Massa d’Albe: soggiorno in Hotel abusivo offresi

7 marzo 2014 | 18:18
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Massa d’Albe: soggiorno in Hotel abusivo offresi

Massa d’Albe espugnata dalla troup (pa) di Le Iene di Italia Uno. Anche il Comune aquilano è finito nella gogna mediatica delle inchieste dei giornalisti d’assalto di casa Mediaset. Al centro del mirino c’è il primo cittadino, Giorgio Aldo Blasetti, o meglio la sua amministrazione. Pomo della discordia, un altro ‘caso di abuso edilizio, perpetrato ai danni dei cittadini, e venuto alla luce dopo 16 anni di silenzio accordato’, tuonano le Iene.

Nel 1998, il Comune di Massa d’Albe ([url”http://www.comune.massadalbe.aq.it/”]http://www.comune.massadalbe.aq.it/[/url])decise di ristrutturare un borgo medievale di sua proprietà, quindi bene pubblico, e di dar seguito ad un’azione di rivitalizzazione di un ‘centro storico’ a tutti gli effetti. Costo dell’operazione: un miliardo e duecento milioni di vecchie lire, di cui 800 milioni di soldi pubblici e 400 milioni messi sul tavolo da un privato, il quale, non contento, ottenne anche il permesso, sempre dallo stesso Comune, di poter costruire a fianco del borgo, un albergo-ristorante. Questo, secondo la legge, aveva tutte le carte in regola per esistere. Anche la gestione dei locali venne affidata per 18 anni al privato in questione.

Nel 2010 accade però l’irreparabile. Il Genio civile rettifica in parte ciò che venne fatto sedici anni prima. L’edificio di ristoro viene giudicato abusivo, in barba all’autorizzazione di agibilità dispensata anni prima dal Comune. Abusiva è la parte che riguarda il ristorante e i locali adibiti a bagno. Abusivi perché a. non registrati al catasto, b. poiché nessun fabbricato costruito è stato, secondo il genio civile, collaudato, e c. perché i lavori non sono stati eseguiti secondo le norme sismiche in una zona, inutile ribadirlo, ad alto rischio di movimenti tellurici.

Quindi: 0% di collaudo, ma 100% di agibilità. E il sindaco in video cincischia: ‘Io non so se la disciplina prevede la verifica, cioè che ci dovesse essere un collaudo iniziale’. Pelazza, di tutta risposta, gli cita la legge che lo sancisce D.P.R. 380/2001 e incalza il primo cittadino puntando l’attenzione sul fatto che «quelli spesi sono soldi pubblici. Evidentemente spesi in malo modo». Il sindaco controbatte dicendo che si è trattato del recupero di un antico borgo, e che quei 700 milioni di vecchie lire hanno trovato ‘pane per i loro denti’, cioè sono serviti ad un scopo lodevole e che quindi la finalità è stata rispettata. Ma nella storia, resta ancora la mela marcia dell’abusivismo; la colpa chi se la becca? A detta del sindaco, gli uffici comunali: erano loro che dovevano verificare che tutto fosse in ordine e che il costruttore non stesse commettendo infrazioni, lui non ha il dono dell’onniscienza. Galeotto quindi sembra essere un semplice errore, fatto da ‘chi opera, ma che è sicuramente recuperabile’.

Non finisce qui. Il sindaco decide allora di fare una confidenza, a presunte telecamere spente: un ristorante, soprattutto se è un’opera pubblica, ha bisogno di determinati requisiti, e se non ce li ha, non può per legge aprire. Ma se si vuol farlo aprire, quale diventa allora la soluzione? «fare una variante in corso d’opera e farla approvare dal Comune per poi realizzarla». Facile più a farsi che a dirsi. E soprattutto in questo caso non si parla di abuso. In corso d’opera, cioè vale a dire in itinere dei lavori, si autorizza, tout court, un altro progetto. Per giunta passa il messaggio che l’abuso non lo fa l’ente comunale ma il costruttore.

A questo punto, deus ex machina della storia diventa il tecnico del Comune. Quest’altro alfiere della mala amministrazione, cioè, avrebbe ‘giocato strano’, sempre secondo il resoconto del sindaco Blasetti. Rintracciato, viene posto di fronte all’evidenza di un’intercettazione telefonica. Sarebbe stato oppresso, cioè, affinché non portasse alla luce l’irregolarità dell’Hotel Ristorante. ‘In questa storia, mi hanno lasciato da solo’. Ed il silenzio che consegue alla presa di evidenza del fatto, lascia con l’amaro in bocca. L’ingegnere tace. Si forma così una sorta di catena di Sant’Antonio di colpe che però non sembra prevedere un colpevole effettivo.

Ultima tappa del tour della mala amministrazione è la visita al Genio Civile, che, comunque, nel 2010 si era accorto che qualcosa al Borgo medievale proprio non andava. Sempre tenendo a mente che c’è la sicurezza delle persone in gioco, il giornalista parte alla ricerca dell’Architetto Gilberto di Giorgio e l’Ingegner Colantoni, i quali però, coincidenza, sono andati all’Aquila. A chiarire il tutto ci pensa un titubante geometra che afferma che i controlli sul campo non si faranno. L’edificio verrà abbattuto se, nero su bianco, verrà dichiarata la sua irregolarità. ‘Noi potremmo anche andare, ma su richiesta dell’amministrazione comunale’. E in un ufficio dove ‘i biologi comandano gli ingegneri, e si producono collaudi falsi’, come non dar retta al sindaco quando dice che ‘l’ultimo a sapere delle corna è sempre il cornuto’, ossia, in questo caso, l’ignara e sempre troppo tenuta all’oscuro di tutto, cittadinanza.