le forti lettere
delle pagine dei dizionari e delle enciclopedie.
Eppure, eppure f di f-ame, g di g-uerra, i di i-ngiustizia,
nel labirinto disarmonico dei giorni
mese dopo mese, anno dopo anno diventano
note a pastelli, colori sonori del mondo
di quell’altro mondo nel quale carnevale
è un lungo sonoro fa diesis .
Ma con la cartapesta e il vocabolario
non si cambia il mondo. Preghiera
di febbraio al buon Dio, mandaci
una nuova quaresima che di carnevale
conservi una reliquia
perché di questa e nient’altro è la Terra.
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