
di Fulgo Graziosi
Recentemente, un cittadino adriatico ha fatto un brutto sogno ed si è destato alquanto sconcertato, nervoso e confuso. Non sapendo cosa fare, ha lanciato al vento una pericolosa provocazione. L’Aquila, Capoluogo di Regione, è destinata a morire, per cui sono maturate le condizioni per togliere alla città il titolo di Capoluogo, anche perché non produce e non concorre alla formazione attiva del PIL regionale.
Se questa considerazione l’avesse enunciata la maggioranza in seno al Consiglio Regionale, pur con le dovute e necessarie eccezioni, avrebbe potuto incontrare anche la nostra totale comprensione.
Ma, che l’affermazione la faccia un professionista della legalità, avvocato, non è degna neppure della pur minima attenzione, perché priva di ogni considerazione, completamente vuota e inattendibile.
Al posto dell’avvocato, ci saremmo ben guardati dall’enunciare un principio che, bene o male, avrebbe creato delle reazioni, anche scomposte se vogliamo.
Non è possibile che, ancora oggi, si debba continuare a soffiare sul fuoco del campanile e della polemica inutile.
Non si fa altro, in questo modo, di presentare una immagine dell’Abruzzo e degli abruzzesi divisi e litigiosi su tutti i fronti. Non è così. Non ci riconosciamo nelle definizioni dell’avvocato. Non le condividiamo e, perciò, le restituiamo decisamente al mittente con alcune importanti giustificazioni, che al professionista non sarebbero dovute sfuggire, neppure per banale distrazione.
Giova premettere che noi consentiamo a tutti di esprimere liberamente le proprie opinioni, però queste dovrebbero essere suffragate da prove e documenti inconfutabili.
Quindi, senza astio e risentimento, vorremmo dire al legale adriatico che le sue affermazioni sono del tutto errate e non poggiamo sui pilastri portanti dell’economia abruzzese. Potremmo, al limite, dire al legale che potrebbe rispondere parzialmente a verità la scarsa produttività dell’Aquila e del territorio provinciale.
Non è così semplice. L’avvocato avrebbe dovuto effettuare una corretta analisi di base per verificare se il governo regionale sia stato corretto e accorto nel distribuire le sostanze economiche per lo sviluppo regionale. Sarebbe stato sufficiente dare una scorsa ai vari documenti della programmazione socio economica della regione per accorgersi che oltre il novanta per cento delle risorse finanziarie, lo diciamo con approssimazione per difetto, abbiano trovato allocazione lungo la fascia costiera.
Basterebbe questo piccolo esempio per far capire al legale dove possa avere sede la responsabilità della scarsa produttività di un territorio. Vogliamo offrire, comunque, qualche altra indicazione al nostro interlocutore, affinché possa osservare una breve pausa per una corretta e razionale riflessione. La struttura intermodale di San Valentino Scafa, una vera e propria cattedrale nel deserto, è stata un’opera barbaramente scippata all’Aquila e alla Provincia.
Basterebbe guardare le date dei progetti per rilevare la priorità di approvazione dei medesimi. Se, poi, si volesse avere la bontà di analizzarne i contenuti, si dovrebbe arrivare ad una unica conclusione: il secondo rappresenta una perfetta clonazione del primo. Se non dovesse bastare, si potrebbe prendere visione della scheda CIPE, con la quale si concedeva alla Provincia dell’Aquila un finanziamento di 100 miliardi di vecchie lire per la realizzazione del Centro Smistamento Merci della Marsica.
A questo punto potrebbe chiedere ai suoi amici consiglieri regionali come è stato ripartito quel finanziamento ottenuto con caparbietà, serietà professionale, credibilità amministrativa e con tanta sofferenza. Non perda tempo. Glielo diciamo noi e, se ne avrà voglia, potrà controllare con tranquillità: 60 miliardi furono stornati a favore della Provincia di Pescara; 20 miliardi a favore della Provincia di Teramo per il complesso di Roseto; 20 miliardi per la struttura di Avezzano declassata, tra l’altro, a semplice autoporto.
Controlli, se vuole, quanti altri miliardi ha dovuto sborsare la Regione per cercare di portare a compimento l’interporto di San Valentino Scafa. Questi fondi, ci passi cortesemente l’affermazione, sono stati sottratti, per non dire rapinati, all’Aquila e alla Provincia. Gli ulteriori finanziamenti assorbiti dal complesso intermodale adriatico, ai quali si sono aggiunti anche quelli per realizzare altri quattro autoporti sorti come funghi per accontentare le clientele elettorali, non sono stati prelevati dalla produttività adriatica, ma dalla cassa comune nazionale e comunitaria. Da quella regionale non sono stati prelevati neppure gli spiccioli.
Il professionista legale, impegnato quotidianamente nella corretta interpretazione delle leggi e della normativa amministrativa, avrebbe dovuto individuare, senza ombra di dubbio, la centrale operativa di una politica regionale che, con estrema disinvoltura, ha deliberatamente ignorato il territorio delle arre interne, che rappresenta esattamente la metà di quello regionale, esponendo lo stesso a delle inopportune critiche di una scarsa produttività del PIL regionale. Provi, invece, a girare le stesse osservazioni, arricchite delle notizie che abbiamo fornito, ai suoi conterranei consiglieri regionali. Siamo certi che non otterrà alcuna risposta.
Se dovesse ottenere delle notizie poco convincenti e distorte, provi anche a chiedere come mai, su un fazzoletto di terra assai ridotto, esistano tanti insediamenti di cui non si rinviene traccia nelle aree interne, come il porto canale, il porto turistico, l’aeroporto, la grande viabilità, l’interporto, il mercato ortofrutticolo regionale ed altro. Osservi anche che tutte queste attività, strozzate dalla cinta ferroviaria e autostradale, sono asfittiche e non riescono funzionalmente ad entrare in esercizio. Per talune di esse, infine, si va profilando l’ipotesi dell’abbattimento o della svendita. Queste ulteriori spese, di grazia, graveranno soltanto sul PIL adriatico, o sulle spalle di tutti gli abruzzesi? Non si preoccupi di rispondere. Sappiamo bene chi pagherà.
Un ultimo consiglio. Legga attentamente lo Statuto regionale. Si accorgerà che il Capoluogo è uno ed uno solo. Il Consiglio potrà riunirsi a L’Aquila o a Pescara, ma questa alternativa della riunione non costituisce certamente il diritto, meglio ancora la pretesa, dello spostamento del Capoluogo di regione.
Sarebbe meglio, forse, che crescessimo di livello, abbandonando il campanile e le sterili polemiche. Non servono più a nulla.
In questo modo potremmo evitare anche di sparare grosse bordate solamente per far vedere al prossimo che qualche illustre sconosciuto esiste.
Non ci preoccupano tanto le idee del corregionale avvocato. Ci preoccupa, invece, l’inerzia e l’indifferenza delle istituzioni locali, alle quali le pericolose idee passano tranquillamente sulle teste dei nostri amministratori come se non fossero fatti loro o dei cittadini contribuenti e amministrati.