Ricostruzione, caccia agli ‘edifici incongrui’

4 marzo 2014 | 14:20
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Ricostruzione, caccia agli ‘edifici incongrui’

di Antonella Calcagni

A complicare la vita dei cittadini ancora sfollati è ora lo spauracchio degli edifici “incongrui”. Una nuova lettera scarlatta che sarà stampata a caratteri di fuoco sulla pelle di molti aquilani.

Una volta stabilito che il loro stabile è incongruo rispetto al tessuto del centro storico o appena fuori le mura, il rischio è che non potranno ricostruire com’era, ma dovranno ricorrere alla sostituzione edilizia (solo se in soglia di convenienza economica). Così del resto recita anche il piano di ricostruzione. Duro però sapere queste novità a ben 5 anni dal sisma.

Venerdì scorso la giunta comunale ha approvato una delibera che adotta lo schema di convenzione fra Usra (ufficio speciale ricostruzione) e Cnr per redigere uno studio sugli edifici incongrui, la convenzione è stata siglata d’intesa con l’assessorato alla Ricostruzione del Comune dell’Aquila. Tale studio condotto dal Cnr, dovrà essere fatto in tre mesi salvo proroghe e costerà 25 mila euro (soldi della Ricostruzione). Ciò significa che gli esperti che svolgeranno tale censimento saranno pagati 54 euro l’ora.

«Si tratta di una spesa necessaria – spiega il capo dell’Ufficio Speciale Paolo Aielli – Lo so che sono passati cinque anni, ma purtroppo fino a oggi nessuno si è occupato di questo problema che ora si è presentato in occasione di alcune sedute della commissione pareri. Del resto sarebbe assurdo esaminare caso per caso».

Gli edifici incongrui saranno da scovare sia all’interno della perimetrazione del centro storico, sia nella parti adiacenti le mura cittadine. Sono tre le tipologie di incongrui cui fa rifermento la delibera ispirata dal piano di ricostruzione del capoluogo: «Edifici in cemento armato costruiti nel secondo dopoguerra; strutture miste con disposizioni emanate dopo il sisma del 1915; edifici in muratura del secondo dopoguerra».

«Sarà redatto uno studio preliminare di massima nelle caratteristiche storico architettoniche – si legge nella delibera – e sul paesaggio del centro storico». Sempre nel provvedimento è tuttavia messo in evidenza che si tratta solo di uno studio: «Le decisioni saranno rimandate a Usra, Comune e Soprintendenza».

«La nostra intenzione non è quella di penalizzare i cittadini – ha spiegato l’assessore Pietro Di Stefano – Non intendiamo delocalizzare gli appartamenti, ma solo rendere le sagome più belle architettonicamente. La scelta sarà lasciata ai proprietari».

È chiaro che se nulla sarà fatto dopo lo studio e tutto resterà com’era e dov’era, il Cnr si sarà solo cimentato in un esercizio di stile ben retribuito. Se invece il Comune dovesse decidere di procedere con sostituzioni edilizie per edifici incongrui, si beccherebbe le maledizioni di cittadini (e non solo quelle) che come in un perverso gioco dell’oca, a cinque anni dal sisma, dovranno tornare al punto di partenza. Al momento non si sa quanti sono gli edifici oggetto di questa nuova classificazione, sicuramente più di venti all’interno del centro e meno di 50 in totale.